Mary Veloce, infermiera ravennate: "Lascio la musica e torno in Oncologia"
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Silvia Manzani
C’è un senso civico di responsabilità, dentro Mary Veloce. Ma c’è, da qualche tempo a questa parte, anche la paura che l’emergenza Coronavirus possa durare tanto da compromettere la stabilità economica della sua famiglia: «Ho due figli di tredici e diciannove anni, a loro devo dare un futuro, non si può pensare di rimanere senza stipendio». Cinquantadue anni, ravennate, la donna ha lasciato qualche anno fa il suo lavoro di infermiera per tornare a dedicarsi alla sua grande passione, il pianoforte: «Per problemi familiari, da ragazza avevo mollato all’ottavo anno di Conservatorio. Quando mi sono licenziata dall’ospedale ho dato oltre trentasei esami, prendendo due lauree in pochi mesi e concludendo con 110 e lode. Così mi sono potuta costruire il mio piccolo regno fatto di concerti, molto spesso per beneficenza, e dell’insegnamento. Un sogno avverato che però, vista la situazione attuale, ho dovuto interrompere: gli alunni a lezione non vengono più, le collaborazioni con le scuole sono sospese, l’attività concertistica nemmeno a parlarne. Mio marito ha un ristorante, dunque non sta lavorando. Ho davvero visto il buio davanti a noi». E così Veloce ha chiesto di ricostituire il rapporto di lavoro con l’Asl e di tornare in Oncologia del «Santa Maria delle Croci», dove era stata per dodici anni: «Sentivo ancora un legame con questo reparto, oltre a un’empatia forte con il tipo di pazienti che accoglie. Tante volte ho suonato per i pazienti oncologici e i loro familiari, per la ricerca e negli hospice. Quello è il mio mondo». Nell’attesa di essere richiamata in servizio, Veloce ha avuto solo un momento di sconforto: «Alla visita medico-occupazionale mi è stata data un’idoneità medio-bassa perché soffro di ernie al disco. Ho temuto per un po’ che non potessi più lavorare in ospedale: ormai ero nell’ordine di idee di rientrare e sono stata un po’ col fiato sospeso. Poi ho fatto presente che, gli stessi problemi, li avevo anche prima di lasciare la sanità. Sono un’ex maratoneta, ho un fratello gravemente disabile: la mia schiena, negli anni, è stata sempre messa a dura prova». E così, dal 20 aprile, la donna è di nuovo in servizio: «Sono tornata in una situazione particolare, l’Oncologia è chiusa e portiamo avanti solo le attività di day hospital, dunque un lavoro in una modalità del tutto diversa da quella che conosco, dove il paziente di degenza è seguito nei dettagli. Si cerca di fare come si può ma per quanto riguarda il virus, non sono in ansia: ho tutti i presidi di protezione individuale del caso, metto in atto le attenzioni che servono. Cose che fanno parte della professione al pari dello spirito di adattamento». Per quanto quella di Veloce sia stata una scelta in parte obbligata, la parte del cuore non manca: «Quando ho deciso di dedicarmi alla musica, sono stata catapultata in un mondo con una carica di energie e passione che non mi hanno dato modo di pensare a che cosa avevo lasciato. Ero appagata, oltre che molto impegnata tra lavoro, studio e figli. Ora sono di nuovo qui, ancora desiderosa di aiutare gli altri. Avere fatto solo la pianista per qualche anno, trasformando quello che mi piace in un mestiere, non significa che io non abbia a cuore anche il lavoro di infermiera. In un mondo ideale, del resto, bisognerebbe riuscire a lavorare quel tanto che basta da riuscire a coltivare anche le proprie passioni. Non so se resterò qui per sempre, nessuno lo sa. In ogni caso, spero di poter portare il pianoforte anche in Oncologia. Mi considero una donatrice di musica».