L’«Inferno» illustrato di Paolo Barbieri in una mostra che girerà gli Istituti Italiani di Cultura per il mondo

Romagna | 01 Dicembre 2020 Cultura
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Elena Nencini
Si chiama Dante Ipermoderno, il progetto commissionato dal Ministero degli Esteri per le celebrazioni dantesche che si concretizzerà in una mostra curata dallo storico dell’arte Giorgio Bacci e dedicata alle illustrazioni dantesche nel mondo dal 1983 a oggi. Si tratta di un percorso con riletture dantesche - da Tom Philips con le sue venature pop fino al lavoro ancora aperto di Mimmo Paladino, passando per Monika Beisner, Emiliano Ponzi e il fantasy di Paolo Barbieri - raccontato da un’esposizione che girerà nel 2021 fra vari istituti italiani di cultura, anche Londra, Madrid e Mosca. A parlarci del suo L’Inferno di Dante (Mondadori 2012) e delle immagini realizzate per quell’opera è proprio Paolo Barbieri, uno dei più importanti illustratori italiani di fantasy. Partito a soli 7 anni con Ufo Robot e Goldrake, per passare a Guerre Stellari, tra il 2003 e il 2013 ha disegnato tutte le copertine di Licia Troisi per la sua trilogia fantastica, collaborando poi con grandi case editrici e realizzando copertine per Umberto Eco, Clive Cussler, Michael Crichton, Wilbur Smith, Marion Zimmer Bradley e molti altri.
Barbieri, la sua opera su Dante è di qualche anno fa, oggi lo disegnerebbe come allora?
«Non credo. Io ho sempre cercato di evolvere pur mantenendo uno stile riconoscibile. Di certo utilizzerei altri accorgimenti “tecnici” per certe illustrazioni e probabilmente cambierei dei particolari. Ho illustrato l’Inferno di Dante per Mondadori nel 2012 e otto anni di esperienze lavorative hanno aggiunto nuovi punti di vista al mio bagaglio tecnico e mentale. Questo comporta un inevitabile “spostamento” di prospettiva su di un’opera così ricca di visioni come l’Inferno: dettagli che anni fa mi apparivano secondari oggi si tramuterebbero nei punti focali. Fa parte della mutevolezza dell’esperienza umana e l’espressione artistica ne è diretta conseguenza».
Quando ha ‘incontrato’ Dante da un punto di vista professionale e come mai?
«Ho iniziato a collaborare con Mondadori intorno al 2000, per le copertine di Urania. Successivamente sono passato alle cover dei libri fantasy, fino al primo libro illustrato nel 2008. Piacque così tanto che nel 2011 Mondadori mi diede la possibilità di realizzare il mio primo libro illustrato da autore ‘unico’: Favole degli Dei, dedicato alla mitologia greca e per il quale curai anche i testi. Favole degli Dei piacque tantissimo, poi Mondadori mi propose un nuovo tema: L’Inferno di Dante. Accettai con entusiasmo e mi misi all’opera. Per tuffarmi nell’atmosfera “infernale” spesso ho disegnato ascoltando in sottofondo colonne sonore adeguate. Considero le mie illustrazioni come dei fermo immagine di piccoli film che visualizzo prima di passare alla bozza e poi all’illustrazione finale. Con L’Inferno, ho cercato di mantenere un forte effetto pittorico, così da “avvicinare” la mia interpretazione alla pittura classica».
Ha un personaggio preferito nell’Inferno?
«Caronte. Il traghettatore è stato tra le prime illustrazioni che ho realizzato e questo mi porta ad essergli legato. Cosa non secondaria, Caronte è stato utilizzato in libri e film, a volte anche fuori contesto: questo però testimonia la sua incredibile potenza evocativa, immutata nei millenni. Altri personaggi a cui sono legato sono Minosse, Paolo e Francesca, i Malebranche».
Da Ufo Robot al suo stile odierno. Cos’è cambiato?
«Nel tempo ho disegnato tanto, colmando molte lacune tecniche. Ho imparato a dipingere ad acrilico, ad olio, con i gessetti e in digitale. Ho tenuto conto dei consigli degli editor e degli art director, cercando di sviluppare al meglio lo studio delle immagini: creare copertine di libri è stata una grande scuola. Una cosa però è rimasta uguale: il metodo con cui prima visualizzo una storia per poi tramutarla in un disegno unico. Le suggestioni sono certamente cambiate nel tempo, eppure quella sorta di magia che mi permette di illustrare un Apollo, un Caronte, un drago tra le stelle o una fata in un bosco è la stessa di quando ero bambino. Nel mio percorso ho continuamente sovrapposto esperienze a una base in cui il sognatore c’è sempre stato».

 
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