La prof di Faenza: «I miei ragazzi non ce la fanno più»

Romagna | 04 Aprile 2021 Cronaca
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«La scuola, per i ragazzi, era rimasta l’unico avamposto della realtà, l’unico respiro, l’unica forma di interazione sociale. Chiuderla è stata, per loro, l’ennesimo colpo». Nicoletta Conti è un’insegnante di lettere del liceo «Torricelli-Ballardini» di Faenza. Fin dalle prime proteste di «Priorità alla scuola», si è sempre fatta trovare in piazza per manifestare contro la Dad, diventata anche la destinataria di una lettera che la docente ha scritto e poi letto durante l’ultima protesta. Una lettera che inizia proprio così: «Cara dad...». La prof, in questo lungo anno, non ha mai smesso di indagare lo stato emotivo dei suoi studenti, sia rivolgendo loro domande, sia approfondendo il loro stato d’animo attraverso i temi: «Mi rendo sempre disponibile a restare collegata per più tempo, nel caso abbiano bisogno di parlare, ho preso parte alle lezioni all’aperto nel cortile della scuola e cerco comunque di dare ai miei ragazzi degli stimoli, affinché non si demoralizzino del tutto. Il punto è che sono ormai spenti, senza luce e dichiarano apertamente di non farcela più. Del resto è difficile non dar loro ragione: questa non è scuola e vedere i ragazzi con la felpa sopra il pigiama, con gli sguardi avviliti e senza stimoli, non fa che confermarlo ogni giorno di più». Essendo attenta alla condizione psicologica dei suoi ragazzi, l’insegnante ha potuto notare come, dopo un anno, l’isolamento non sia più pensabile: «C’è chi ha crisi di pianto, chi ha iniziato ad andare dallo psicologo, chi mi chiede di trattenerci ancora un po’, dopo le lezioni, perché ha voglia di compagnia». Anche a livello didattico, secondo Nicoletta Conti, la didattica a distanza è passata dall’essere l’unico aggancio possibile con gli studenti al diventare un fallimento educativo: «Davanti a un monitor non si ha modo di capire se un ragazzo non ha capito, se al contrario si illumina davanti a una spiegazione, a una suggestione. Anche perché i ragazzi, oltre che spenti, sono sempre meno disponibili a intervenire, nascosti come sono dietro i loro schermi. Io spero solo che non si siano abituati: quando sento parlare di “generazione Covid” mi arrabbio, devono riprendersi la vita e non essere associati solo alla pandemia». Nicoletta Conti è anche mamma di tre figli che frequentano le elementari, le medie e le superiori: «Vedo anche loro in un vero stato di disperazione. La scuola non è il luogo del contagio, io ho passato l’estate scorsa a lavorare sugli spazi e sulle distanze e quando, a settembre, siamo rientrati, le regole sono sempre state rispettate. Faceva tenerezza vedere i ragazzi ligi e diligenti. Pur di frequentare la scuola, erano disposti a sottostare a tutte le limitazioni. E ora sono stati di nuovo traditi». (s.manz.)
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