Lugo, Massimo Carlotto presenta al chiostro del Carmine «La signora del martedì»

Romagna | 12 Settembre 2020 Cultura
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Federico Savini
«La solitudine è la negazione dell’individuo. Stare al mondo, oggi, è sempre più difficile e questo problema sta incrementando sempre di più». La solitudine è il principale tema che percorre La signora del martedì, nuovo romanzo che Massimo Carlotto - autore tra i più lucidi, seguiti e riveriti del panorama italiano contemporaneo - presenterà sabato 12 alle 18.30 al chiostro del Carmine di Lugo, all’interno dell’edizione bassoromagnola dello Scrittura Festival di Ravenna.
La signora del martedì racconta dell’incontro - agevolato dagli spazi ingialliti della pensione Lisbona - fra diverse solitudini estreme, in particolare quella tra un ex attore pornografico sulla via di un improbabile e stanchissimo pensionamento da gigolò, che ingaggia una relazione che va oltre il professionale con una donna misteriosa. E dal loro rapporto si scatenerà una girandola di effetti collaterali, capace di mostrare il volto terribile di una società malata di ipocrisia e sete di scoop.
«I miei libri sono sempre fondamentalmente dei gialli – spiega Carlotto -, ma in questo caso più che in passato l’intreccio criminale è un pretesto per parlare d’altro»
Cioè una storia di solitudini fra «diversi» che si incontrano, con una forte componente di denuncia sociale. Da dove nasce l’esigenza di raccontare questa storia e questi personaggi?
«Proprio dai personaggi, particolarissimi, che per anni hanno avuto, o forse dovrei dire “subìto”, un “uso sociale del proprio corpo”. Del mondo della prostituzione e della pornografia mi ha sempre interessato il “dopo”, cioè il come chi lavora in questo mondo affronta la maturità e la vecchia, con tutti i problemi connessi. Questa curiosità, del tutto esistenziale, mi ha portato a scavare nel mondo di gigolò e prostitute».
La signora del martedì è uscito all’inizio di un 2020 decisamente ingrato un su tutti i mercati. La promozione ne ha risentito?
«Per tutto il mese di febbraio ho potuto fare presentazioni e devo dire che, avendo la fortuna di avere uno zoccolo duro di lettori che si fiondano a comprare i miei nuovi libri non appena escono, le vendite di questo romanzo sono soddisfacenti tanto per me quanto per l’editore. Ovviamente con il lockdown ho dovuto rinunciare a una cinquantina di presentazioni già programmate. Negli ultimi mesi ne ho fatte alcune, anche in Germania, ma la situazione è sempre delicata, procediamo con cautela».
Insieme al tema della solitudine, il romanzo affrontare anche il rapporto della società con questi personaggi emarginati. Qual è il peso che la società può esercitare su un singolo individuo?
«La società sa essere davvero spietata e sta alla base del meccanismo che poi pota alla solitudine negli individui. Parliamo di un autentico flagello, da non sottovalutare assolutamente, tanto che in Gran Bretagna è nato addirittura un ministero dedicato alla solitudine. E anche in Italia la situazione è grave. Quello che stiamo perdendo sempre più è l’incapacità di condividere i nostri problemi e questo porta alla solitudine. I personaggi del romanzo sono individui particolarissimi, quasi “dismessi” dalla società; hanno copri che sono stati usati per anni, mentre oggi, ormai vecchi e malati, sono diventati invisibili».
A giudicare dai social network, di «diversità» e solitudine di parla tanto, ma non sembra che questo sortisca effetti concreti…
«I social depotenziano i dibattiti sul nascere. Basta il fatto di non guardarsi in faccia a rendere tutto meno efficace. E’ vero che si parla molto di questi temi delicati, ma in genere ci si limita a scaricare frustrazioni personali, non utili a un dibattito costruttivo. I dibattiti andrebbero sviluppati altrove, spero che dopo il Covid torneremo a confrontarsi in altri modi e contesti. Mi pare evidente che questa pandemia non ci ha affatto reso migliori, I social hanno grandi pregi e grandi difetti, e se questi ultimi prevalgono è perché ci siamo trovati in mano uno degli strumenti potentissimi che non siamo stati educati a usare. La dimostrazione del potere dei social si evince da molte cose: ad esempio il meccanismo dell’indignazione è fortissimo. Basta far circolare una fake news e da questa, che subito diventa irrecuperabile, si alimenta un dibattito infinito e feroce, che presto dimentichiamo essere sorto da una notizia falsa. Anche di queste storture si parla nel romanzo».
Come giudica la cronaca di questi mesi intorno al Coronavirus?
«Penso che nei primi mesi la narrazione sia stata ossessiva, e abbia danneggiato la popolazione sotto il profilo psicologico. Ma non imputerei il grosso della colpa alla stampa, ma a una confusione della comunità scientifica a cui non eravamo preparati, con contraddizioni quotidiane e caos generale. Chiaramente, poi, i sociale e la stampa hanno veicolato narrazioni falsate di ogni indirizzo. E’ particolarmente indicativo rileggere le cronache di qualche mese fa, per constatare come alcuni nodi del dibattito, su cui ci si è accaniti per settimane, siano del tutto scomparsi, vedi in particolare il dibattito iniziale sulle colpe della Cina. Credo che in passato la stampa avesse un’autorevolezza ben diversa, una cosa importantissima. Penso che i lettori, da qui in avanti, si orienteranno sempre più a distinguere le fonti giornalistiche in base alla serietà e alla qualità delle notizie».
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