Massa Lombarda, la Cattedrale del Costume degli Archivi Mazzini

Romagna | 16 Aprile 2023 Cultura
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Asia Bolognesi
Come ogni anno, il Fondo per l’Ambiente Italiano organizza le Giornate di Primavera per far conoscere alla comunità i tesori noti, e soprattutto meno noti, del territorio. Lo scorso 26 e 26 marzo, in provincia di Ravenna, l’appuntamento probabilmente più atteso tra quelli organizzati dal Fai è stato la visita agli storici «Archivi di ricerca Mazzini», devo il pubblico è stato guidato in un viaggio nella storia della moda degli ultimi cento anni.
La «Cattedrale del Costume» nella periferia di Massa Lombarda nasce dalla passione di Attilio Mazzini alla fine degli anni ‘70, quando inizia una meticolosa ricerca di colori, forme e design originali che lo portano a conservare capi dall’interessante contenuto stilistico ed emozionale, con l’aiuto della moglie Dolores e della collaboratrice Carla Marangoni, curatrice della parte culturale e artistica degli Archivi. La passione comune per gli abiti e un modo di vestire stravagante li porta ad ampliare la ricerca e a trovare un luogo adatto alla conservazione dei capi; un patrimonio che si norma viene visitato dagli operatori degli «Uffici Stile» delle maison più famose del mondo. Un luogo, insomma, in cui recarsi per toccare con mano la storia della moda internazionale dai primi del Novecento alla contemporaneità.
Oggi, gli Archivi di ricerca Mazzini costituiscono una realtà di eccellenza, unica in Italia, uno spazio accuratamente strutturato per condividere arte, bellezza e storia della moda e del costume, che si espande per seimila metri quadri e conta all’incirca 500mila pezzi, provenienti da donazioni, acquisti da guardaroba e collezioni private o fondi di magazzino.
Durante le giornate del Fai, i collaboratori degli Archivi e gli apprendisti ciceroni dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e Ravenna hanno raccontato l’intreccio tra opere d’arte e grandi firme dell’haute couture attraverso visite guidate. I visitatori si sono imbattuti dapprima in una piccola mostra di opere e abiti di eccellenza, per poi addentrarsi fra straordinarie, interminabili teorie di indumenti e accessori collocati in base alla tipologia, all’epoca, allo stilista ideatore, al colore, al materiale attraversando il Novecento, fino alla contemporaneità: un viaggio fatto di vissuto, attualità, arte e design.
Dal realistico Vaso di fiori di Bertozzi e Casoni al Tavolo da lavoro di Nicola Samorì si passa alla contrapposizione tra abiti ispirati agli anni ’60, caratterizzati da coletti con risvoltino, dalla forma svasata verso il fondo e grafiche innovative. Da una parte un pezzo unico ideato dalle Sorelle Fontana nel 1987 come proposta di divisa per hostess della compagnia aerea Air Afrique, dall’altra un abito di Marni del 2008 in organza. Un chiaro esempio dei continui ricorsi della moda, un susseguirsi di cicli, remake, contaminazioni e ricerche nel passato. Dalla geometricità degli abiti di Issey Miyake alle contaminazioni anni ’50 di Jean Paul Gautier, dalla sezione giapponese capeggiata dalla silhouette di Yamamoto al gioco di decostruzione degli abiti di Margiela.
Si susseguono, poi, isole monografiche di grandi nomi della moda. Prada, caratterizzata da contrasti e accostamenti eccentrici; grandi paillettes, colori accesi su tessuti delicati, pellicce sui colletti e grossi bottoni appariscenti. Una sezione dedicata allo stilista tunisino Azzedine Alaia e ai suoi abiti definiti eleganti e seducenti, grazie all’attenzione maniacale al corpo e alle forme femminili. Una parte dedicata alla rivoluzionaria stilista ed attivista inglese Vivienne Westwood, che sconvolge i dettami della cultura inglese e plasma la moda punk.
