Arrivati a fine maggio è ormai finita - per fortuna - la fase dei commenti più simpatici: «Cosa avete da lamentare, quando potete seguire le lezioni a letto? È il sogno di ogni studente, state bene voi».
No, non stiamo bene noi. Non sta bene nessuno: sarcasmo a parte, di buonumore, di fiducia, di ottimismo in giro, prima del 18 maggio, ce n’era davvero poco e ancora oggi la società fatica a ripartire. L’emergenza dell’epidemia ha chiesto a tutti di reagire con responsabilità e serietà. Le nostre quattro mura, in molti casi, si sono rivelate pentole a pressione. Ogni singolo cittadino ha il suo fardello da portare e per alcuni il fardello è più pesante.
La didattica a distanza non è il sogno di ogni studente. Non è quello del maturando, disorientato dalla prospettiva di un esame che fino a poco tempo fa, a un mese dalla prova, aveva tutte le sembianze della morte: si era certi che sarebbe avvenuto, ma nessuno sapeva come. Non è il sogno del ragazzo e del bambino, che concludono le medie e le elementari senza ricevere una pacca sulla spalla dalle maestre e salutare i compagni che prenderanno strade diverse. Non è neanche il sogno dello studente che segue le lezioni in cucina o in bagno, perché nelle altre stanze lavorano i familiari. La didattica a distanza ha messo in risalto quegli ostacoli all’uguaglianza effettiva che lo Stato, con l’articolo 3 della Costituzione, si propone di rimuovere. E ha confermato quello che diceva Calamandrei, cioè che la Costituzione è soltanto in parte una realtà; in parte è ancora un ideale, un impegno, un lavoro da compiere. La scuola è il nostro banco, prova tangibile del nostro posto e della nostra appartenenza a un gruppo, è il vicino di banco, è la figura del professore, è la classe come nucleo sociale, è un luogo di crescita, perché sta fuori dalla nostra comfort zone. Non è e non dovrebbe essere un luogo dove dei vasi vuoti vengono riempiti di nozioni. La scuola è un concetto molto più esteso di ciò che offre la DaD, soluzione accettabile soltanto come extrema ratio temporanea. Occorre progettare -fin da ora - una ripartenza in equilibrio tra diritto alla salute e diritto all’istruzione. (Anna Balducci)