Librerie, dibattito fra chi apre e chi resta chiuso

Romagna | 27 Aprile 2020 Cultura
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Federico Savini
«Ci mancate ma speriamo che i libri parlino per noi». Si chiude così, laconico ma anche aperto a quella «comunicazione privilegiata» che da sempre i libri agevolano, un post su Facebook della libreria Dante di Longo, una di quelle che hanno deciso di non riaprire, la settimana scorsa, in seguito al primo decreto che sbloccava timidamente il lock down dovuto al Coronavirus, e che ha visto le librerie in testa alle prime attività ammesse alla ripartenza. Una ripartenza con tutte le cautele del caso (mascherine obbligatorie, disinfettante, ingressi contingentati ), di cui però molti hanno approfittato, aggiungendo l’apertura del punto vendita a orario ridotto al servizio di consegna a domicilio dei libri che ha monopolizzato l’attività dei librai nelle prime settimane di quarantena, e che tuttora prosegue con esiti ai limiti dell’insperato. Molti, dicevamo, hanno rialzato le serrande, ma non tutti, e infatti rimanendo a Ravenna, oltre a Longo resta chiusa anche Liberamente Libri, il cui titolare non nasconde - sempre su Facebook -, una marcata contrarietà alla scelta di concedere la riapertura alle librerie e a pochi altri negozi. «Cerco la formula giusta per lavorare in sicurezza e per far sì che l’apertura abbia un significato – si legge in un post del 13 aprile –, perché aprire senza potervi permettere di toccare i libri penso snaturi il senso di andare in una libreria. Credo che non sia stata una buona idea quella di far riaprire le librerie in queste condizioni, credo sia sbagliato come concetto soprattutto in un momento in cui tanti di noi si sono organizzati con un servizio di consegna a domicilio, facendo girare una persona sola e non tutti i clienti. Non credo che oggi farvi uscire per andare in libreria sia una buona idea». A giudicare, però, dalla soddisfazione di alcuni fra i librai che hanno riaperto, qui ci sono come minimo i presupposti per un dibattito lungo e possibilmente costruttivo, senza contare che queste prime giornate prefigurano uno scenario di «attenzioni e limitazioni» a cui dovremo abituarci.

Renzo Bertaccini - Bottega Bertaccini (Faenza)
«In bottega sto solo la mattina e porto avanti le consegne a domicilio. Un po’ di persone vengono e credo che la frequentazione sia anche terapeutica, un diversivo per cambiare aria, portando poi a casa un libro. Non parliamo di folle, ma c’è anche da dire che io tratto un genere di nicchia, più che altro produzioni editoriali locali e in questo periodo son comunque usciti libri significativi come quello di Baldini e Bellosi su Dante in Romagna o le Soppressioni napoleoniche a Faenza di Stefano Saviotti e Monica Naldoni. Ai bilanci, la riapertura serve fino a un certo punto, dato che siamo aperti in una città deserta, però male non farà di certo. Occorreranno mesi per tornare a una parvenza di normalità e la mia, se non altro, è una piccola azienda, mentre bar, ristoranti e alberghi ne sono e ne saranno colpitissimi. Io sarò danneggiato dall’impossibilità di organizzare quegli eventi con cui riempivo la libreria e anche la bancarella estiva in piazza, se dovesse saltare, mi mancherà non poco. In tutto questo mi auguro che almeno impareremo a condurre una vita più parca, meno consumistica. E che, insomma, arrivi qualche insegnamento».

Giulio Cirasole - Mondadori bookstore (Faenza)
«Siamo contenti di essere tornati al lavoro e di servire i clienti, che hanno dato subito una risposta positiva, di cui personalmente non dubitavo. Certo, è un lavoro diverso da prima, va affrontato con le dovute cautele, ma penso che il ritorno al lavoro e la ripresa del sistema produttivo siano necessari. Indubbiamente non è facile e c’è un po’ di tensione, ma osserviamo standard di sicurezza facendo rispettare le distanze, diluendo la clientela, utilizzando un’uscita diversa dall’entrata e poi abbiamo i plexiglass alla cassa, guanti, mascherine e il gel per i clienti. Da parte loro, ho percepito l’esigenza del ritorno in libreria, al punto che l’afflusso, pur inferiore alla normalita pre-Covid, è comunque paragonabile a quel periodo, tra febbraio e marzo, che anticipò il lock down. Le persone che vengono, in compenso, comprano più di prima, come accadeva nel pre-chiusura. Del resto, ora si sta a casa molto di più e si legge anche di più. E’ stato così per me, finché sono rimasto a casa, ed è così anche per i clienti».

