«Lupi nella Bassa, convivenza possibile» secondo Massimiliano Costa

Romagna | 21 Ottobre 2022 Cronaca
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Federico Savini
«Il futuro dipende sempre da tante variabili e prevedere se e quanto i lupi colonizzeranno le pianure della Bassa Romagna non è semplice. Quello che va capito è che dipende soprattutto da noi, dai nostri comportamenti. Il lupo va messo in condizione di nutristi solo di ciò che gli offre la natura. Non dobbiamo rendergli la vita troppo facile. E lo facciamo anche per il bene dell’animale, non solo protetto ma anche dichiarato di importanza prioritaria nell’Unione Europea». Massimiliano Costa, direttore del parco del Delta del Po’ e a lungo direttore di quello della Vena del Gesso, è uno dei massimi esperti di lupi nel nostro territorio; dunque la sua opinione ha un certo peso in merito a una delle notizie più inattese degli ultimi mesi in Bassa Romagna: la comparsa dei lupi nella nostra pianura.
La questione è stata sollevata da alcune notizie al confine con la cronaca nera, nella fattispecie l’uccisione di animali da compagnia e da allevamento (questi ultimi prontamente segnalati da Coldiretti) nei territori rurali di Conselice, Voltana, Passogatto, Sant’Agata e parte delle campagne lughesi e massesi.
«È del tutto normale e legittimo che la comparsa del lupo, tanto più se caccia negli allevamenti, desti preoccupazione - commenta Massimiliano Costa -, ma bisogna subito far capire che la convivenza con questi animali non solo è possibile, ma è stata anche già praticata con successo in zone non dissimili né lontane dalla Bassa Romagna».
Quindi il caso della nostra campagna non è così anomalo?
«Nelle pianure emiliane di Parma e Modena si osserva una certa colonizzazione da almeno 3-4 anni, di fatto il lupo qui condivide il territorio con famiglie e allevatori. Nel faentino invece la convivenza c’è da almeno 15 anni. Parliamo di collina, naturalmente, ma anche lì si trattò di una novità, tanto sia che sull’appennino che nelle pianure emiliane la situazione si è stabilizzata, è stato trovato il giusto equilibrio».
Come ci si deve comportare?
«Cittadini che hanno animali domestici e allevatori devono anzitutto avere cura della protezione, specie notturna, dei propri animali, e fare lo stesso con la gestione dei rifiuti, che se dispersi possono attirare lupi affamati. Se i lupi non trovano facilmente da mangiare di sicuro non crescono di numero e magari cambiano zona. Parliamo di un animale che sta al vertice della catena alimentare, ha bisogno di prede, a differenza degli erbivori come la nutria, che infatti ormai è ovunque. I lupi infatti, sempre più spesso e in modo persino esclusivo a seconda delle zone, si nutrono proprio di nutrie. O addirittura di autentici rifiuti, come nel caso delle grandi stalle del parmense, dove i lupi si cibano di placente e vitelli morti. Bisogna tener presente che ogni animale, specie se cuccioli, lasciato incustodito è una preda potenziale. Dunque l’equilibrio con i lupi dipende in primis da noi».
Nessuno ovviamente ha in mente piani drastici, tanto più visto che il lupo è protetto, ma è chiaro che specialmente gli allevatori guardano a questo fenomeno con preoccupazione. In quali tempi si potrebbe raggiungere un equilibrio soddisfacente?
«Il lupo non può essere oggetto di un piano di controllo, non solo perché è protetto ma soprattutto perché, non essendo erbivoro, c’è poco da fare. Nei territori di recente colonizzazione dei lupi nel giro di un anno la popolazione ha imparato a gestire in modo ottimale la situazione. Agli allevatori in genere serve un po’ più tempo ma non certo per mancanza di volontà, tutt’altro! Semplicemente, a loro sono richiesti sforzi e investimenti maggiori, è perfettamente legittimo che siano preoccupati».
Esistono forme di sostegno pubbliche per gestire questi problemi?
«Ce ne sono state in passato e probabilmente ci saranno contributi regionali nel Piano di Sviluppo Rurale del 2023, che è sostenuto dall’Unione Europea. Fondi per l’acquisti di recinti, ovili e quant’altro».
Ma come sono arrivati i lupi nella Bassa? Coldiretti sostiene che dipenda dalla proliferazione di specie delle quali il lupo va a caccia…
«È vero, ma c’è un passaggio ulteriore. Negli ultimi vent’anni la popolazione dei lupi è molto aumentata in montagna, per via dell’aumento delle prede, caprioli in particolare. Questo ha portato a “saturare” gli spazi di caccia in montagna, anche perché il lupo è un animale molto territoriale e i piccoli, ad appena un anno, vengono praticamente allontanati dal branco e devono quindi cercare un loro territorio. Se aumentano di numero perché in montagna si caccia in abbondanza, poi si espandono per forza. Quindi i lupi scendono in pianura semplicemente perché in montagna non c’è più posto. E si fermano dove trovano cibo. Non si muovono direttamente in cerca dei nostri animali e dei nostri rifiuti, ma li trovano qui».
Dobbiamo, insomma, rendergli il territorio meno «invitante» possibile…
«Sì, e lo facciamo sia per noi che per loro. Il lupo è un animale selvaggio, se si abitua a nutrirsi di rifiuti e carcasse diventerà opportunista, snaturandosi e aprendosi a nuovi rischi. Con l’Università di Ferrara abbiamo in corso uno studio che sta dimostrando che nei territori della nostra pianura i lupi si nutrono principalmente di nutrie, non proprio la loro preda classica».


Coldiretti: «Gli allevatori vanno tutelati, ne va dell’equilibrio faunistico e ambientale»

E’ stata Coldiretti l’associazione che più di tutte ha fatto sentire la propria voce per segnalare le uccisioni di animali da allevamento da parte dei lupi nella Bassa Romagna e per tutelare gli allevatori del nostro territorio. A metà settembre sono state colpite una ventina di oche e anatre presso l’azienda La Saracca di Conselice, che peraltro è vicina alla città; nei giorni successivi episodi simili si sono registrati anche a Sant’Agata, Massa Lombarda, Voltana e Bagnara, e non sempre ai danni di allevamenti decentrati.
Secondo Coldiretti la crescente proliferazione della fauna selvatica ha generato uno sconfinamento della fauna da boschi e colline fino alle pianure e all’entroterra, innescando la migrazione del lupo che per istinto e necessità ha ampliato il suo raggio di caccia. L’associazione parla esplicitamente di «mutato equilibrio ambientale-faunistico provinciale».
«Gli agricoltori sono i primi custodi del territorio e troppo spesso sono oggetto di una narrazione avversa - afferma Assuero Zampini, direttore di Coldiretti Ravenna - ed è ora che la scomparsa di greggi e mandrie vada letta per quello che è, ossia la dimostrazione di un equilibrio perduto a causa dei mancati provvedimenti assunti per gestire in maniera adeguata gli animali selvatici. I lupi hanno diritto di essere tutelati, ma ce l’hanno anche agricoltori e allevatori, perché garantiscono la cura e il presidio del territorio. Oltre alla difficoltà ad ottenere i risarcimenti per i danni causati dai lupi e ad ottenerli congrui, c’è da sottolineare come sia difficile prevenire gli assalti della fauna selvatica. Nonostante gli investimenti in prevenzione sostenuti da allevatori e agricoltori, dai recinti alle recinzioni fino ai dissuasori acustici e ai cani da guardiania, i predatori riescono comunque a penetrare e fare strage di animali e raccolti».

 
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