L’inverno in bianco e nero del teatro dialettale

Romagna | 15 Ottobre 2023 Cultura
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Federico Savini
Tutti concordano sul fatto che il teatro dialettale sia uscito magari un po’ malconcio ma decisamente vivo dall’emergenza pandemica, che poteva seriamente pregiudicarne il futuro, ma pure l’alluvione c’ha messo del suo (in particolare a Lugo e Conselice) per fare qualche danno anche in uno dei settori in assoluto più fragili del nostro patrimonio tradizionale: quello del teatro dialettale, da sempre oggetto almeno un po’ controverso (si lamenta l’assenza di una vera tradizione «nobile» nostrana, ma è indubbio l’effetto positivo sul mantenimento della lingua  dei nostri nonni) e che continua ad attraversare una fase turbolenta, con qualche compagnia che si ferma, molte che ripartono magari senza nuovi spettacoli, rassegne che un po’ ripartono e un po’ incespicano, un generale problema di rinnovamento generazionale fra le maestranze ma anche l’impressione abbastanza (non troppo) condivisa che il pubblico ci sia. E sia anche abbastanza numeroso e rinnovato.
Ne abbiamo parlato con Mario Gurioli, eminenza della Filodrammatica Berton il cui cartellone parte questa settimana al teatro Mazzoni, Noemi Marzia Ricci del Tondo di Lugo, Pericle Stoppa della Capit di Ravenna, Alfonso Nadiani degli Amici del Teatro di Cassanigo (e mille altre cose di poco sottovalutabile importanza per il nostro dialetto) e Alessandro Neri di Cvi de Funtanò, instancabile organizzatore anche di una rassegna come «Un teatar par tott» a Brisighella.

I vostri progetti per la stagione?
Mario Gurioli: «La stagione dei Filodrammatici parte questo fine settimana, da venerdì 13 a domenica 15 con le tre repliche del nostro immancabile “Bota So’”, e finirà a metà maggio con i saggi dei laboratori dei ragazzi, dai 14 ai 24 anni, e degli adulti. Come Filodrammatica Berton non ci faremo mancare il Capodanno al teatro Masini, con Galéna Vecia, e nel 2024 celebreremo i 140 anni della compagnia con il classico Tri dé in te foran vecc. Poi allestiremo in dicembre Il Principe dei ladri, fiaba tratta da Robin Hodd in 9 repliche, mentre Nicoletta Mazzoni dirigerà un musical in 8 repliche. È uno spettacolo tecnicamente complesso, possibile grazie al fatto che al nostro teatro Mazzoni abbiamo rinnovato sia l’impianto audio che quello delle luci, messe a led. Naturalmente ospiteremo altre compagnie, come i giovani del Borgo di Faenza, la Compagine di San Lorenzo di Gianni e Paolo Parmiani, gli Amici del Teatro di Cassanigo con Alfonso Nadiani, Cvì de Funtanò e altro ancora».
Noemi Marzia Ricci: «La rassegna dialettale del Tondo è già programmata, ma per il momento non abbiamo disponibilità della sala polivalente, che ospita i bambini della scuola dell’Infanzia Capucci, almeno fino a dicembre, quando è previsto il completamento dei lavori di ristrutturazione dell’asilo. Probabilmente a inizio 2024 ci sarà la 27ª edizione della nostra rassegna, per la quale c’è molta attesa. L’attenzione del Tondo al mondo degli anziani rimane ovviamente prioritaria anche se ci sembrava doveroso dare ospitalità ai bambini del Capucci. I servizi sociali che proponiamo vanno avanti, gli anziani che frequentano il centro possono andare alla bocciofila e sono molto importanti anche le lezioni di ginnastica di mantenimento che proponiamo, pur facendo i conti sugli attuali spazi ridotti. Nei giorni scorsi sono partiti anche i corsi di aggiornamento informatici “Se vuoi restare al passo coi tempi”, che hanno davvero avuto un boom di richieste e iscrizioni. Partecipiamo inoltre agli incontri su salute e invecchiamento proposti da Ausl e Comune e, insomma, ci occupiamo di un’offerta variegata per la terza età, che specie dopo gli anni della pandemia ha mostrato fragilità diffuse che vanno affrontate».