Un percorso lungo la storia degli abiti femminili dai primi anni del ventesimo secolo parte da un abito sartoriale inglese anni ’20 dalle influenze orientali che infrange i dettami e le costrizioni ottocentesche. Una tunica dritta con maniche svasate e un tessuto che riporta allo stile di Mariano Fortuny, stilista che rivoluzionò il modo di vestire dell’epoca. Si arriva agli anni ’40 con il famoso costumista americano Adrian. Le misure si accorciano fino ad arrivare al capo delle Sorelle Fontana del 1960, fortemente influenzato dalla rivoluzionaria minigonna di Mary Quant in Inghilterra. Si passa agli anni ’70 con un abito disegnato da Ossey Clark, la cui trasgressione non è presente tanto nella struttura, quanto nell’iconica stampa ideata dalla moglie Celia Birtwell, che dà un carattere naif all’abito e richiama il Flower Power. Gli anni ’80 vengono presentati con una contrapposizione incisiva nel panorama della Milano da Bere di quegli anni, ovvero l’elegante Giorgio Armani da una parte e l’irriverente Gianni Versace dall’altra. Contraddistinta da classe e portamento, la donna Armani presenta un tailleur a pantalone e una giacca morbida lunga il corpo con spallina imbottita e arrotondata. Il tutto caratterizzato dal Greige, un «colore non colore», un mix tra il beige e il grigio, introdotto nel mondo della moda proprio dallo stesso Armani. Il look termina con un foulard sul capo, tipico delle donne Armani, le quali non mostrano mai voluminosità o appariscenza. In netta contrapposizione per forma e colori l’abito ideato da Versace. Giacca viola sferzante in lurex, gonna corta che segue le linee del corpo, disegni geometrici e borsetta dorata in Oroton, materiale distintivo della casa di moda Versace. Come si dice «Armani veste la moglie, Versace l’amante». Il viaggio temporale si conclude con Prada tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, con un gioco di contrasti nei materiali utilizzati, seta e lana, leggerezza e pesantezza nello stesso capo.
Balza all’occhio il fato che i grandi Archivi di ricerca Mazzini non abbiano una catalogazione digitale; solo chi lavora all’interno dell’archivio sa come addentrarsi in questo labirinto di migliaia di pezzi attraverso uno schema mentale. Dopo una prima divisione speculare tra il reparto donna e quello uomo, si è creato una disposizione verticale: al piano terra si trovano tutti i capi spalla, al primo jeans, gonne e maglieria, mentre all’ultimo gli accessori, come borse e scarpe.
«La disposizione degli abiti segue un senso logico, legato al concetto e allo stile del capo, studiata ad hoc per coinvolgere il cliente e spingerlo all’attenzione, all’osservazione e, quindi, al noleggio dell’abito» spiega una delle collaboratrici. Difatti, i capi degli Achivi di ricerca Mazzini non sono in vendita, la maggior parte di questi possono essere noleggiati da maison e designer per esaminarli e ispirarli per tre mesi al massimo, mentre alcuni non possono proprio lasciare lo spazio e vengono contemplati e studiati solamente in loco.
«L’archivio Mazzini nasce per il piacere della conservazione dei capi che in passato venivano anche venduti - afferma il creatore Attilio Mazzini -. Conservo il Made in Italy principalmente per il grandioso e puntuale lavoro degli artigiani. Ciò che più mi affascina è come i designer osservano e toccano milioni di capi per sceglierne solamente pochissimi, che danno loro emozioni, che diventeranno una cosa completamente diversa, continuamente stimolati dagli input presenti negli Archivi, questo li porta a pensare qualcosa di diverso” afferma il creatore Attilio Mazzini.
«Il nostro è un lavoro davvero bello e stimolante - conclude la curatrice Carla Marangoni -, compro e non vendo nulla. Lo tengo con la consapevolezza che sarà d’ispirazione alle generazioni future e serve alle altre persone. Sono cose che tu hai scelto, che ti appartengono, che però sono utili agli altri, per plagiare quello che verrà».
 
 
 
 
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