Mafia in Romagna, processo Radici: le parti civili chiedono i danni. Sentenza il prossimo gennaio
Con le arringhe difensive entra nelle battute finali la costola ravennate del processo «Radici», nato da un’indagine della Finanza, a seguito di una segnalazione del sindaco di Cesenatico Matteo Gozzoli, che due anni fa aveva fatto emergere infiltrazioni di organizzazioni criminali di stampo mafioso nel tessuto dell’Emilia Romagna. La sentenza è attesa per fine gennaio 2025. Il gup di Bologna, Roberta Malavasi, nell’ottobre 2023 aveva rinviato a giudizio 35 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere, bancarotta, autoriciclaggio, intestazione fittizia ed estorsione, in alcuni casi con l'aggravante di aver agito con metodi mafiosi. La scorsa settimana, il pm della Dda bolognese Marco Forte ha chiesto condanne a pene per 125 anni: 15 anni e 11 mesi per il principale imputato, Saverio Serra, considerato personaggio legato al clan 'ndranghetistico Mancuso di Limbadi e attualmente in carcere, 13 anni per Francesco Patamia, 11 anni e 10 mesi per il padre Rocco e 9 anni e 11 mesi per Alessandro di Maina, di Cesenatico. Chieste condanne anche per altri 22 imputati. Il 10 dicembre i Comuni di Cervia, Cesenatico, Imola e Bagnacavallo, costituitisi parte civile hanno chiesto, tramite i loro legali, risarcimenti danni per oltre 550 mila euro. Il sodalizio criminale acquistava rami d’azienda in difficoltà per poi farle fallire dopo averne acquistato la licenza commerciale.