Pericle Stoppa: «Abbiamo alle spalle un periodo difficilissimo: non solo il Covid, ma anche i lunghi lavori al teatro Rasi, che ci hanno reso difficile proporre una rassegna con continuità. Quest’anno finalmente ripartiamo con un cartellone vero e proprio, la domenica alle 15. La 42ª edizione di “Ritroviamoci al Rasi” proporrà 13 spettacoli, il 50% dei quali in dialetto, dal 19 novembre al 24 marzo».
Alfonso Nadiani: «Io non organizzo una stagione, ma con gli Amici del Teatro di Cassanigo gireremo abbastanza, senza contare lo spettacolo che faccio insieme a Vittorio Bonetti. Per il periodo pasquale prepareremo uno spettacolo nuovo con la compagnia. Il quadro delle rassegne è calante, non in modo clamoroso e con alcune eccezioni, ad esempio l’imolese. Per pasqua lavoriamo a uno spettacolo nuovo».
Alessandro Neri: «Un Teatar par tott tornerà al cinema teatro Giardino di Brisighella, dal 9 dicembre con 13 appuntamenti, compreso il finale con le premiazioni dell’annata e la nostra esibizione con Cvi de Funtanò. La rassegna sarà interamente dialettale e organizziamo alcune date anche ai Sozofili di Modigliana, con Alfonso Nadiani e il Piccolo Teatro Città di Ravenna».

Il pubblico c’è?
Mario Gurioli: «Abbiamo ritrovato il pubblico che avevamo prima di del Covid. Non è esattamente lo stesso, qualche vecchio affezionato preferisce ancora rimanere a casa o ha perso l’abitudine a frequentare le rassegne, ma in compenso abbiamo guadagnato un pubblico più giovane che viene e si diverte, l’abbiamo visto bene durante l’“Agosto d’Argento”, ma anche per i Lõn ad mêrz, che hanno riempito il teatro tutte le sere e che riproporremo. Di certo molti giovani vengono anche per via di coetanei che frequentano i nostri laboratori, quindi lo spirito è quello di stare in compagnia ma vedo sempre facce divertite».
Noemi Marzia Ricci: «Vedo molto interesse da parte del pubblico. Avere giocoforza rinunciato alla stagione gli anni scorsi è dispiaciuto a molti. La situazione lughese, poi, spiega da sé l’attesa per il teatro dialettale, considerando che il Rossini è nuovamente chiuso per la ristrutturazione post-alluvionale che ha seguito quasi subito quella precedente. E poi la città è ormai senza cinema. Il dialettale ha sempre avuto un suo pubblico, ma vedo proprio in generale una certa vivacità nel settore e un interesse anche da parte di altri pubblici».
Pericle Stoppa: «Chiaramente i pienoni di trent’anni fa, quando ci capitò anche di dover lasciare fuori gente venuta da lontano, non si fanno più. E lo stesso pubblico da fuori città comincia ad essere una rarità. C’è anche da dire che molto dipende dalla compagnia, non tutte hanno lo stesso seguito e la differenza tra l’una e l’altra può essere molto grossa. In ogni caso, la pandemia credo abbia creato problemi di disaffezione per il teatro abbastanza generali».
Alfonso Nadiani: «Il pubblico c’è, è numeroso e soprattutto si vede il ricambio, che è una gran bella cosa. La ripresa post-Covid è stata timida ma ora il pubblico non preoccupa, in qualche posto abbiamo anche lasciato fuori delle persone. È più grave la situazione delle compagnie».
Alessandro Neri: «Il pubblico c’è e va coccolato. Noi ad esempio a Brisighella proponiamo diversi servizi in sala e teniamo abbastanza viva l’attenzione anche su Facebook, un social che anche tanti ultra-75enni usano con costanza. Il nocciolo duro del pubblico si situa anagraficamente un po’ più in basso, tra i 55 e i 65 anni, e se c’è un limite è forse quello della curiosità. Le compagnie molto consolidate attirano molto di più delle altre. Ed è un peccato quando si cerca di proporre cose diverse e di qualità, come ad esempio commedie di Eduardo, che secondo me dovrebbe essere un faro anche per il nostro mondo. Bisognerebbe riuscire ad andare anche oltre le risate».

