La neonatologa: "Le ferite dei genitori vanno curate ben oltre le dimissioni"
«Capita spesso che, nella fase acuta, i genitori non sviluppino particolari problematiche psicologiche. Che magari, invece, emergono più avanti, ben dopo le dimissioni». Claudia Muratori è una delle neonatologhe che lavorano nella Terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Ravenna, al qualche da qualche tempo è stata dedicata una psicologa (Melissa Mercuriali) che fa parte del team della psicologia d’urgenza: «In questo caso - spiega Muratori - l’offerta del trattamento psicologico viene fatta quando i bimbi sono ricoverati in Tin. La sua presenza è importante anche nell’ottica del nuovo progetto dell’associazione “Dalla parte dei minori”, perché lei è in grado di fare da gancio, intercettando il bisogno delle famiglie durante la degenza dei piccoli. La stessa operazione la svolgo io segnalando eventuali difficoltà ben oltre le dimissioni, quando rivedo i bimbi e le loro famiglie in follow-up». Le situazioni più gravi riguardano i pazienti con patologie sindromologiche e sofferenze ipossico-ischemiche: «In questi casi - precisa la neonatologa - i genitori hanno vissuto il momento, certo molto doloroso, della diagnosi, senza però essere sempre a conoscenza della prognosi, che dipende da molti fattori tra cui anche le potenzialità di recupero del figlio. C’è quel tempo vuoto, quel limbo in cui la situazione può evolvere in un modo o nell’altro, dopo il quale si può entrare nel mondo della cronicità o del danno cerebrale più o meno grave. Dopo quel tempo, in cui c’è chi accetta la diagnosi e chi no, chi elabora la sofferenza e chi no, spesso si evidenziano difficoltà di tipo psicologico che è necessario riconoscere e che dipendono davvero dai singoli e da tante cause, tra cui il fatto che il ricovero sia riuscito a chiarire tutti gli aspetti legati al problema del bambino. Non sempre all’interno della coppia, tra l’altro, si vivono queste situazioni allo stesso modo». E poi c’è il tema della prematurità (a Ravenna vengono accolti bimbi nati dopo la 28esima settimana di gravidanza e sopra il chilo): «Un conto è nascere di 29 settimane, un conto di 35. Resta il fatto che le ferite legate a una nascita prematura vanno curate. Qualche giorno fa ho visitato un bimbo nato alla trentesima, che ha passato quaranta giorni in Tin. Ha uno sviluppo normale e la sua storia clinica non è stata certo tra le più drammatiche. Ma quando ho chiesto alla mamma se ha messo in conto altre gravidanze, è crollata. E mi si è davvero aperto un mondo: lei, quel vissuto in terapia intensiva, deve ancora elaborarlo. Mi ha raccontato che il marito non ne parla, che lei invece ne parla fin troppo. Questa è una storia a lieto fine che però ci dimostra come le lacerazioni sono luoghi dove non sempre siamo in grado di arrivare». Caso simile quello della mamma di una bambina nata alla 34esima settimana che Muratori ha rivisto anni fa: «Quando ho dimesso la bimba, ho scoperto che la sua mamma non aveva solo attraversato il dolore immenso di sua figlia ma anche quello di un’altra piccola paziente ricoverata, nata con delle malformazioni. Quella situazione l’aveva così traumatizzata che non riusciva assolutamente a programmare un’altra gravidanza. Insomma, ben venga qualsiasi aiuto che possa essere dato a queste famiglie, anche e soprattutto laddove le cose rimangono latenti e inconsce».