La regione è attraversata da una ventina di cammini ufficiali e segnati, la metà passano in Romagna 

Romagna | 09 Marzo 2022 Cronaca
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Sandro Bassi - Da qualche anno van di moda i cammini. Son tornati, si dirà, di moda, perché il Cammino di Santiago ha più di mille anni. Vero, ma è un’eccezione, o meglio: i lunghi percorsi a piedi sono sempre esistiti, anche molto prima che li chiamassimo trekking, ma un tempo erano principalmente religiosi (lasciamo perdere le antiche vie commerciali o militari perché il discorso si complicherebbe troppo) e venivano percorsi, anche obtorto collo, da pellegrini, mentre oggi fioriscono ovunque cammini naturalistici, ricreativi, evocativi, letterari, storici. 
Il fatto è che un tempo, prima che qualcuno inventasse l’automobile, camminare era necessità quotidiana. Cinicamente si può anche dire che era una maledizione: in età medievali le uniche alternative, cioè le cavalcature - cavallo, mulo, o anche asinello - erano costose e appannaggio di nobili o professionisti del settore: mercanti, boscaioli, trasportatori di legna, ecc. Tutti gli altri andavano a piedi, imprecando contro la sorte che li aveva fatti nascer poveri. Il discorso dei pellegrini è un po’ più complesso: è sempre esistita la spinta interiore a recarsi su «luoghi santi» vicini o lontani e un tempo le tre mète capitali erano Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela. Per ragioni varie la via per quest’ultima non è mai scomparsa e per 1200 anni l’uomo l’ha percorsa: per salvarsi l’anima, per un naturale desiderio di conoscere, per togliersi di casa, per invocare una grazia o per grazia ricevuta. Le motivazioni religiose spesso sfumavano in qualcosa di diverso: parecchi facevano il pellegrinaggio in vece di un parente che non ce l’aveva fatta, era tornato indietro ma li aveva delegati a completarlo; per esser sicuro, il parente (che si era riservato tutti i privilegi morali e religiosi dell’avvenuto pellegrinaggio, considerandosi salvato o comunque sdebitato verso il Santo), aveva fatto un bel legato testamentario dove vincolava un’eredità - il campicello, il gruzzoletto, la casetta - alla dimostrazione d’esser arrivati a Santiago. Da qui nasce la compostela, documento che poi si presentava al notaio per incassare l’eredità stessa. Analogo il pellegrinaggio «giudiziario» che alcuni giudici comminavano come pena per reati anche gravi: anche qui serviva la compostela da esibire poi al magistrato come prova d’aver saldato il proprio debito con la giustizia. 
Detto questo, pellegrini lungo la via di Santiago ci son sempre stati. Non su un unico percorso, certo, ma su un fascio di vie che convergevano verso la mèta. C’è la cronaca cinquecentesca di un notaio di Corciano (Perugia) che parte con un amico a piedi per Santiago, ma raggiunta la costa toscana scrocca un passaggio su una nave che li porta in Sardegna, poi i due attraversano a piedi l’isola, riscroccano un passaggio fino a Barcellona, poi riescono a pagarsi qualche giorno di somarello fino a Leon, poi finiscono i soldi e arrivano alla mèta a piedi. E a piedi tornano a casa, dopo oltre un anno. Inoltre tenete conto che costui era pur sempre un notaio, pensate ai poveri nullatenenti che erano la maggioranza. Ridetto questo, dopo aver toccato i minimi storici nel secondo Novecento, il Cammino ha conosciuto una nuova, folgorante stagione che gli ha fatto avere riconoscimenti europei, pubblicità, migliorìe logistiche (sul Cammino si cammina al sicuro, lontano dal traffico, si mangia bene e si dorme dappertutto con poca spesa) e soprattutto la riscoperta della sua originaria dimensione spirituale. E si capisce: di quelle materiali ne abbiamo abbastanza, siamo stressati, depressi, stanchi della vita frenetica e sempre più avara di valori profondi, pensiamo solo al lavoro, chi ancora ce l’ha, o a far carriera (chi ci tiene e comunque «è una morte un po’ peggiore»). Chi va a Santiago oggi non è più, o non è più solo, un pellegrino che vuol salvarsi l’anima, ma può esser benissimo un imprenditore cui è scesa la catena, oppure un agnostico o un ateo che cerca qualcosa di trascendente. I cammini nati negli ultimi due-tre decenni sono la riproposizione del nuovo Santiago, non lo scimmiottamento ma il tentativo di far qualcosa di simile, magari un po’ più modesta, anche senza scarpinare per 2mila chilometri. 

