Il primario di Psichiatria a Ravenna: «Meno ricoveri ma le sfide del Covid sono ancora molte»
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Silvia Manzani
«Ci potevamo aspettare un aumento dei ricoveri. Invece, in linea con le tendenze nazionali, abbiamo avuto una occupazione dei posti letto al 60/70%». Roberto Zanfini è il primario del reparto di Psichiatria dell’ospedale di Ravenna, che dispone di venti posti letto per i pazienti dell’intera provincia. Durante i mesi scorsi, le sfide da affrontare sono state diverse, anche se non necessariamente numeriche: «Una di queste, è stata continuare a rispettare la dignità e i diritti delle persone ricoverate senza fare ricorso alla sedazione farmacologica o alla contenzione meccanica come consigliato in altri contesti nazionali. Come si poteva fare nel caso delle persone ricoverate in modo obbligatorio (in genere sono il 10% del totale)? Chi giungeva in reparto in modo obbligatorio veniva ricoverato senza essersi sottoposto a tampone. Come si poteva gestire il fatto che i degenti non potevano avere una comunicazione diretta con i familiari o le persone di riferimento? Idem, come si poteva mantenere un adeguato il livello di sicurezza in un contesto nel quale alle persone con disturbi del comportamento non è sufficiente dire di indossare la mascherina per fare in modo che lo facciano?». Insomma, un equilibrio difficile: «Non sono mancate le criticità, come quando ci sono stati due ricoverati positivi o quando non potevamo verificare, a causa delle restrizioni del lockdown, che un contesto familiare fosse pronto a riaccogliere la persona in dimissione. Idem, gestire il rapporto con familiari dei degenti che non potevamo far entrare, è stato difficile». Il fatto che vi siano stati meno ricoveri - dato confermato a livello regionale - ha permesso allo staff del dottor Zanfini, paradossalmente, di concentrarsi su chi aveva necessità e criticità non altrimenti risolvibili: «Tutti gli altri hanno senza dubbio trovato, in quel momento, risorse di altro tipo, relazionali o sociali, che hanno fornito una protezione rispetto al ricovero. Anche il cambiamento organizzativo dei servizi territoriali, così come l’attivazione delle reti sociali hanno, senza dubbio, aiutato. Chiaro, adesso cominciamo a vedere bisogni nuovi: se è vero che l’aumento del malessere è evidente, però, questo non ha ancora determinato un aumento delle malattie. E in queste situazioni le risposte possono essere, in base ai bisogni delle persone, anche sociali e non necessariamente sanitarie. Discorso diverso nel caso in cui la situazione di emergenza dovesse durare ancora a lungo: in quel caso potremmo vedere emergere davvero nuovi disturbi e un loro incremento». Tra le lezioni più importanti dei mesi scorsi, per Zanfini c’è quella della resilienza: «Abbiamo imparato che anche anche le persone più fragili hanno risorse e potenzialità. Basta solo aiutarle a tirarle fuori».