«L’Ego», la provocazione a mosaico di Barberini a Ravenna
Silvia Manzani
È un negozio a tutti gli effetti con gli scaffali, le «sportine» di carta, le etichette con il prezzo. Se non fosse una provocazione, «L’Ego» suonerebbe come un’operazione fastidiosamente commerciale. Ma proprio perché una provocazione, nei fatti, lo è, il nuovo progetto dell’artista ravennate Luca Barberini spinge a una riflessione ben più acuta. Tutto nasce dalla voglia di non presentare, in vista della Biennale del Mosaico contemporaneo, la classica mostra. Ma anche dall’intenzione di interrogarsi, artisticamente parlando, sul grande tema del momento, quello dei cambiamenti climatici. «L’Ego», allora, diventa principalmente due cose: «Da un lato - spiega Barberini - ho realizzato un’opera in sei pannelli che rappresenta la mia idea del futuro: è un mondo diviso a metà in orizzontale, sotto c’è un ambiente sottomarino con la plastica e tutto ciò che abbiamo deturpato in passato, sopra ci sono gli uomini costretti a vivere e coltivare sulle barche, perché il loro ego li ha spinti a rovinare tutto. L’opera è stata poi scomposta in altrettante sei parti, ognuna riprodotta all’interno di cinque scatole nelle quali si trova un vero kit per realizzare i pannelli: ci sono le tessere, la spatola, il cemento, le pinzette, le istruzioni». Sarà solo l’ego di ogni acquirente - l’edizione è limitatissima e prodotta in trenta scatole - a determinare chi le aprirà provando a imitare l’artista e chi, invece, le lascerà intonse, veri pezzi da collezione: «Io ne ho una - spiega l’agente di Barberini Matteo Guerra - ma non l’aprirò mai, se non altro per non abbassarne il valore». Ma se un gioco, il progetto, lo scimmiotta eccome, Barberini rifugge ogni idea di sdrammatizzazione: «Capovolgere un argomento così delicato in un gioco non significa sminuirlo ma dargli, al contrario, visibilità. Nel farlo, ho pensato che questo gioco non poteva che essere un Lego». Dotato, a questo punto, di un prezzo che più commerciale non si può, 399 euro, che poco si allontana dal costo di una confezione di mattoncini della stessa misura. E se Piero Manzoni aveva inscatolato la famosa «Merda d’artista», Barberini non esclude, in futuro, di continuare con opere scomposte e temporary shop: «In novembre sarò a Londra per tentare di organizzare qualcosa di simile a ciò che abbiamo presentato qui da Koko a Ravenna. Il progetto “L’Ego”, che ho realizzato insieme ad Alessandro Randi, in arte Codec Zombie, specializzato in action figures, ha anche un valore aggiunto in virtù del fatto che a breve terminerò il condominio “Via di Roma 136”, che negli ultimi cinque anni mi ha portato a realizzare 1780 finestre, di cui 1745 vendute. Inizialmente questo lavoro era destinato a durare per sempre, poi ho deciso di chiuderlo a duemila pezzi: credo sia limitante, per un artista, ripetere sempre le stesse cose». Barberini, del resto, quando conclude le sue opere non vede l’ora di sbarazzarsene: «Un artista non fa nulla per se stesso ma si rivolge, al contrario, agli altri. La gioia sta nel vedere i propri temi diffondersi il più possibile. Quando due collezionisti di Calcutta si sono innamorati della mia prima Clorofilla, il fiore cannibale sintomo di un pianeta che si ribella all’uomo, e sono venuti fino a Ravenna pe acquistarla, sono rimasto piacevolmente sorpreso: l’India è un Paese inquinatissimo, è fantastico pensare che certi messaggi e certe sensibilità possano arrivare fino là».