Evelina Pifferi - Moby Dick (Faenza)
«Lavoriamo molto, non ce l’aspettavamo a questo livello. Devo dire che già la settimana prima della riapertura il servizio di consegna a domicilio era cresciuto, portandoci da Granarolo e Brisighella, tanto che occupa tuttora i nostri pomeriggi, con la libreria chiusa e la nostra tirocinante che ancora non può tornare al lavoro. Ci eravamo riorganizzate, il servizio a domicilio lo proponevamo da anni ma non aveva mai davvero ingranato fino ad ora, quindi valuteremo quanta parte del nostro lavoro occuperà anche in futuro. Per tutte queste ragioni eravamo persino un po’ scettiche sulla riapertura, ma il calore dei clienti, abituali ma anche nuovi, ci ha stupite. In pratica, dalle 9 alle 15 abbiamo avuto sempre persone, estremamente disciplinate nell’entrare poche per volta, ormai abituate a convivere con questa situazione, cosa che non era scontata. Tutti hanno la mascherina e noi forniamo guanti e detergenti, perché una visita in libreria comporta il consultare libri e bisogna farlo in sicurezza. In questa prima settimana di riapertura, abbiamo persino venduto più del normale perché, anche con l’orario ridotto, chi viene da Moby Dick poi compra sempre almeno un libro. Probabilmente il lento ritorno alla normalità, per il quale seguiremo i nuovi decreti, farà rientrare nei ranghi anche questo aspetto, ma la cosa è partita davvero molto bene e l’affetto dei clienti è stato tangibile e prezioso».

Manuela Cristofani - Modernissima (Ravenna)
«In una parola la risposta dei clienti, affezionati ma anche nuovi, è stata commovente, non si può usare un altro termine. Noi venivamo da 35 giorni di chiusura completa, senza consegne o altro, secondo la convinzione che movimentare persone, nei giorni del picco, sarebbe stato pericoloso e la tutela della salute deve venire prima di ogni cosa. Ma abbiamo sempre mantenuto un filo di comunicazione coi lettori affezionati attraverso i social. Il contatto, ancorché virtuale, non è mai venuto meno. Alla riapertura la risposta dei clienti è stata commovente e continua. Tutti molto ordinati e rispettosi delle regole. In libreria entra una persona per volta e non ha accesso a tutti i locali, sempre per un fatto di sicurezza, perché quest’emergenza non è assolutamente finita. Apriamo pionieristicamente ma con la testa sulle spalle e devo dire che le prime persone a entrare erano un po’ stranite, forse tornavano in centro per la prima volta dopo settimane, ma la freddezza si è sciolta subito. Per il resto siamo letteralmente sommersi di mail e telefonate, un altro bellissimo segnale. Le spedizioni in tutta la regione e anche oltre le abbiamo sempre fatte e per i prossimi giorni organizzeremo quelle a domicilio, in città, sempre pensando prima di tutto alla sicurezza».

Marco Bianchi – Librerie Coop (Ravenna)
«Abbiamo riaperto tra i primi e nel complesso va abbastanza bene. La particolarità di questo settore è che gli italiani sono famosi per leggere poco, ma quelli che leggono in genere sono accaniti. Al punto che in poche settimane di quarantena molti sono rimasti “a secco” e non appena abbiamo riaperto ne hanno approfittato, portando magari a casa un libro in più del solito. Il flusso di persone non è quello normale, ma chi viene compra di più, tenendo conto che l’editoria è ferma e tanti titoli appetibili, che erano in programma, non sono usciti. Noi lavoriamo a orario ridotto, con i dispositivi di protezione, i plexiglass, le mascherine e anche tavoli posizionati in modo da mantenere le distanze, ma c’è da dire che la clientela è molto disciplinata e il punto vendita di Ravenna, all’Ipercoop, è molto spazioso, un bel vantaggio in questa situazione».

Massimo Berdondini – Alfabeta (Lugo)
«La riapertura penso fosse doverosa, pur con alcune perplessità dovute al fatto che, ovviamente, non lavoriamo certo in condizioni ottimali. Era indispensabile riaprire e anche come stimolo all’intero settore culturale, al di là degli “atti simbolici”, questo è l’avvio di un percorso che ci farà capire come lavorare nei prossimi mesi. Le librerie non hanno ressa, facciamo entrare due persone per volta e abbiamo disposto i locali in modo che possano defluire senza incontrarsi; credo sia una “sperimentazione” utile. E poi concepisco il nostro lavoro come un servizio e queste prime giornate ci stanno facendo capire come portare avanti l’attività. La clientela è in larga parte abituale ed entra senza remore. Ma non è meno importante la consegna a domicilio; sta andando bene e apre un fronte interessante per il futuro. In città consegniamo noi, mentre fuori Lugo vanno i corrieri professionali, senza spese di spedizione grazie all’iniziativa “libri d’asporto”, a cui hanno aderito molti editori, che appunto si accollano queste spese».
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