"Mia figlia è ipovedente ma vuole fare la scienziata"
Gaia, undici anni, ha appena iniziato la prima media e per tutta la mattina non va mai in bagno: «Non voglio che mi vedano!», dice a sua madre. Gaia non percepisce bene le diverse altezze, la profondità e non si accorge della presenza di un gradino. In una nuova scuola deve imparare a muoversi, memorizzare gli spazi, capire dove sono le cose, che per lei, molto spesso, rappresentano degli ostacoli. Gaia è albina e questa condizione le procura vari problemi di vista: il nistagmo, cioè un sobbalzamento della pupilla, una forte miopia e un leggero strabismo.
«Già in ospedale, quando è nata - racconta la mamma Diunkal Danesi, 46enne, che vive vicino Ravenna - i dottori avevano avuto un sospetto. Poi a confermarlo è stata la sua pediatra, quando aveva sei mesi». Così sono cominciate le visite tra Firenze e Milano e le indagini genetiche: «Ci hanno detto che è una malattia genetica rara che si presenta una volta su sei milioni. Sembra che una coppia dei cromosomi del suo Dna sia identica. Capita solo se i genitori sono consanguinei, ma per sapere dove si trova la parentela, si può andare indietro anche per sette generazioni».
Pelle chiara, bionda, occhi verdi, Gaia ha sempre bisogno della protezione solare, del cappello e degli occhiali da vista graduati: «Mi ero accorta che c’era qualcosa che non andava nei suoi occhi sin da piccolissima, perché controluce, sebbene non riesca a tenerli aperti, sono rossi». I problemi maggiori per Gaia e la sua famiglia cominciano con la scuola: «Se la media dell’astigmatismo è due, Gaia ha cinque ed è soprattutto di tipo orizzontale. Ciò le comporta, per esempio, che la lineetta corta della lettera L appaia più lunga con il risultato che le lettere sembrano sovrapporsi tra loro. Inoltre, nonostante gli occhiali vede solo due decimi, quindi si stanca subito e si innervosisce. A scuola va abbastanza bene, gli insegnanti e gli educatori hanno sviluppato insieme a lei strategie per far sì che non rimanga indietro, ma per lei è comunque una gran fatica».
Sin dalla seconda elementare, Gaia usa il Pc portatile, da quando ha deciso di non usare altri supporti che la facciano sentire diversa: «In prima aveva libri a caratteri grandi e il banco inclinato per evitare che si piegasse troppo in avanti, fino a toccare il foglio col naso, per riuscire a leggere. Finché non ha più voluto nessuno dei due. Queste differenze la facevano sentire a disagio». Ora Gaia è seguita a Bologna, dove viene controllata costantemente e ogni tanto dice alla mamma: «Non ti preoccupare, me la cavo da sola». D’altronde, l’autonomia è l’obiettivo per il futuro: «All’inizio mio marito e io - conclude Diunkal - eravamo frastornati. Ora devo dire che abbiamo metabolizzato la cosa e non la vediamo così male. Sappiamo già che non prenderà mai la patente e abbiamo cominciato a parlargliene, così che entri nell’ordine delle idee». Gaia, da grande, vuole fare la scienziata: «Intanto va a scuola, nel pomeriggio sta con le amiche, gioca con le Barbie, guarda le serie tv e, quando può, scia e nuota, due attività che non la fanno sentire affatto diversa».