I CAMMINI DI ROMAGNA
Ufficialmente la Regione ne censisce 20, ma di fatto sono un po’ di più. Anche limitandoci ai principali, il nostro Appennino è solcato, in ordine più o meno cronologico, dalla Gea (Grande Escursione Appenninica, nata quarant’anni fa sul crinale spartiacque: è un po’ decaduta ma esiste ancora), dal Grande Circuito della Romagna (idem), dalla Romea Germanica, dal Cammino di Sant’Antonio (da Padova a Bologna poi a Dovadola per finire a Montepaolo, ma di fatto oggi si prosegue fino a La Verna – Cammino di Francesco – e poi volendo fino ad Assisi), di San Vicinio (è il patrono di Sarsina e gli è dedicato un lungo giro che raggiunge le Foreste Casentinesi), dall’Alta Via dei Parchi (collega l’alto parmense con il Montefeltro attraverso varie aree protette), dalla Via Misericordiae e di Dante. Di cabotaggio un po’ minore, ma sempre con lunga percorrenza, sono la Via Romea dei Guidi, Cammino di San Romualdo, Trekking della Libertà, Sentiero delle Foreste Sacre, Cammino Preistorico e Cammino dei Briganti, Via dei Gessi e dei Calanchi, Via del Gesso, più varie Francigene e Romee che prendono magari nomi di chierici vaganti o condottieri medievali. La lista si allunga, ma la notorietà non vuol dir nulla: spostandoci dalla Romagna verso ovest si incontra la gettonatissima Via degli Dei che collega due città storiche meravigliose - Bologna e Firenze - e che è stata ben promossa da un fortunato romanzo del collettivo bolognese Wu Ming: è bella, ma sono più belle le nostre misconosciute vie romagnole dove si trovano paesaggi più integri (la Via degli Dei è tormentata da vicine e sempre visibili autostrade, ferrovie, statali e diverse zone industriali) e dove soprattutto si trova da dormire e da mangiare in rifugi, ostelli o agriturismi non pieni come uova. 

COSA PASSA DA FAENZA
Da Faenza, anche se forse non si vede (complici due anni di Covid e il fatto che non siamo sulla via per Santiago), passano ben quattro Cammini: di Dante, dei Guidi, di San Romualdo e Via Misericordiae. Il primo e l’ultimo sono i più famosi. E quindi vediamoli un po’ meglio. 

SULLE ORME DI DANTE
Il Cammino di Dante consta di 21 tappe, da Ravenna a Firenze e ritorno ad anello: in teoria (variazioni individuali sono sempre possibili) i pellegrini da noi passano all’andata, ovviamente non percorrendo la Ravegnana, ma argini fluviali e carraie campestri; hanno fatto tappa a Ponte Vico e passando per Pieve Corleto attraversano la Via Emilia e salgono ad Oriolo dei Fichi. L’indomani, per San Biagio Vecchio, Santa Lucia, Rivalta e passo della Carla, arrivano a Brisighella; ma da Oriolo c’è anche la variante per Faenza, per le placide vie San Mamante, Ramona e Lindarola: dal Ponte delle Grazie fanno Corso Saffi, visitano il centro, dopodiché escono per Porta Montanara e via Firenze per prendere il 505, non diversamente dalla Via del Gesso (stessi segnavia): Castel Raniero, Olmatello, i calanchi (sulla cresta o con due «allungatoie» che evitano i tratti più vertiginosi) e si ricongiungono all’altra via nel paese dei Tre Colli. 

DAL MARE A GAMOGNA
La Via Misericordiae, 12 tappe, è fatta come un palloncino: nasce a Pomposa e il filo arriva a Bagnacavallo, dopodiché si biforca. Il giro di boa è a Gamogna, da cui si scende a Modigliana, indi si risale a Montepaolo; da qui si scende al fondovalle Samoggia e poi per via Croce si tocca via Montefortino dalla quale, tramite la Via dell’Amore di tiniana memoria, si raggiunge Oriolo dei Fichi; da qui a Faenza. L’indomani si torna a Bagnacavallo passando per la chiesa di Ronco in omaggio a Padre Daniele, missionario qui nato e morto in Perù nel 1997. 
Per entrambi gli itinerari è disponibile materiale informativo: cartine, guide, ovviamente segnavia sul posto. Buon cammino. 
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Purche' non invadano le proprieta' private.
Commenta news 10/03/2022 - Guido
Giusto, ve lo dice un agricoltore che deve sempre raccogliere i rifiuti.
Commenta news 09/03/2022 - Roberto
Tutta gente che ha del tempo libero e sparge rifiuti ovunque.
Commenta news 09/03/2022 - Sandro
Tutta gente che ha del tempo libero e sparge rifiuti ovunque.
Commenta news 09/03/2022 - Sandro
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