Fabrizia Montanari - Isabella e Federica Saloni, 49 e 46 anni, le sorelle «meccaniche» di Faenza. Uniche donne a gestire da sole un negozio di biciclette in città, in Corso Matteotti 6/a, le riparano e le vendono (proprio come babbo Pasquale negli anni sessanta) dal 1998. Entrambe ragioniere, con la passione per l’arte e il cinema Isabella, gli animali e la campagna Federica, ci raccontano la loro passione per le due ruote.
Ma le persone si fidano di due donne «meccaniche»?
«Si, oggi si - esordisce Federica - all’inizio è stata dura però, ma non perché sono una donna, piuttosto perché molti clienti parlavano solo in dialetto e io non lo capivo, così mio babbo traduceva in italiano. Io ho sempre amato il lavoro in officina e così, dopo la maturità, nonostante la mia buona riuscita negli studi, decisi di passarvi qualche tempo per fare ulteriore pratica meccanica ma da allora non me ne sono più andata».
Lo stesso per lei Isabella ?
«No, no, io dopo la maturità ho fatto l’impiegata e solo a 29 anni, per i casi della vita, ho iniziato il lavoro in officina ma, a differenza di Federica, non mi appassiona la meccanica, preferisco l’attività di vendita, e… fare le vetrine, è più creativo».
Saloni Cicli esiste dal 1964: Isabella, ci racconta gli esordi?
«Quando nostro padre aprì, nel 1964 in via Marescalchi n. 9, il negozio era molto pittoresco, vi si trovavano anche “cineserie”, musicassette e oggetti vari. Nel 1976 ci fu il trasferimento in corso Matteotti e io e Federica, bambine, le sere d’estate trafficavamo tra selle, pedali, telai e copertoni. Da studentesse, le vacanze estive erano occasione… di lavoro; nostro padre era un uomo all’antica e dopo i compiti mica potevamo stare senza far nulla!».
Da allora, Federica, cos’è cambiato?
«Molto, sia noi sia il lavoro. La famiglia, io ho tre figli, Isabella uno, che hanno tutti altri interessi, ci ha portato a ridurre la nostra presenza in negozio da un lato, dall’altro l’avvento della grande distribuzione e di un sistema di produzione industriale usa e getta ha fortemente penalizzato attività come la nostra. Abbiamo registrato un calo di vendite di nuove biciclette di circa il 40% negli ultimi anni, ma anche dal lato ricambi la situazione non è a nostro favore; gli originali costano e se il mezzo vale poche decine di euro è paradossale montarvi un pezzo che, da solo, vale quasi più dell’intera bicicletta! Oggi riusciamo a malapena a ricavare lo stipendio mio e di Isabella, ma il lavoro continua a piacermi, soprattutto per il rapporto con alcuni clienti che ci mostrano riconoscenza ed amicizia e si fermano volentieri a fare due chiacchiere o a ricordare emozionati la loro prima bicicletta acquistata da noi. Questo ci fa sentire parte viva della città, al punto che, se in futuro dovessimo chiudere, ci sembrerebbe di perdere un pezzo di storia di Faenza, a partire dagli arredi d’epoca di questo negozio, che hanno per noi grande valore affettivo».