IL CASTORO | Galielo Chini, poliedrico ed esotico, tra Liberty e Decò

Romagna | 25 Marzo 2023 Blog Settesere
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Edoardo Dall’Agata
Resterà aperta ancora due mesi la mostra su Galileo Chini, inaugurata il 26 novembre al Museo Internazionale delle Ceramiche di faenza. C’è tempo esattamente fino al 14 maggio per non perdere l’occasione di vedere esposte le opere di un importante artista fiorentino, aderente allo stile Liberty e poi al Déco.
Al Mic si possono ammirare più di duecento opere e per la prima volta la maggior parte di queste sono ceramiche: Chini è infatti stato anche decoratore, pittore, restauratore e da sempre l’attenzione dei musei è stata rivolta maggiormente alla sua produzione pittorica. Centralità alla ceramica si è detto, ma non mancano disegni preparatori e bozzetti, che aiutano a comprendere e ad apprezzare appieno le ceramiche e, più in generale, il suo percorso creativo. Le opere scelte provengono da collezioni private e da quella del museo faentino, a cui Chini donò numerose opere prima della Seconda guerra mondiale, alcune delle quali purtroppo andarono distrutte. Nelle teche hanno trovato posto alcuni pezzi inediti e il museo ha scelto volutamente quelli che fino ad ora sono stati meno visti.
A detta della direttrice Claudia Casali finora si è registrata un’ottima affluenza, sia da parte del pubblico adulto che delle scolaresche, per le quali è stato organizzato un interessante laboratorio creativo di 2 ore, che, al costo di 6 euro, prevede una breve visita nelle sale e un laboratorio di ceramica, che termina con la cottura del proprio manufatto in stile chiniano.
La mostra segue l’arte di Chini sia nella sua evoluzione diacronica che in quella stilistica. Egli seppe sempre come inserirsi nelle mode del tempo senza cristallizzare la sua arte, evolvendosi parallelamente allo sviluppo di nuove correnti e soprattutto partecipando a numerose esposizioni internazionali, per cogliere al meglio i gusti dei potenziali acquirenti.
La mostra si divide tra Stile Liberty e Gusto Déco. Quest’ultimo trova il suo apice nelle Terme di Salsomaggiore, dove la decorazione chiniana diventa un’architettura unica al mondo. La descrive così Rossana Bossaglia: «Una sorta di incrocio fra un edificio alberghiero Belle Epoque, il palazzo di un sultano e un mausoleo tardo classico; eppure è improprio definirlo eclettico: non ha nulla del pastiche, [..] vi si potrebbe ambientare l’Aida, come l’Atlantide di Benoit... purché – attenzione - non si pretenda la ricostruzione storica, ma si interpreti ogni rivisitazione, ogni esotismo con la gelida asetticità del disincantato gusto del dopoguerra».
L’edificio deve senz’altro molto al viaggio di Chini a Bangkok, capitale della Thailandia, quando ancora si chiamava Siam, dove fu assunto dal re per decorare il Palazzo del trono Ananta Samakhom. A Salsomaggiore, un secolo fa, nel 1923, vennero inaugurate le monumentali Terme Berzieri, lussuoso tempio termale, voluto e finanziato dallo Stato per accogliere una clientela più esigente ed elitaria. La ricorrenza si sposa perfettamente con i 150 anni dalla nascita di Chini, per festeggiare in grande con una mostra che aprirà a maggio, proprio quando terminerà l’esposizione del Mic, da cui riceverà il testimone, consentendoci così di continuare a godere dell’arte chiniana.
Senza dubbio Chini ha svecchiato il linguaggio artistico dei suoi anni, rinnovando la ceramica che al tempo tendeva a ripetere stilemi antichi e antiquati. Seguendo una sua personale concezione dell’arte ha aperto la strada verso una ceramica nuova ed esotica. La sua eredità è dunque anche un invito per gli artisti a non ritenersi mai arrivati, rinnovando continuamente il proprio gusto, anche nel momento in cui si cavalca l’apice del successo.
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