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Dallo squacquerone all'olio di Brisighella passando per la piadina, il formaggio di fossa, scalogno, pesca nettarina, caciotta e arrivando al Romagna Sangiovese e Romagna Albana, il territorio compreso da Imola a Cattolica offre una miriade di prodotti che sono riconosciuti con l'acronimo Dop e Igp. Di fatto sono certificati che attestano la certificata qualità di origine e quindi della produzione.
In totale la Romagna conta undici prodotti Dop di cui nove riguardano il cibo (scalogno di Romagna, olio di Brisighella e olio delle colline di Romagna a Rimini, casciotta d'Urbino, formaggio di fossa, Agnello del centro Italia, piadina, squacquerone, pesca nettarina) e due invece sono nel vino (Sangiovese e Albana). Ma non solo. In Romagna esistono anche altri prodotti che vengono tutelati e certificati come qualitativamente unici riconosciuti non dalla legislazione agroalimentare nazionale e ed europea ma dall'associazione Slow food che da anni su questo tema ha investito sforzi imponenti. «Nel territorio romagnolo - spiega a riguardo Mauro Zanarini della condotta ravennate - di presidi riconosciuti ne abbiamo sei. Si passa dall'anguilla marinata alla Mora romagnola e al bovino romagnolo. Ed ancora non ci si può dimenticare del sale di Cervia o della pera cocomerina fino ad arrivare al delizioso raviggiolo. L'impostazione e la filosofia dei presidi - prosegue Zanarini - ha a che fare con l'esigenza di salvaguardare un patrimonio enogastronomico che rischierebbe di scomparire visti i bassi impatti commerciali che questi prodotti possiedono».
Se per le Dop e Igp gli sforzi a sfondo commerciale sono forti della presenza di un consorzio di tutela per i presidi la situazione è diversa. «Il nostro intento - rimarca il responsabile della chiocciola ravennate - è al contempo commercial-economico e culturale. Organizziamo incontri, eventi, momenti di approfondimento e conoscenza diretta con questi prodotti durante tutto l'anno. Entriamo a scuola (l'Orto in condotta) per insegnare tutti i segreti e le proprietà delle verdure ai bambini delle scuole di ogni ordine e grado.
Se la certificazione è, per sua natura un valore aggiunto, Zanarini ci tiene però a sottolineare come serva parimenti «un cambio di mentalità totale. Sia i ristoratori che i commercianti dovrebbero guardare e quindi utilizzare di più i prodotti del territorio.
Una nicchia di sapore, gusto e storia indescrivibile che si rischia di perdere a discapito di una massificazione del gusto imposto da multinazionali che tendono, a loro ragione, di massimizzare profitti. La Romagna, e così l'intera regione e l'intera Italia, è un giacimento inesauribile di gusto. Bisogna - conclude Zanarini - riuscire a fare squadra. Abbiamo bisogno di recuperare per promuovere tutti assieme un patrimonio enogastronomico che è ricchezza storica e non solo di tutti». A tal riguardo Slow food intende continuare su questa strada. «Abbiamo in mente - conclude Zanarini - di iniziare l'iter per la creazione di nuovi presidi, anche in Romagna, i primi direi che potrebbero essere nel brisighellese e nel ravennate. Non è solo questione economica, di lavoro, agricola e di tavola è anche indicazione di rispetto del territorio e della cultura alimentare secolare che lo abita. Sono sforzi difficili, per i quali serve preparazione e dedizione che magari non creano valore in modo immediato ma noi crediamo siano necessari».
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