Importante scoperta speleologica di Andrea Benassi nella valle del Sillaro, grotte e fenomeni pseudocarsici nei calanchi

Andrea Benassi - Quando nelle nostre zone parliamo di grotte è quasi scontato associarle alle formazioni gessose: grotte e gesso in Emilia Romagna sono quasi sinonimo. Questo perché nella nostra regione il gesso è praticamente l’unica roccia carsificabile e la maggior parte delle grotte nel mondo si sviluppano in rocce carsificabili come calcare, marmo o appunto formazioni evaporitiche quali il gesso. In queste rocce, i vuoti si creano principalmente grazie all’azione chimica esercita dall’acqua, che lentamente dissolve la roccia e la modella appunto con morfologie carsiche epigee e ipogee. Si definiscono però grotte, non solo quelle originate dal processo carsico, bensì qualsiasi vuoto di origine naturale abbastanza grande da essere umanamente percorso. In questa prospettiva i meccanismi speleogenetici capaci di creare grotte si moltiplicano: esistono grotte per esempio nelle rocce vulcaniche, nelle quarziti e persino nelle formazioni argillose. Le argille, sono praticamente impermeabili eppure anche al loro interno è possibile immaginare la presenza di vuoti e grotte. Non essendo rocce carsificabili, le grotte che vi si sviluppano sono definite pseudocarsiche, proprio per sottolineare la differenza dei processi in atto, ma restano grotte a tutti gli effetti. Più precisamente vengono definite grotte di soffusione o anche piping caves: grotte di condotto o tubazione. Le piping caves, sono un tipo di grotte decisamente raro nel mondo: stando alle bibliografie più aggiornate, le più lunghe si trovano tra Argentina, Stati Uniti e Israele: in quelle vaste zone argillose e calanchive che vengono definite «Badlands». Per diversi motivi, questo tipo di grotta raramente ha grande sviluppo e le più lunghe attualmente note a livello mondiale raggiungono appena i due chilometri. La più lunga esistente oggi sull’intero continente Europeo sembra essere in Romania e avere uno sviluppo di circa 30 metri, mentre a oggi non ne risultava esistere nessuna in Italia. Nasce in questa prospettiva, l’idea di cercare e documentare questo tipo di fenomeni proprio tra i molti calanchi della regione: da quelli nelle argille azzurre plioceniche, fino alla vasta zona di argille scagliose presenti in molte parti dell’Appennino. Proprio nei calanchi di Casalfiumanese, nel 1914 il geografo Gianluca Azzi, documentava l’esistenza di una caverna nelle argille. Purtroppo di questa grotta, che misurava circa 16 metri di sviluppo, ci resta solo il rilievo e una fotografia. I tanti lavori di bonifica che hanno interessato tutte i calanchi delle argille azzurre, hanno cancellato totalmente questo fenomeno di cui oggi non resta traccia. Nel 1958 un altro articolo segnala anche l’esistenza di una grotta simile nel modenese, lunga circa 17 metri, ma anch’essa oggi non più esistente. I calanchi sono però un paesaggio in continua evoluzione: percorrendo ed esplorando creste e anfiteatri tra Riolo Terme e Brisighella, sono molte le tracce che tradiscono l’esistenza oggi di fenomeni psedocarsici. Piccoli ingressi, tracce di condotte, collassi, si trovano ovunque a saperli osservare. Si tratta di quello che è definito come micro-piping, ovvero un vero e proprio reticolo di piccoli vuoti pseudocarsici che spesso scorrono epidermici sotto il fondo dei calanchi guidandone anche l’evoluzione morfologica. I meccanismi attraverso cui si formano, non sono per niente banali, mettendo in campo per esempio la variazione di volume delle argille a seconda del grado di umidità. Attraverso le crepe e fratture che si formano in estate, l’acqua riesce a penetrare all’interno creando vuoti e piccoli reticoli. Un paesaggio che evolve quindi in modo molto più complesso di quanto possa apparire. Nella maggior parte dei casi si tratta di vuoti di piccole dimensioni e non transitabili, ma per fortuna esistono eccezioni. A volte pochi metri di condotta e cunicoli, ma che spesso danno accesso a spettacoli tanto belli quanto inconsueti. Disciolti nelle argille sono presenti molti minerali, che in determinate condizioni di temperatura e umidità possono risalire per capillarità formando depositi e minerali secondari. In questa prospettiva questa piccole grotte diventano luoghi minerogenetici: spazi dove possiamo assistere alla formazione per esempio di bellissimi ciuffi di diafani cristalli di mirabilite (solfato decaidrato di sodio). Minerali secondari rari e stagionali: definiti metastabili, perché destinati a fiorire e poi scomparire appena mutano le condizioni di umidità e temperatura. La scoperta più interessante è però avvenuta nella valle del Sillaro. Siamo nelle argille scagliose, in quell’infinito oceano di rocce caotiche noto anche come unità ligure. Un mondo minerale caotico in parte antichissimo e che oggi si presenta anche sotto forma di bellissimi labirinti di creste, guglie e vallecole. Qui ho documentato l’esistenza di una grotta di grandi dimensioni e circa 40 metri di sviluppo orizzontale. Un traforo che si snoda sotto uno delle infinite incisioni dei calanchi e che sta evolvendo in relazione con l’erosione superficiale del calanco. Allo stato attuale, nonostante il suo limitato sviluppo, questa è oggi l’unica piping cave esistente nella Regione, l’unica esistente oggi a livello nazionale, nonché una delle poche attualmente note a livello Europeo. Una rarità che ne fa un potenziale geosito e che ci spinge a osservare in modo nuovo il complesso patrimonio geologico rappresentato dai calanchi. Ovviamente se ce n’è una ce ne possono essere altre, magari perché no anche più grandi. L’Oceano delle Badlands è vasto e anche in questo caso non resta di dire che la ricerca è appena iniziata.
*Speleologo membro del direttivo della Società Speleologica italiana