E le compagnie?
Mario Gurioli: «La Berton è una realtà probabilmente anomala, molto strutturata e numerosa. Siamo 50 soci e sottolineo che non lo si diventa così facilmente, e intorno alla compagnia con tutte le attività gravita un’ottantina di persone; in pratica non c’è una sera che il teatro dei Filodrammatici sia vuoto. Del resto, l’idea di Gigi Mazzoni e di Giuliano Bettoli era proprio quella di rendere il nostro teatro un vero punto di riferimento culturale per la città e credo lo stia diventando. Di recente lo abbiamo riempito anche con la presentazione del libro sull’alluvione e con iniziative dell’Università per Adulti. In generale, comunque, vedo aria di ripresa nel mondo delle compagnie dialettali. Il Covid ha colpito durissimo ma per l’‘Agosto d’Argento’ non abbiamo avuto alcuna difficoltà a trovare gruppi e commedie. Solo un anno fa lo scenario era più fosco, non lo nascondo. Poi quasi tutti, chi più chi meno, fanno comunque i conti con quella che a tutti gli effetti è una ripartenza, quindi magari poche compagnie hanno pronti nuovi spettacoli ma stanno comunque riportando in scena quelli di repertorio».
Noemi Marzia Ricci: «La compagnia del Tondo è al lavoro per preparare nuove commedie, quindi è molto attiva. E devo dire che, anche grazie alla competenza dei nostri contatti con il Gad di Lugo, trovare compagnie per la rassegna non è stato minimamente un problema. Chiaramente tante realtà hanno incassato i danni della pandemia, alcune compagnie si sono in parte trasformate, con nuovi attori, ma vedo nel settore un vivaio molto attivo, che fa il paio con un pubblico che ha una gran voglia di divertirsi e stare insieme. Non è, insomma, il momento del pessimismo per il teatro dialettale».
Pericle Stoppa: «Avere già pronta la stagione parla chiaro: le compagnie ci sono, magari con qualche difficoltà soprattutto ad allestire nuovi spettacoli. Il vero problema è quello del rinnovamento, drammatico nel dialettale ma preoccupante anche per l’intero scenario del teatro amatoriale, non c’è abbastanza turn over nelle compagnie. Sul dialetto, poi, si sta esaurendo quella propulsione culturale con battaglie di tutela che fino a qualche anno fa aveva concretizzato progetti e mostrato vitalità. Credo che l’unica strada sia portare il dialetto nella scuole, sennò morirà davvero».
Alfonso Nadiani: «Lo stop di una compagnia storica come La Rumagnola a Bagnacavallo, con l’abbandono di un veterano come Arturo Parmiani, è un brutto colpo per il settore. Un faro nella foschia è sempre la Filodrammatica Berton e in generale pesano i problemi agli spazi e alle rassegne, vedi situazioni come quelle di Lugo e Conselice, ma se non altro ci sono programmazioni anche al Piccolo di Forlì, a Castel Bolognese da novembre e ci sarà anche la rassegna di Campiano in primavera».
Alessandro Neri: «Ci sarà del ricambio tra i protagonisti della nostra rassegna, il che da una parte è un bene ma ad esempio non avere La Rumagnola di Bagnacavallo dispiace, spero che non si possa ancora considerare una compagnia del tutto sciolta. In compenso la Broza di Cesena si rimette in pista dopo il Covid. In questa fase, nella quale i passaggi di consegne sono inevitabili, per molte compagnie è vitale trovare qualcuno che possa sostituire i veterani che gestiscono il lavoro e sappiamo che non è affatto semplice. Poi noto l’esaurimento, probabilmente fisiologico, dei testi classici del teatro dialettale, risalenti agli anni ’40 e ’50. Ora si portano in scena molto spesso testi più moderni, dei quali però è legittimo chiedersi quanto resti in termini di ‘romagnolità’. È una cosa di cui si discute nel nostro mondo. Quanto alle rassegne, gli stop a Lugo e Conselice non sono d’aiuto, anche a Reda ci sono lavori in corso, ma arrivano segnali incoraggianti ad esempio da Alfonsine e Castel Bolognese. Il periodo non è duro quanto quello pandemico, ma specialmente il rinnovo generazionale rappresenta una sfida complessa».
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