Libri storico-tradizionali romagnoli, tante nuove pubblicazioni anche in questo periodo

Romagna | 07 Giugno 2020 Cultura
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Federico Savini
C’è da scommettere che nel giro di pochi mesi saremo inondati da pubblicazione che improvvidamente storicizzeranno un evento che con la storia con la S maiuscola ha avuto a che fare fin da subito: il Covid-19, le cui ripercussioni sul mondo contemporaneo saranno difficili da calcolare, probabilmente, anche tra un lustro. Non di meno, nel mentre che si preparano ad uscire tomi su tomi dedicati al virus, l’editoria locale romagnola non si è fermata proprio del tutto e in questi mesi sono stati concepiti - quando non proprio partoriti - tanti libri che, più modestamente rispetto a quel che si azzardano a fare gli storicizzatori istantanei del virus, hanno raccontato con dovizia le spigolature della storia di questo territorio.
Sempre molto ricca si è rivelata infatti in questi mesi di lockdown la sezione dedicata al racconto della nostra terra, attraverso saggi sulle tradizioni e trattazioni storiche. Di particolare rilievo - e se n’è infatti già parlato in occasione del Giorno della Memoria -, segnaliamo Qualcuno si è salvato ma niente è stato più come prima (Il Ponte Vecchio) del faentino Cesare Moisè Finzi, intenso racconto di una storia familiare che ha attraversato la Seconda Guerra Mondiale attraverso la prospettiva di un bambino, che in quegli anni terribili, si scoprì «diverso» in quanto ebreo e fu poi costretto a vivere in una sorta di assurda clandestinità. La vicenda di un bambino travolto dalla Storia, insomma, ma deciso a resistere all’ingiustizia, alla paura e alla violenza, e a lottare per la propria felicità.
La storia senza la S maiuscola - ma non per questo meno importante - è invece l’oggetto d’indagine di Liliana Vivoli nel suo Peccati di povera gente. Storie vere di trecento anni fa in Romagna (La Mandragora). Libro particolarmente intrigante poiché indaga alcuni casi giudiziari discussi davanti al tribunale ecclesiastico di Imola trecento anni fa, rispettando i dati reali dei fatti. Attraverso le vicende di adultèri e gravidanze illegittime, di difesa estrema della proprietà e di omicidi, i racconti svelano un inedito e vivido ritratto sociale del territorio, ricco di riferimenti alle consuetudini specialmente dei ceti più umili, e contemporaneamente delineano il funzionamento della giustizia in antico regime.
Da qualche mese l’alfonsinese Agide Vandini ha pubblicato il romanzo storico Il ramingo della valle, ambientato nella Romagna Estense di fine XVI secolo nel pieno della violenta repressione del brigantaggio, mentre Norino Cani ha dato alle stampe un vero trattato storico con La «Romandiola» durante le guerre di successione europea, titolo di per sé decisamente esplicativo.
Ha invece approfondito Racconti di vita e di politica - Istria Romagna Lombardia 1940-1990 (Il Ponte Vecchio) la cervese Ileana Montini, infaticabile Intellettuale, femminista, ambientalista, sociologa, insegnante, giornalista e scrittrice che in questo volume descrive un «mezzosecolo breve» vissuto con intensità, attraverso lettere e momenti di vita, intrecciando storia e biografia personale, costume, politica e società.
Edit Faenza ha da poco dato alle stampe Ti racconto una storia vera, ultima fatica editoriale di Emilio Pezzi e Marisa Fontana dedicata alla Romagna del secolo scorso e in partire al racconto di alcune «vite vissute dal mondo rurale romagnolo nella prima metà del Novecento». Tra fotografie e parole, documenta invece il mondo della pesca, in particolare a Cervia, il volume Andè in mér (Longo), a cura di Massimo Previato e Mauro Foli. Il libro è ricco di interviste che si snodano come «confessioni laiche» e che compongono un quadro dalla dimensione storica, un viaggio nella memoria del mare di Cervia, un percorso alla scoperta del vecchio borgo dei pescatori e del nuovo mondo della marineria, dove il presente si fonde col passato e la storia di oggi sente il richiamo del tempo antico.
Esce poi in questi giorni Alfredo Oriani e il Corpo Politico (Il Ponte Vecchio), nuovo saggio che Dino Mengozzi ha dedicato all’«Asceta della modernità, “precursore” del fascismo e individualista senza eredi» di Casola Valsenio, come da sottotitolo. Il punto di partenza è, in particolare, il disseppellimento del corpo dello scrittore nel ’24 e la ricostruzione del suo pensiero con il corpo, appunto, al centro dell’analisi: il corpo rappresentato nelle sue opere letterarie, quello recitato dal genio incompreso, quello di carne tentato dalla libertà. Oriani individuò nel nascente culto del corpo la polarità fra ozio dei ricchi e lavoro del proletariato, individuando una via di emancipazione sganciata da una logica di classe.
