Riccardo Isola - Benvenuto tartufo. In ottobre e novembre, un po’ in tutta Italia, Romagna compresa, si moltiplicano gli appuntamenti fieristici e di sagra popolare dedicati a questo prezioso e molto ricercato tubero. Un prodotto di difficile raccolta (oltre a nascere sotto terra ha bisogno di specifiche condizioni climatiche e metereologiche per poter crescere), che trova in Italia un habitat molto positivo e favorevole.
Oltre al Piemonte, l’Umbria e le Marche anche l’Emilia Romagna è terra feconda per la proliferazione di questo profumato tubero. Sia esso nella tipologia «Bianco» sia in quello meno pregiato, ma lo stesso molto apprezzato dai gourmet, «Nero». Per molti lo stesso Delta del Po è riserva ambientale strategica, soprattutto per lo «Scorzone» e per il «Marzolino». In tutto sono tredici le specie che si possono raccogliere in Italia ma ne esistono anche altre tra cui alcune tossiche e velenose. Le tipologie più apprezzate e che permettono di rendere ancora più gustosi e aromatici piatti e pietanze anche molto differenti tra loro sono: il tartufo bianco pregiato, il tartufo nero pregiato, il tartufo moscato, il tartufo nero estivo (Scorzone), il tartufo uncinato, il tartufo nero invernale, il tartufo bianchetto (Marzolino), il tartufo nero liscio, il tartufo nero ordinario o tartufo di Bagnoli, il tuber excavatum, il tuber puberulum, il tuber oligospermum e il tartufo rossetto. In concreto che cos’è il tartufo? Innanzitutto si tratta di un fungo ipogeo che prende la forma di un tubero anche per il fatto che si forma e cresce in simbiosi con l’apparato radicale di alcune specie di piante (quercia, tiglio, nocciolo, carpino, pino e il pioppo).
Quello che viene raccolto a scopi gastronomici e alimentari è il solo corpo fruttifero. Stando all’idnologia, la scienza che studia il tartufo, questo fungo sotterraneo è formato da una specifica massa carnosa detta «gleba» che è rivestita da una specie di corteccia chiamata «peridio».
La sua composizione è fatta di acqua oltre alla presenza di fibre, sali minerali e altre sostanze. La sua forma, sempre molto irregolare, è dovuta alle caratteristiche del terreno in cui cresce. Più è morbido e più sarà sferico più la composizione diventa dura più assumerà forme bitorzolute. Questo 2018 sembra si stia rivelando un ottimo anno per qualità e quantità.
Una variabile, quest’ultima, che gioca tanto sul prezzo finale di vendita. Secondo le aste più accreditate, per una «pallina» di bianco si può variare dai 1.500 euro al chilo (per pezzature singole fino ai quindici grammi) fino ad un massimo di 2.500 euro al chilo (per pezzature singole di oltre 50 grammi).
Quello nero pregiato costa meno e varia, in riferimento alle pezzature di ogni singola palla, dai 1000 euro al chilo ai 1.500. In mezzo, infine, ci stanno le altre tipologie che, in questa ultima parte di stagione possono variare il costo dai 100 euro al chilo fino ai 350 (Scorzone).
Il 18 novembre la sagra di «sua Maestà»
Il tartufo, pregiato tubero, il prodotto più ricercato della collina faentina, avrà una vetrina dedicata a Brisighella domenica 18 novembre. Per questa occasione durante l’evento il prodotto sarà abbinato ai piatti tipici della tradizione preparati da abili chef nei ristoranti locali. Per l’occasione sarà in vendita il «bianco autunnale» che emana un profumo particolarmente intenso e anche diverse pezzature del tartufo nero. Durante la giornata sarà inoltre presente uno stand gastronomico, musica, bancarelle con i prodotti tipici e un piccolo mercato per le vie del centro storico. Maggiori informazioni su: www.brisighella.org oppure telefonando allo 0546/81166.