Maria Pia Timo, Claudio Casadio e Ivano Marescotti alle prese con la chiusura dei teatri e le difficoltà del cinema

Romagna | 22 Novembre 2020 Cultura
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Federico Savini
Il principale compito che gli attori più acclamati del nostro territorio sentono su di sé in questi giorni è quello di fare da cassa di risonanza per le problematiche di un settore - quello culturale in genere e nello specifico legato al mondo del teatro - che soffrirà più di altri anche nel «dopo» emergenza sanitaria, proprio perché a fare le spese maggiori della pandemia, in termini economici, non sono tanto gli attori con carriere solide e avviate, ma soprattutto chi si muove dietro le quinte e alle loro spalle, quindi tecnici e maestranze, ma anche giovani attori e compagnie che, senza fare grandi numeri, animano il pulviscolare mondo del teatro e rendono la nostra vita più meritevole di essere vissuta rispetto a quel che sarebbe senza di loro.
Abbiamo quindi contattato tre volti arcinoti del nostro territorio - Maria Pia Timo, Claudio Casadio e Ivano Marescotti - che muovendosi tra palcoscenico, teatro ragazzi, cinema e televisione possono cominciare a fare un quadro dello stato di un settore messo nuovamente a dura prova nel giro di pochi mesi dal primo lockdown.

Cosa significa per voi, in termini concreti, questa nuova chiusura dei teatri? Quanti spettacoli vengono annullati e quanti potranno essere recuperati?
Maria Pia Timo: «Posso dire di aver perso praticamente un anno di spettacoli, al netto di quelli estivi, che grazie a direttori artistici coraggiosi come Ruggero Sintoni si sono potuti fare. Posso dire che gli ultimi due spettacoli che ho fatto sono stati dei sold out, cosa che pur con il distanziamento e tutto il resto fa ben sperare, ma onestamente le incognite sulla ripresa sono tantissime».
Claudio Casadio: «La tournée dello spettacolo La Classe si è interrotta, poco dopo che eravamo partiti dall’Alighieri di Ravenna. Parliamo di 50 date che abbiamo dapprima spostato a gennaio 2021 e ora già a marzo dell’anno prossimo. Riprogrammiamo di continuo e anche come organizzatore, con Accademia Perduta, abbiamo praticamente potuto solo avviare il progetto delle APeRTure che si è subito bloccato. Ero abituato a fare cento spettacoli all’anno…».
Ivano Marescotti: «Nell’immediato una decina scarsa di date sono slittate a data da destinarsi, visto che non c’è una vera previsione su quando si potrà tornare in scena. In generale non esiste un numero preciso di spettacoli saltati perché le proposte in corso per i prossimi mesi si sono bloccate».

Provare e costruire nuovi spettacoli è altrettanto impossibile in questa fase? A cosa vi state dedicando in questo periodo?
Maria Pia Timo: «Per me è possibilissimo sia scrivere che provare, visto una grande parte della mia attività teatrale è solistica, faccio monologhi. Ho sempre pensato che fosse una forza e un vantaggio ma in questa, in effetti, è una specie di privilegio. Sto preparando uno spettacolo nuovo, pensando già alla prossima estate, ma poi appunto uno spettacolo va anche portato in scena; vedremo se e quando si potrà».
Claudio Casadio: «Come Accademia Perduta abbiamo attori in prova, si riescono a progettare spettacoli mantenendo le distanze. Facciamo anche letture e pure spettacoli in diretta, via web, a Comuni che ce li commissionano. Dobbiamo essere versatili anche perché la creatività deve mantenersi viva, la depressione per un attore è pericolosissima».
Ivano Marescotti: «Per quanto mi riguarda, non si riesce a fare niente. E’ tutto bloccato anche alla Tam, la mia scuola di recitazione che doveva inaugurare la nuova sede a Marina di Ravenna e per la quale non siamo riusciti a fare nemmeno io provini dei monologhi. Lavorare a distanza e con le mascherine sul teatro è impossibile: i personaggi si mettono in scena, si baciano, litigano, se non si possono non toccare hanno troppe limitazioni. Uno dovrebbe scrivere una pièce concepita apposta per questo periodo, con le mascherine, ma sarebbe comunque un problema provarla…».

