Il responsabile del Cefal di Lugo: "Manca il contatto umano"

Romagna | 07 Maggio 2020 Cronaca
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«Con lo smart working si può progettare, monitorare, valutare, pianificare. Con il telefono possiamo tenere tutti i contatti che vogliamo. Ma se questa situazione si dovesse protrarre, ci potrebbero essere problemi seri: il contatto umano e la relazione fisica, nel nostro lavoro, sono fondamentali. E sono gli aspetti che mancano di più». Fabio Federici è il responsabile della sede di Villa San Martino del Cefal, che in provincia di Ravenna gestisce corsi di formazione professionale, accoglienza dei richiedenti asilo e un laboratorio socio-occupazionale che ospita persone con disabilità: «La parte più preoccupante, al momento, riguarda proprio questi ultimi. Quattro di loro continuano a essere ospitati in un nostro appartamento del progetto “Dopo di noi”, servizio che continua a funzionare a organico ridotto. Ma gli altri sono rimasti con le famiglie, spesso con genitori anziani. I quattro che continuano con le attività ora riescono a mantenere il distanziamento previsto, cosa che sarà difficile a pieno regime. Non solo: chi ha problemi di una certa gravità fa fatica a indossare la mascherina». Qualche criticità c’è anche sul fronte scolastico: «Mentre abbiamo dovuto interrompere i corsi professionalizzanti per le persone segnalate dai servizi sociali, la formazione per i giovani tra i 15 e 18 anni continua online, con tutti i limiti del caso: basti pensare alle lezioni del corso per operatore della ristorazione, che ben poco si prestano alla modalità video. Resta importante il fatto di esserci, molti dei ragazzi vivono situazioni di disagio e solitudine e far sentire loro un po’ di vicinanza, anche se da lontano, può essere la chiave di volta in un momento in cui persino i tirocini che erano appena partiti o erano in procinto di partire si sono bloccati». Quanto ai richiedenti asilo, 175 persone disseminate in quattordici case nei territori di Faenza e della Bassa Romagna, le cose stanno andando meglio del previsto: «Con loro ci siamo attivati prima della stretta imposta dal Governo. Già a febbraio, infatti, una collega di Piacenza aveva avuto contatti con una persona positiva al Coronavirus, cosa che ha fatto scattare l’allarme. A quel punto gli operatori sono stati immediatamente dotati di guanti, mascherine e gel sanificanti, mentre il vademecum della Regione è stato tradotto in più lingue e mandato via WhatsApp ai nostri utenti. Abbiamo registrato, davvero, un comportamento esemplare, predisponendo al contempo tre stanze per eventuali isolamenti, di cui per fortuna non c’è stata necessità. Chiaramente si sono fermate le udienze in commissione territoriale, così come quelle per i ricorsi e le pratiche per il rinnovo dei permessi di soggiorno, slittate a giugno. Ma i nostri migranti hanno capito l’eccezionalità della situazione, a tal punto che a Barbiano e in via Manfredi a Lugo sono state organizzate, spontaneamente, due raccolte fondi che hanno permesso di raccogliere, in tutto, 800 euro per l’ospedale “Umberto I”. Chissà, forse con il fatto che in Africa le epidemie sono più diffuse, c’è stata paura e si è attivato un senso forte di responsabilità». (s.manz.)
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