Maltempo, il dolore della lottatrice Enrica Rinaldi: «Alla palestra Lucchesi sono diventata grande: è stato straziante vederla sommersa dal fango»
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«Se avessi potuto, sarei salita sul primo treno per Faenza con una pala e un secchio per dare una mano, ma non è stato possibile. Le immagini che ho visto mi hanno fatto davvero male». Enrica Rinaldi risponde al telefono da Roma, dove sta cominciando a preparare i prossimi Mondiali di lotta in programma dopo l’estate a Belgrado. Lei, come tanti altri lottatori faentini, è «figlia» della palestra Lucchesi, un punto di riferimento storico in città che ha visto crescere, in tanti anni di attività numerosi ragazzi a cominciare dall’ex campione Daigoro Timoncini, senza dimenticare le migliaia di clienti o di semplici appassionati che sono entrati almeno una volta in quei locali devastanti da acqua e fango la scorsa settimana. Enrica ha vissuto i giorni dell’alluvione dalla capitale, ma è rimasta in contatto costante con i genitori, che vivono a Borgo Rivola e che per fortuna non hanno avuto alcun problema: «Ho saputo tutto da loro, mi informavano quotidianamente, quasi a tutte le ore, mandando foto e video, ma per fortuna a casa nostra siamo stati molto fortunati e l’acqua non è mai entrata. Al telegiornale ho visto immagini terribili e ho subito pensato alla mia città e naturalmente alla palestra Lucchesi. Ricordo che anche in passato c’era stato qualche problema quando cominciava a piovere forte, talvolta si allagava il parcheggio e a volte anche una parte dell’ingresso. Ma vedere quell’acqua e quel fango sugli attrezzi e praticamente dentro a tutti gli ambienti è stato davvero terribile. Quando ho visto le prime foto, non mi sembrava vero. E’ stato straziante e devastante». Alla palestra Lucchesi la giovane promessa della lotta faentina è cresciuta per tanti anni, prima di salutare la sua Romagna e di trasferirsi a Roma in un percorso di formazione molto significativo: «Sì - conferma Enrica - in quella palestra sono cresciuta e sono diventata grande, ho trascorso tanti anni della mia vita, ho fatto tanti sacrifici insieme ad altri atleti, allenatori, dirigenti. Ci sono stata ininterrottamente dal 2011 al 2020, per quasi 10 anni. Praticamente ci ho trascorso la metà della mia vita da atleta e quando posso ci torno. Diciamo che è stata la mia seconda casa per tanto tempo». Proprio per questo motivo la Rinaldi avrebbe voluto dare una mano assieme agli altri, ma non è stato possibile lasciare Roma: «Mi ritengo fortunata perché sono nella capitale, ma ripeto: avrei voluto prendere il primo treno per salire a Faenza e dare una mano. Vedo le foto dei miei compagni di squadra del Club Atletico e vedo che è partita una bellissima gara di solidarietà, molto sentita. Ho scritto a tutti. Il primo pensiero va alle persone. Perché le cose si possono sempre sistemare, ma l’animo e lo spirito è più difficile».