Rispetto alla primavera scorsa, quando il mondo della cultura venne davvero poco ascoltato, l’impressione è che ci sia molto più sostegno da parte dei cittadini e si parla pure di ristori più corposi. E’ sufficiente o si dovrebbe intervenire in modo diverso? C’è qualcosa che non si coglie dell’entità e della durata del danno nel mondo dello spettacolo?
Maria Pia Timo: «E’ chiaro che la salute pubblica deve star davanti ad ogni cosa, ma è altrettanto vero che questo virus ha evidenziato delle enormi differenze tra le persone a seconda del loro inquadramento lavorativo e contrattuale. Noi attori che facciamo spettacolo con continuità siamo tutto sommato anche meno esposti alla crisi rispetto ai tecnici e alle maestranze del settore, che davvero stanno faticando tanto a far quadrare i conti. Sostegni ne sono arrivati ma in generale non si è visto molto e anche qui dipende molto dal tipo di inquadramento di ogni lavoratore».
Claudio Casadio: «Il pubblico è stato caloroso da subito, lo vediamo anche dai voucher di Accademia Perduta che le persone vogliono tornare a teatro. A livello istituzionale invece a me l’attenzione continua a sembrare poca, il teatro in tv dopo mezzanotte è un palliativo e soprattutto sono moltissimi i lavoratori, soprattutto maestranze, a cui arriva poco e pochissimo. C’è chi si guarda attorno e so che ad esempio un mio tecnico ha improvvisato una nuova attività in casa. Parliamo di un settore, quello teatrale, in cui già di base la gente non si arricchisce».
Ivano Marescotti: «A livello personale ho avuto dei ristori, piccole cifre ma apprezzabili. Diciamo che in questo momento l’unità d’intenti è doverosa per affrontare l’emergenza, anche se vedo che i politici han ripreso a litigare fin troppo. I conti saranno da fare, ma lo faremo dopo, anche perché di problemi questa pandemia ne ha fatti emergere, uno su tutti la drastica riduzione dei posti letto della sanità pubblica, che vengono tagliati da trent’anni».

Nel cinema e in televisione si può continuare a lavorare?
Maria Pia Timo: «Il primo lockdown mi ha fatto saltare Colorado e in lavorazione in questi mesi c’è, o forse dovrei dire c’è stata, anche una serie tv a cui partecipo. In questo momento, dopo il blocco totale della primavera, il lavoro è quanto meno fortemente rallentato. Per andare sul set ci si sottopone a numerosi tamponi e questo vale sia per gli artisti che per la troupe. E’ facile capire come questo faccia levitare sia i costi che i tempi, quindi le incognite su ogni progetto crescono pure loro in maniera esponenziale».
Claudio Casadio: «Il cinema l’ho frequentato anni fa, poi ho lasciato perché al teatro serve dedizione assoluta. Parliamo di un business che abbisogna di grandi numeri, quindi anche il cinema mi sembra incompatibile con le sale chiuse o comunque semi-vuote»
Ivano Marescotti: «Ho partecipato a una fiction per Rai1 che, tamponandoci di continuo come i calciatori, da fine agosto a settembre siamo riusciti a completare, proprio un attimo prima che diventasse complicato anche viaggiare. Personalmente, ho rinunciato ad alcune proposte che avevo per dicembre e gennaio. Mi risulta che alcune produzione cinematografiche proseguano, ma con molte difficoltà e soprattutto con costi che solo i progetti più robusti possono permettersi. Mi riferisco ad assicurazioni assai costose, che sono necessarie anche perché ovviamente gli attori lavorano senza mascherine».

Tenendo conto che ci sono differenze rispetto al primo lockdown, che per esempio impediva l’accesso ai teatri anche alle maestranze, quali prospettive avete nel medio periodo? Come immaginate il vostro 2021?
Maria Pia Timo: «In pratica io sto lavorando per l’anno prossimo e realisticamente per l’estate, ma più di tutto quello che mi dà da pensare sarà la voglia del pubblico di tornare a teatro, alla socialità condivisa che il settore ha costruito negli anni, facendola diventare una bella abitudine, e che invece oggi è pesantemente messa in discussione dall’emergenza sanitaria. In estate ho visto tante persone davvero felici di tornare sotto un palco, senza contare la solidarietà giuntami via social alla seconda serrata dei teatri, però i dubbi ci sono. La durata di questa situazione che impone il distanziamento influirà sulle abitudini, sulle mode e persino sul ricordo che la gente ha di un artista. Una previsione circostanziata non si può fare».
Claudio Casadio: «Molti operatori, in particolare tecnici e giovani attori, sono davvero per strada e quindi perdiamo professionalità che si costruiscono in anni e che forse non riavremo quando si ripartirà. Ora quasi tutti guardano all’estate prossima, ma il danno economico sarà ingente, come lo è in tanti altri settori. Una volta ripartiti, poi, faremo i conti con una scenario nuovo. C’è una parte di pubblico che forse non ritornerà in sala, anche se i teatri hanno dimostrato di essere sicuri, e penso che la drammaturgia e le poetiche saranno influenzate dal clima. Pen capirci, penso si punterà molto su comicità e leggerezza, infliggere al pubblico ulteriore ansia non mi sembra opportuno».
Ivano Marescotti: «Solo con il vaccino cominceremo a uscire da questa situazione ma serviranno mesi per liberarsene davvero. Insomma, penso che forse si potrà ripartire con la bella stagione, prima sarà tutto impossibile da programmare».
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