IL CASTORO | No all’aborto in Polonia. Intervista alla blogger Kasia Nowacka

Romagna | 19 Dicembre 2020 Blog Settesere
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Bianca Sassoli De Bianchi
Sono scese per strada, in tante, per difendere i loro diritti. Era l’Ogòlnoposki strajk kobiet, lo sciopero nazionale delle donne polacche, di fronte alla proposta di legge dello scorso 22 ottobre, che vieta l’aborto in caso di malformazione del feto. Per le strade di Varsavia, fuori dal tribunale della Corte costituzionale, erano migliaia e migliaia gli slogan gridati sotto le mascherine anti covid o scritti in cartelli fai da te: «My body my choice», «kto sieje wiatr, zbiera burzę» (chi semina vento miete tempesta), «God is not here, we have Godek» in riferimento all’attivista pro-vita vicino all’estrema destra Kaja Godek.
Nonostante sia stato uno dei primi paesi a legalizzare l’aborto, approvato dall’Unione Sovietica nel 1920, la Polonia consente questa pratica in soli tre casi: quando la gravidanza mette a rischio la salute della madre, quando è risultato di stupro o atto illegale e quando il feto presenta problemi congeniti. Quest’ultimo caso rappresenta il 98% degli aborti totali in Polonia, ma la nuova legge vorrebbe eliminarne la possibilità, azzerandoli.
La repubblica affacciata sul Baltico è l’unico stato Ue a essere passato dal pro-choice al proibizionismo. Infatti, negli anni ‘60, le disposizioni di legge in materia di interruzione della gravidanza erano tra le più liberali del tempo. Dopo il 1978, in corrispondenza dell’inizio del pontificato di Karol Wojtyła, la Chiesa nazionale ha iniziato a esercitare una forte influenza sulla società e sono state introdotte sempre più restrizioni, a partire dal diritto all’obiezione di coscienza da parte del personale medico dal 1990, fino alle proposte di legge di questo 22 ottobre. Il 30 dello stesso mese, il presidente Andrzej Duda, sollecitato dai richiami ufficiali dell’Europa e dalle proteste della piazza, ha presentato un nuovo disegno di legge, secondo il quale sarebbe possibile abortire solamente nel caso in cui il feto nascesse morto, o presentasse malformazioni immediatamente letali. Questo compromesso non è stato accettato dalle donne in Polonia, che hanno dato inizio a una serie di manifestazioni di protesta in oltre 150 città. Tre i luoghi scelti per gridare la propria contrarietà contro il governo: il parlamento, il tribunale costituzionale e la casa di Jaroslaw Kaczynski, leader del partito al potere Legge e Giustizia, promotore della discussa proposta di legge.
I manifestanti hanno richiesto all’Unione europea di interrompere i finanziamenti verso tutti i paesi che violano i diritti umani, accusando così implicitamente la Polonia e una condanna netta alle misure adottate dal primo ministro polacco è stata chiesta anche al governo italiano. In seguito alle manifestazioni di protesta, Varsavia ha interrotto l’iter per la pubblicazione della sentenza in gazzetta ufficiale, nonostante l’avesse annunciata per il 2 novembre. La redazione del Castoro ha affrontato l’argomento intervistando la blogger Kasia Nowacka, madre di uno studente del liceo, che si è trasferita in Italia dalla Polonia nel 2013.
Ha seguito le vicende relative alla possibile abolizione dell’aborto?
«Sì, la questione mi sta molto a cuore. Non ho mai dovuto affrontare una situazione simile in prima persona, ma poiché faccio parte della generazione che ha vissuto un periodo di comunismo molto duro, senza libertà, vedere il mio paese che dopo trent’anni, uscito dalla crisi, ritorna al medioevo, mi fa piangere il cuore. Se, con i test prenatali, scopro che il feto che porto in grembo è malato e non ho la possibilità di abortire, io divento una bara. Il governo, in più, non si fa carico delle spese che comporta la crescita di un bambino gravemente malato, questa si chiama ipocrisia. È brutto da dire, ma quando ho sentito la nuova proposta, mi sono vergognata di essere polacca».
Condivide le manifestazioni che stanno avendo luogo in molte città della Polonia?
 «Sì, perché limitare la libertà è la cosa più brutta che un governo possa fare, per cui anche se adesso sono qui condivido pienamente lo sciopero delle donne. Non si tratta di essere pro o contro l’aborto, si tratta di lasciare alle donne la libertà di scelta che spetta loro, quindi spero vivamente che riescano a raggiungere i propri obiettivi».
Cosa pensa dell’influenza della Chiesa sul governo?
«La Chiesa purtroppo si intromette molto nel governo del paese e ciò fa veramente paura. Non siamo tutti costretti a credere nella religione e questa non può permettersi di imporre determinate scelte a noi donne».
Come crede che si evolverà la legge sull’aborto?
«Il partito Diritto e giustizia (PiS) non è aperto a compromessi e sono convinta che farà di tutto per portare la legge a negare totalmente l’interruzione della gravidanza in Polonia, con conseguente aumento delle pratiche illegali, pericolosissime, mentre chi ne avrà la possibilità andrà in Germania o in Repubblica Ceca».
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