Lugo, lo schermidore Emanuele Rocco interpreta Marco Simoncelli nel «film evento» di Sky, al cinema il 28 e 29 dicembre

Romagna | 26 Dicembre 2021 Cultura
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Tommaso Palli
Già dieci anni senza Marco Simoncelli. Dieci anni da quella carambola terribilmente sfortunata a Sepang, nel 2011. Per ricordarlo, martedì 28 e mercoledì 29 dicembre, uscirà al cinema «Sic», il docufilm Sky Original che racconta il magico 2008, quando Marco, da outsider, vinse il titolo mondiale della classe 250cc. A vestire i panni del Sic come controfigura nelle ricostruzioni cinematografiche ci ha pensato Emanuele Rocco, attore e schermidore lughese dalla folta chioma. E con il mito proprio di Marco.
Quante volte le hanno detto che assomiglia a Marco Simoncelli?
«Tante, da più di 10 anni. Ma mi hanno detto che somiglio anche a Branduardi, Valderrama e diversi altri. Il paragone con Simoncelli è un complimento, ma di Sic ce ne sarà sempre e solo uno».
Ha vestito i panni di Marco Simoncelli nel docufilm. Com’è avvenuto?
«Ero al lavoro e mi hanno chiamato. Lì per lì ho risposto dicendo di essere impegnato e che avrei valutato la proposta più tardi. Quindi, ci siamo sentiti più tardi e non ci volevo credere: ero super contento per l’occasione e per il legame che mi lega, da tifoso, proprio a Marco Simoncelli».
Com’è stato il provino?
«Il solo fatto di essere stato chiamato mi riempiva di orgoglio. Ho conosciuto Alice Filippi (la regista, nda) e poi Sanzio, uno degli storici meccanici in Gilera di Marco, che appena mi ha visto ha subito detto: “Marco era un pelo più grosso, però questo… l’è uguel! (‘è uguale’, nda)”. A quel punto abbiamo provato la recitazione mimica, quella che avrei dovuto fare nel docufilm».
Come nasce il suo affetto per Simoncelli?
«Sono stato un suo grande tifoso. Ho sempre seguito il motomondiale e quando uscì Marco, io avevo già i capelli come lui e mi stavo dedicando alla scherma, devo dire anche con qualche primo risultato incoraggiante. Il mio grande problema era la pressione e l’approccio alla gara. Vedere Marco, il suo modo di scendere in pista e poi vederlo nelle interviste, con la sua allegria, tranquillità e serenità… beh, è stata una grande fonte di ispirazione in quegli anni. E devo dire che continua, in un certo senso, ad esserlo tuttora. Ero devastato per la sua scomparsa e da quel momento non seguo più le moto come prima, come quando c’era Marco. Purtroppo, non l’ho mai incontrato».
E la famiglia di Marco?
«Nemmeno! Sarebbe fantastico poterlo fare, spero si presenti l’occasione. Vorrei dare loro un abbraccio o dire solamente ‘grazie’. Ho potuto vedere la “Fondazione Marco Simoncelli” e sono rimasto senza parole per il lavoro che hanno fatto e fanno tutt’ora».
Cosa si porta dall’esperienza del set?
«L’aver potuto vedere come lavorano i professionisti del cinema, settore per il quale ho una passione enorme. La speranza è quella, magari in futuro, di poter continuare in un ambiente così. Perché il cinema crea emozioni anche all’interno del set e nel dietro le quinte. E poi, ovviamente, l’aver potuto ricoprire un ruolo così, di una persona che mi ha dato tanto».
Com’è finito dalla scherma al cinema?
«Negli ultimi anni ho investito più tempo nella recitazione, coltivando il fare l’attore».
Non è quindi stato casuale?
«Vengo da sette anni nel teatro, con una compagnia teatrale e un gruppo di improvvisazione comica, ma nel cinema ho ancora poca esperienza. Solamente negli ultimi tre anni ho fatto la comparsa e l’attore in serie tv o video musicali della zona».
Ora è più attore e meno schermidore?
«Diciamo così (ride, nda). La scherma è arrivata all’età di cinque anni e per oltre vent’anni ho concentrato le mie energie nello sport. Da diverso tempo, pur continuando con qualche gara di scherma, provo invece a mettere tutto me stesso in un altro tipo di arte, quella del cinema e del teatro».

«Sic» verrà proiettato, nelle giornate di martedì 28 e mercoledì 29 come «film evento», al Cinemacity di Ravenna, al CineDream di Faenza, al Cineflash di Forlimpopoli e al Cinema Osservanza di Imola.
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