Rimanendo in tema, sempre Il Ponte Vecchio sta per dare alle stampe Il borghese diffidente. Vita e certezze di Pellegrino Artusi di Paolo Cortesi, in occasione del bicentenario della nascita del gastronomo di Forlimpopoli. Sempre il binomio biografico e gastronomico arriva per l’editore cesenate anche Tonino Guerra, il cibo e l’infanzia. Noi continuiamo a mangiare nei piatti della mamma di Graziano Pozzetto, nuova incursione del gastronomo ravennate nei lasciti culturali della nostra cucina, dedicata questa volta al «Poeta che ha continuato a “mangiare l’infanzia” nelle rivisitazione delle minestre della mamma e che considerava le migliori del mondo».
Ha già fatto molto parlare nelle scorse settimane, tra gli appassionati di storia locale, la ricerca di Stefano Saviotti e Monica Naldoni sulle Soppressioni napoleoniche a Faenza. Chiese, conventi, confraternite (1796-1813), stampato dalla Tipografia Valgimigli. Si tratta di un poderoso volume di 400 pagine, con uno studio su piani paralleli sugli edifici religiosi della città nel periodo napoleonico. Numerose chiese, conventi e sedi di confraternite furono chiusi al culto, molti degli edifici furono venduti e radicalmente trasformati, oppure andarono distrutti in seguito, per vicende belliche o demolizioni.
In questi giorni esce invece per Il Ponte Vecchio un altro volume storico faentino che si annuncia di grande interesse (e attualità), ossia Le Epidemie nella storia di Faenza. Oro, fuoco e forca dalla Peste Antonina al Coronavirus di Gabriele Albonetti e Mattia Randi. Premesso che gli introiti dei diritti d’autore andranno alla Pubblica Assistenza manfreda, il libro «propone al lettore una passeggiata attraverso due millenni di storia di Faenza, per raccontare delle “altre volte” in cui i nostri antenati si sono trovati drammaticamente a fare i conti con epidemie e pestilenze», dalla Peste Antonina alla Peste di Giustiniano, dalla Morte Nera alla Bissa Bova, dal Colera alla «Spagnola», con le ripercussioni sul governo politico e sanitario delle emergenze, le reazioni del popolo disperato e il ricorso sistematico alla religione.
Cambiamo territorio (ma non editore) con La barca e l’aratro. Storia e storie di Campotto d’Argenta di Fausto Renzi, indagine sulle vicende davvero insospettabili che hanno segnato un territorio «di confine» che ha molto più raccontare di quanto le piccole dimensioni non direbbero. Sempre Il Ponte Vecchio ha poi dato alle stampe Metamorfosi di una civiltà contadina. Le colline della Romagna-Toscana di Lamberto Agnoletti, nel quale l’autore racconta i profondi mutamenti vissuti dalle campagne della sua vita, dal tempo in cui tutto veniva svolto per forza di braccia e con l’ausilio di rudimentali strumenti fino alla costruzione di un paesaggio caratterizato da un’agricoltura sempre più tecnologica. La collina si è così spopolata e fra i pochi rimasti si è come dissolta l’armonia di un tempo, il legame che trasformava i singoli in una comunità solidale, con valori condivisi. Edit Faenza ha invece dato alle stampe Ragazzi di Libertà - Boys of Freedom di Rosalia Fantoni, per ricordare i soldati canadesi che riposano nel cimitero di guerra di Villanova di Bagnacavallo, tenerne viva la memoria e onorarne il sacrificio, attraverso biografie e fotografie dei defunti.
Di argomento sportivo è infine I Gordini, una fameja ad fenomen di Flavio Dall’Amore e Dario Torromeo, storia di «un padre e un figlio. Meo è il figlio. Pugile grazie a un prete che legge il futuro, oggi maestro di boxe che spiega la vita tirando cazzotti. Michele era il papà. Lo chiamavano Bucaza, forava sempre quand’era in testa e così non vinceva mai. Sei Giri d’Italia e tre Tour. Un’avventura cominciata dopo aver speso i risparmi per comprare una «Romagna»: bicicletta di seconda mano con le ruote di ferro e i copertoni con camere d’aria separate».
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