IL CASTORO | Le sale faentine tra la concorrenza in streaming e la crisi da Covid
Anna Balducci
Degli schermi piccoli, i grandi schermi non ne vogliono sapere. I cinema faentini, attenendosi alle indicazioni dei dpcm per il contenimento del coronavirus, hanno sospeso la loro attività a fine febbraio e, dopo una stringata stagione estiva, hanno chiuso ancora a fine ottobre. Si sono rifiutati, nel frattempo, di provare a fare entrare una sala cinematografica dentro un cinque pollici. Sarebbe stato un goffo tentativo.
«Abbiamo fatto una prova blanda soltanto a maggio, ma ci siamo resi conto che proporre proiezioni online, assecondando l’uso di piattaforme digitali per continuare la nostra attività, è un paradosso» spiega Alberto Beltrani, gestore dell’Italia e del Sarti. «Quelle stesse piattaforme digitali sono e saranno il nostro più pericoloso concorrente. Non possiamo snaturare il cinema in sala fino a quel punto. E soprattutto, non vogliamo». Sarà resistenza?
Se il Cinemaincentro si trova in una delicata situazione economica, perché il bonus che ha ricevuto non copre tutto il regolare bilancio di spese e incassi, il Cinema Europa, essendo una sala parrocchiale, che non paga affitto e conta sui volontari, risente sicuramente meno del danno materiale. Ma don Marco Ferrini, parroco di Sant’Antonino e gestore della sala, percepisce la perdita soprattutto a livello umano. «Oltre alle dimensioni dei film che conosciamo (2d, 3d, oggi, in certi cinema, anche 5D) bisogna ricordare che c’è sempre un’altra d: quella della socialità. Qui sono molti i clienti abituali e, ultimamente, alcune nostre iniziative hanno attirato persone nuove di tutte le età, che spesso arrivano prima della proiezione per parlare del più e del meno e restano, dopo, per confrontarsi su ciò che hanno visto. È bello che il cinema sia anche un luogo di conoscenza, stimolo e dibattito. Per questo ci siamo sempre impegnati a proporre incontri con giornalisti e registi che, a volte, presentano e parlano del loro primo film. Crediamo sia importante riflettere su ciò che si guarda e il modo migliore per farlo è insieme».
Il rischio in questo momento storico, nel quale stiamo gettando le basi della futura ‘nuova normalità’, è che la comodità del divano diventi l’abitudine e si dimentichi l’importanza di quel quid sociale. Non solo da parte delle persone, ma anche dell’industria.
Beltrani mette in luce che «fino ad oggi la catena cinematografica era formata da diverse tappe: dal produttore del film al distributore, cioè le sale cinematografiche, per poi arrivare a Netflix e infine ai siti internet. Erano il successo o l’insuccesso in sala che determinavano le sorti di un film e la sua successiva divulgazione. Con l’emergenza del coronavirus è nato un nuovo modo di concepire il cinema, che salta a piedi pari le tappe centrali, passando direttamente dalla casa produttrice alle piattaforme digitali». Quindi, alla fine ‘o al nuovo inizio’ ci saranno due grandi problematiche da affrontare. «In primis, bisognerà affrontare il cambiamento del settore cinematografico. Sarà difficile farlo tornare alla sua natura di percorso a più tappe, che comprende anche e soprattutto noi e non si concentra sulla quantità ma sulla qualità. Poi sarà necessario incoraggiare il pubblico, che nel frattempo si è abituato alla poltrona di casa, a tornare nelle sale». La pensa diversamente Andrea Malucelli, presidente dell’associazione nazionale esercenti cinema dell’Emilia Romagna e amministratore delegato di Cinecity, la società che gestisce anche il Cinedream. Per il responsabile del multiplex faentino, le piattaforme digitali non sono antagoniste delle sale cinematografiche ma loro alleate, in questo periodo difficile. «Chi guarda Netflix è comunque un appassionato di cinema» afferma «queste piattaforme alternative sono utili a tenere vivo l’interesse e l’amore per i film, nella consapevolezza che l’emozione, in sala, è amplificata e nella speranza di tornarci presto».
Andare al cinema è un atto di cittadinanza e anche di romanticismo. Il cinema in sala non è passato, ma è presente e resiste, seppure con le porte chiuse, seppure l’arte, la cultura stiano finendo nel dimenticatoio perché i media, oggi, parlano di altro. Aspettiamo con sana nostalgia il tempo in cui metteremo il giubbotto, acquisteremo i biglietti dei nostri film preferiti e torneremo a tuffare le mani in due nella stessa ciotola di popcorn.