IL CASTORO | Alina Rybakova e il suo semplice racconto di vita quotidiana, sconvolta

Romagna | 27 Maggio 2022 Blog Settesere
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Irene Roncasaglia
Lo scorso 24 febbraio è cambiata la vita di tutti noi. L’inaspettata invasione russa dell’Ucraina ci ha sconvolto, improvvisamente ci siamo resi conto che la guerra era dietro casa. La redazione de Il Castoro ha cercato di avvicinarsi alla realtà ucraina tramite le parole di una volontaria di 23 anni, Alina Rybakova, che si è immediatamente attivata, insieme a un gruppo di giovani, per sostenere i soldati e i cittadini del suo paese.
In che zona dell’Ucraina vivi?
«Vengo dalla città più bella del mondo, secondo me ovviamente. Si trova sulla costa del Mar Nero e si chiama Odesa. Pronuncio volutamente la parola con una sola s perché Odesa è una città ucraina, in russo si scrive con una doppia s. Non ci prestavo attenzione prima, ma per me ora è una distinzione importante. La situazione è cambiata quando la Federazione russa ha dichiarato guerra alla mia patria. Un’esplosione mi ha svegliata, si trattava della rumorosa contraerea in azione dalle parti dell’aeroporto, a 4 chilometri da casa mia. Ho preparato in fretta uno zaino con documenti e soldi e mi sono subito diretta verso la casa dei miei genitori, perché non volevo restare sola».
Com’è cambiata la vita nella tua città?
«Ciò che ci ha sorpreso positivamente è stata la forte unione subito dimostrata dal popolo ucraino. In un giorno, tutta la popolazione, sia delle zone orientali che occidentali, si è unita per un obiettivo comune e questa reazione non era stata sicuramente prevista dal governo russo. Quando i miei amici europei mi chiedono come sto, rispondo che sto relativamente bene ma la routine quotidiana non tornerà nella mia vita per un po’. Dall’inizio della guerra non riesco a dormire più di 2 ore senza preoccuparmi, anche se di notte non ci sono raid. Solitamente fanno incursioni aeree da 3 a 5 volte al giorno, che durano da pochi minuti a qualche ora. Mi sento continuamente terrorizzata, anche solo se qualcuno sbatte la porta o se un’auto passa troppo rumorosamente».
Cosa fai durante la giornata?
«Dopo tre mesi di guerra la mia giornata è in parte occupata dal lavoro, insegno a scuola, e in parte mi dedico al volontariato. Dalle 8 alle 14 ho lezioni online, insegno le lingue straniere ai bambini, dopodiché lavoro come volontaria fino alle 20. Non è consentito uscire dopo le 21, a causa del coprifuoco, quindi resto a casa a leggere le notizie. È emotivamente difficile reggere in questo contesto: ogni giorno ci sono nuove vittime civili, compresi i bambini, vedo quotidianamente il dolore e la paura nei loro occhi. Qualche settimana fa ho aiutato una famiglia, proveniente da un villaggio controllato dai russi, a trasferirsi nella mia città. C’era anche una bimba di nove anni, era terrorizzata e mi chiedeva continuamente se i soldati che incontravamo lungo il tragitto fossero russi o ucraini. Ho cercato di tranquillizzarla, per quanto potessi».
Come si presenta la situazione attualmente?
«Le nostre città vengono distrutte e i cittadini non possono evacuare dalle zone di crisi, perché le vie di fuga sono bombardate. A inizio aprile Odesa era abbastanza tranquilla rispetto all’Ucraina orientale, il fronte si trovava a circa 100-150 km. Ora lo scenario è in continua evoluzione. Durante le feste di Pasqua, periodo da noi considerato sacro, il bombardamento di 3 edifici cittadini ha causato 8 vittime civili, tra cui una bimba di tre mesi, sua mamma e sua nonna. Mandiamo aiuti verso Mykolaiv e Kherson, dove la situazione adesso è complicata. Cerchiamo anche di continuare la vita normale e di sostenere il più possibile l’economia interna. Abbiamo tutto ciò di cui necessitiamo, anche se i prodotti alimentari e per l’igiene stanno diventando ogni giorno più costosi».
Come funziona l’organizzazione di cui fai parte?
«Faccio parte del team Palianytsia volontari, un’associazione che abbiamo formato io e una ventina di amici il secondo giorno di guerra, per renderci operativi e aiutare il più possibile. Acquistiamo tutto, dai calzini, agli spazzolini da denti, alle munizioni per il nostro esercito, riforniamo i soldati negli accampamenti militari e aiutiamo civili e rifugiati con medicine e cibo. Riceviamo regolarmente anche aiuti umanitari per i bisognosi di cui ringraziamo l’intera Europa».
Esiste un dibattito pluralista in merito alla guerra?
«In Ucraina non c’è la censura sulle informazioni di guerra, anzi accogliamo molti giornalisti internazionali, cercando di essere oggettivi e parlando di ciò che si vede realmente. In Russia, invece, ci sono restrizioni: i social media sono stati bloccati e non c’è libertà d’opinione. Nel nostro paese ognuno può sentire vari pareri nei canali tv ed esprimere liberamente la propria posizione. Ovviamente non è consentito divulgare false informazioni riguardanti la guerra. I cittadini hanno l’opportunità di conoscere i fatti grazie a una stampa pluralista, confrontando diversi giornali, le cui fonti non sono strettamente di origine ucraina, ma possono essere anche europee e pure russe. Ciascuno è libero di agire come preferisce, anche di trasferirsi in Russia. Le notizie sono fondamentali per rimanere aggiornati, so quanto siano importanti anche la risonanza sociale e l’aspetto informativo attorno alla guerra. Apprezzo molto che qualcuno possa leggere queste parole ed è incredibilmente importante per noi sapere che il mondo intero è con l’Ucraina».
Che opinione hai del presidente Zelensky e della linea che ha tenuto sinora di fronte all’invasione russa?
«Ci tengo a precisare che non sono una giornalista né una divulgatrice, ma riporto semplicemente la mia opinione personale, quella dei miei amici, parenti e volontari. Posso raccontarvi come noi, cittadini di Odesa, viviamo la guerra dall’interno. La maggior parte della popolazione appoggia le decisioni che il nostro governo sta prendendo, sia in ambito politico, sia in campo militare. Sosteniamo le scelte del presidente, perché abbiamo constatato che sono logiche e produttive. Le vecchie generazioni, nate nell’Unione Sovietica, sono le uniche che non condividono le scelte di Zelensky. Hanno nostalgia del passato, ritengono tuttora che nel precedente sistema politico ci fosse più stabilità, maggiore ordine e sicurezza. Alcuni anziani sostengono che non avremmo dovuto combattere contro la Russia in questa guerra. Ora, di fatto, il nostro esercito usa le armi per proteggere il popolo, grazie anche alle sovvenzioni ricevute dall’Europa e dagli Stati Uniti. È davvero triste il fatto che siamo nel 21° secolo, l’era della tecnologia e dell’esplorazione spaziale, ma non possiamo vivere in pace. Non avrei mai pensato di vivere una guerra al di fuori dei libri di storia. People, I wish you all peace and clear sky!».
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