La contaminazione dal sapore adriatico nel ristorante «La Rotonda» a Lido Adriano di Gian Maria Manuzzi

Romagna | 07 Giugno 2020 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Gian Maria Manuzzi, «Giamma» per gli amici, è uno di quei personaggi cresciuti nella «scuola» di Valter Dal Pane. Co-titolare assieme al compianto e amico della storica «Sghisa» di Faenza, da alcuni anni guida anche il nuovo corso del ristorante «La Rotonda» di Lido Adriano. Una parentesi rivierasca che in questo periodo post quarantena cerca di ritagliarsi un non certo facile posto al sole puntando su territorialità, estro e gustosità delle proposte.
Parte la stagione estiva all’insegna di nuove modalità di fruizione dei ristoranti. Come vi siete adeguati?  
«Come del resto hanno fatto i miei colleghi ci siamo adeguati seguendo i protocolli imposti a livello regionale. Nello specifico abbiamo distanziato tutti i tavoli di un metro, abbiamo installato la cartellonista, all’entrata e sui tavoli di come ci deve comportare per essere in sicurezza, ci siamo adoperati, tramite app, QR code e piattaforme e-commerce, per rendere le prenotazioni più semplici e immediate, in modo che il cliente faccia tutto tramite smartphone». 
Cosa vi aspettate da questa stagione che si preannuncia come dire particolare e inedita? 
«Sarà una stagione sicuramente anomala, ma noi pensiamo che possa essere un’opportunità per puntare ancora di più sulla qualità e servizi al cliente. Sicuramente si starà tutti più comodi, più larghi e più coccolati, noi abbiamo la grande fortuna di avere spazi esterni molto grandi. Il nostro approccio a questa pandemia è stato propositivo e positivo fin da subito, siamo stati tra i primi a metterci la faccia e a riorganizzarci per la riapertura. Non si può pensare di stare chiusi dopo due mesi e mezzo di lockdown. La Romagna deve fare da traino per tutto il settore della ristorazione e del turismo per ripartire, siamo bravi in questo e abbiamo tutti i mezzi per farlo».  
Affacciati sull’Adriatico, scrigno di biodiversità ittica, quali piatti proponete legati al territorio e qual è la filosofia? 
«La nostra filosofia è sempre stata quella di utilizzare prodotti pescati del nostro mare Adriatico tramite i mercati ittici di Cesenatico, Porto Garibaldi e Goro, per questo motivo in carta non manca mai il fritto misto dell’Adriatico, piuttosto che lo spaghetto alle vongole».  
Quali proposte culinarie nuove avete in carta per questa estate 2020? 
«Quest’anno cerchiamo di dare più attenzione alla lavorazione del prodotto per poterlo far durare più nel tempo, per intenderci, ad esempio, utilizziamo il metodo di fermentazione in diversi piatti, in questo modo i sapori si evolvono e migliorano nel tempo. Ad esempio facciamo un Kimchi di cavolo cinese che al momento ha circa 2 mesi ed è al massimo della sua maturazione. Utilizziamo molto fiori eduli della pineta dietro ai nostri lidi, come fiori di acacia, sambuco, ginestra».
Tra contaminazione, innovazione e tradizione quale di queste caratterizza di più la vostra proposta? 
«In questo momento, la cucina dello chef Riccardo Cevenini è influenzata dai suoi ultimi viaggi fatti nel sud est Asiatico, quindi direi che la contaminazione guardando la tradizione è protagonista nel nostro menu». 
C’è o ci sono piatti che servite e che più di altri hanno un rapporto intimo, sentimentale, personale con la vostra storia?  
«Essendo un ristorante sul mare, ci sono piatti che sono un must da sempre, proprio perché legati al territorio, come la cozza di Marina di Ravenna, i risotti a base di pesce, la pasta fatta in casa con le vongole, il fritto misto o il tonnetto alletterato». 
Da sempre siete attenti anche all’aspetto fisico della location nella quale operate, per quest’anno avete qualcosa di particolare in cantiere? 
«Dal 18 giugno abbiamo una novità, inaugurerà il nostro Bistrot Salicornia all’interno del nostro giardino, una proposta più easy per un pubblico giovane che vuole stuzzicare prodotti di qualità ma non cenare, abbinato ai cocktail di un barman professionista». 
La Romagna adriatica può continuare ad avere l’appeal di un tempo passato? Cosa manca e quali suggerimenti possono arrivare da chi vi opera con amore e dedizione per il proprio lavoro e per la propria terra? 
«I tempi sono cambiati le esigenze dei clienti anche, non siamo più negli anni ’70 e ‘80 quando bastava l’accoglienza e la disponibilità, oggi bisogna puntare sulla qualità, la professionalità e servizi innovativi,  se vogliamo competere con realtà come la Spagna, Croazia piuttosto che Portogallo, destinazioni che hanno fatto passi da gigante in questo senso, dobbiamo crescere ed essere più attenti al prodotto e alla proposta, per fare questo bisogna tornare a studiare facendo corsi di formazione e viaggiando per andare a vedere e imparare dai nostri competitor».  
Il vostro rapporto tra cibo e vino come si sostanzializza nella proposta in carta, quanta Romagna c’è?
«In carta abbiamo un po’ tutta Italia e puntiamo molto sui bianchi, la Romagna è presente con alcune cantine con cui abbiamo un rapporto diretto e di amicizia, come Tre Monti, Villa Papiano e Leone Conti». 
Da quanti anni è iniziato il nuovo corso del ristorante e in che cosa si concretizza? 
«Il restyling è cominciato nel 2016, dal vecchio Bagno Granchio, che avevamo acquistato nel 2008. L’intenzione era quella di creare un posto ‘che mancava’ qui nei lidi nord, puntando su un target di medio-alto livello e ci siamo appoggiati alla creatività dello studio Bartoletti-Cicognani di Faenza che hanno centrato in pieno quello che avevamo in testa». 
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