«L’Oreste» di Claudio Casadio a Faenza e Ravenna, il «Godot» di Beckett a Russi e Mercadini legge Ariosto al Rasi
Federico Savini
Rispetto alle scorse settimane si riduce il numero di spettacoli in programma nei teatri della nostra provincia ma il focus sullo sfuggente concetto di «follia» è decisamente esplicito. E di particolare interesse, essendo l’«alterità» dalla norma uno dei dati salienti dell’avventura umana, declinabile in un numero di variabili infinito e capace di sollevare problemi (di etica, di altruismo, di conformismo) che alimenteranno riflessioni, emozioni e dibattiti probabilmente per sempre.
«DOPPIETTA» PER L’ORESTE
Settimana molto intensa per Claudio Casadio, che tornerà dapprima nella sua città (da venerdì 27 a domenica 29 gennaio; tre repliche serali) e poi all’Alighieri di Ravenna (con quattro recite da giovedì 2 a domenica 5 febbraio; la domenica alle 15.30) con lo spettacolo che sta portando in giro in questi anni, ossia L’Oreste, scritto da Francesco Niccolini proprio per l’attore faentino, anche co-produttore con Accademia Perduta. E l’allestimento scenico dello spattacolo – dunque proprio l’aspetto produttivo – merita la prima sottolineatura, essendo in gran parte basato sulla proiezione delle animazioni che l’Imaginarium Creative Studium ha elaborato sulla base delle illustrazioni di Andrea Bruno, spettacolari e intime nello stesso tempo. Azzeccatissime, insomma, come le musiche di Paolo Coletta.
L’Oreste è internato nel manicomio dell’Osservanza a Imola, abbandonato da bambino e passato dall’orfanotrofio al riformatorio senza tanti giri di parole. Vive di fantasie assolute e di continue rielaborazioni solitarie di una vita che, in quanto a traumi, si è fatta mancare ben poco. E quando cambia la legge sui manicomi, vacillano anche le poche certezze su cui questo tenero, poetico ma anche tragico personaggio portato in scena da Claudio Casadio poteva contare. Aprendo davanti a lui la porta verso una libertà che di allettante ha davvero poco. E ci insegna a guardare oltre le facili retoriche, là dove i problemi s manifestano in tutta la loro concreta, quotidiana e inestricabile complessità.
MERCADINI LEGGE ARIOSTO
Da Roberto Mercadini, si sa, possiamo aspettarci di tutto. E così l’eclettico attore, scrittore e quant’altro cesenate questa volta ha pensato a una lettura pubblica dell’Orlando Furioso di Ariosto, il poema cavalleresco che più di ogni altro ha saputo far palpitare le parole per raccontare cosa sia la follia.
La lettura scenica si terrà sabato 28, alle 21 al teatro Rasi di Ravenna. Mercadini è fascinato soprattutto dalla logica che pervade il capolavoro ariosteo, così pieno in realtà di raziocinio e sfavillante lucidità. Mercadini accetta così la sfida di interpretare questo testo labirintico con una narrazione teatrale che si presenta come un omaggio all’estro e alla smisurata fantasia di Ariosto e dell’Orlando Furioso.
RUSSI ASPETTA GODOT
Più che «la follia» è «l’assurdo» il filo conduttore di Aspettando Godot, il più noto tra i testi di Samuel Beckett e fra gli archetipi assoluti di quello che nel Novecento è per l’appunto stato definito «teatro dell’assurdo», nel tentativo di racchiudere in una sigla quanto di più ineffabile, probabilmente, la creatività umana sia stata in grado di produrre.
Ad ogni modo Aspettando Godot arriverà sul palco del teatro Comunale di Russi (venerdì 27) in una allestimento che vanta la regia di Theodoros Terzopoulos e un cast di tutto rispetto, con Leonardo Capuano, Paolo Musio, Stefano Randisi ed Enzo Vetrano
Nell’adattamento di Terzopoulos, la vicenda in cui «non succede nulla per due volte» è ambientata in un mondo in rovina, dove si sono concretizzati tutti i timori di oggi. L’obiettivo del regista è quello di dare importanza al tentativo, spesso vano, di coesistere con gli altri, cercando proprio «l’altro» all’interno di noi stessi. Ciò che si attende, per Theodoros Terzopoulos, è semplicemente l’incontro con l’Umano.