Il Covid e la violenza sulle donne: «Nel Ravennate ora boom, di richieste e problemi di lavoro»

Romagna | 25 Novembre 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
È un periodo difficile per i Centri anti-violenza della provincia di Ravenna. Il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si celebra infatti in un momento nel quale tutte le conseguenze del Covid si toccano con mano. «Tutto è complicato - spiega Alessandra Bagnara, che a Ravenna presiede Linea Rosa - a partire dalle operatrici, che spesso vengono da altri comuni e per spostarsi devono avere con sé l’autocertificazione. Ma c’è anche il problema del virus: ci sono donne arrivate in accoglienza che dopo qualche giorno risultano positive e bisogna attivare le procedure per verificare che non si siano infettate anche le operatrici. Un problema che si allarga a macchia d’olio visto che alcune donne che sono nelle case rifugio vanno a lavorare, portano i bimbi a scuola ed entrano in contatto con noi che magari facciamo i colloqui, portiamo la spesa, accompagniamo i minori alle visite vigilate». Nei mesi scorsi, per gestire i vuoti lasciati dal lockdown, Linea Rosa ha acquistato computer, stampanti e tablet per consentire a bambini e ragazzi di seguire le lezioni online e alle madri di lavorare in smart-working. Ma tutto questo ha significato, per i nuclei familiari accolti, vivere un isolamento lontano da casa propria che, in situazioni limite come quelle che l’associazione gestisce, è ancora più grave: «Anche le attuali restrizioni non aiutano quelle donne che già si sentono “in galera” e vorrebbero più spazi di libertà, ora impossibili da ottenere». L’altra enorme questione riguarda il lavoro: «Trovare un’occupazione, adesso, è pressoché impossibile. Eppure il lavoro, per donne che hanno bisogno di un’autonomia a tutto tondo, è fondamentale. Alcune di loro stanno seguendo corsi di formazione per diventare operatrici socio-sanitarie, visto che in questo periodo c’è parecchia richiesta. Ma di qui a intravedere uno sbocco, ne passa». Quanto ai numeri, Linea Rosa è in linea con quelli dello scorso anno: «Siamo nell’ordine di 323 richieste di aiuto, contro le 328 dei primi dieci mesi dello scorso anno. Durante il lockdown abbiamo registrato un calo e solo qualche sporadico nuovo contatto. Dalla riapertura in poi, invece, c’è stata un’impennata».

«NOI CI SIAMO SEMPRE»
Situazione preoccupante anche a Faenza, dove Sos Donna, in controtendenza rispetto agli andamenti regionali, ha avuto una costante nelle richieste solo a marzo, durante il lockdown, per poi assistere a una diminuzione: «Nel complesso, nell’arco dei primi nove mesi del 2020, c’è stata un calo pari a dieci donne - spiega la presidente Antonella Oriani -. Il dato aggiornato al 16 novembre parla, per quest’anno, di 181 donne accolte. È difficile individuare le motivazioni: noi continuiamo a dire che i centri anti-violenza sono aperti, che si può venire anche da fuori comune e che i colloqui sono garantiti. Certo è che il lockdown di primavera, così come le altre restrizioni che sono arrivate più avanti, possono avere esarcerbato certe dinamiche di violenza domestica». Quanto alla gestione quotidiana, Sos Donna vive le principali complicazioni sul fronte del lavoro: «Abbiamo uno sportello dedicato all’orientamento e all’accompagnamento delle donne nell’ambito lavorativo ma è chiaro che il Covid ha bloccato e sta bloccando parte dei tirocini, problema non da poco». Per la quarantena delle donne ospitate in casa rifugio (con o senza figli) in cui c’erano delle positività, Sos Donna si è avvalsa in questi mesi di alcuni appartamenti mono-nucleo o delle case emergenza h24: «Per fortuna, questa parte l’abbiamo risolta così». 

«UNA NUOVA EMERGENZA»
E l’impatto del Covid, sulle donne oggetto di violenza, è stato fortissimo anche stando all’osservatorio di Giusi Dessy, presidente dell’associazione Demetra - Donne in aiuto di Lugo: «Durante il lockdown abbiamo registrato una significativa diminuzione di chiamate, per poi assistere a un’impennata di richieste di aiuto subito dopo le riaperture. Quella che abbiamo visto è stata una vera emergenza, che ci ha dimostrato come durante i mesi di isolamento molte donne abbiano vissuto una vera prigionia e siano state impossibilitate ad affrancarsi dagli uomini maltrattanti». I dati aggiornati al 15 novembre parlano di 93 donne accolte, cinque donne ospitate in casa rifugio (con quattro minori) e sette in emergenza (con quattro minori). Numeri in linea con quelli del 2019 (101 le donne accolte dal primo gennaio al 15 novembre 2019) ma significativi se si pensa che, appunto, durante il lockdown nella maggior parte dei casi le donne non contattavano il centro. Solo alla fine dell’anno, in ogni caso, sarà possibile capire l’andamento. Certo è, come spiega la presidente, che le complicazioni ci sono state eccome e su vari fronti: «Sul quello del lavoro le difficoltà non mancano e in un anno come questo, dove uno dei temi è la violenza economica, salta ancora più all’occhio l’impedimento che molte donne sperimentano nel diventare indipendenti, passo fondamentale per uscire da situazioni di maltrattamento».
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