Housing first, nel Ravennate una nuova opportunità di avere una casa

Romagna | 28 Settembre 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
C’è chi ha perso la casa, chi ha vissuto per strada, chi è stato per lungo periodo nei dormitori, in strutture psichiatriche o per l’emergenza. Ci sono donne, uomini, giovani o meno giovani. Sono 69 gli adulti e 20 i minori che dal 2016 al 2019 hanno potuto avere un tetto e un mazzo di chiavi, in provincia di Ravenna, grazie al progetto «Housing first» avviato sul territorio in via sperimentale dal consorzio «Il Solco» e sostenuto dalle cooperative Progetto Crescita, RicercAzione e Il Mulino. Un percorso che esce dalla logica dell’assistenzialismo puro per proporre a chi ha un disagio abitativo di raggiungere un’autonomia, di riallacciare relazioni, di attivare nuove abilità. Dopo il primissimo stanziamento voluto dal Comune di Ravenna di 50mila euro, nel 2017 il progetto ha vinto un finanziamento ministeriale di 70mila euro che ne ha consentito lo sviluppo. Successivamente è arrivata l’estensione alla Bassa Romagna e alla Romagna faentina. «Il concetto di base – spiega Dora Casalino, responsabile del progetto – è che per casa non si intende quattro mura ma un luogo dove si ricostruiscono la dignità e l’autonomia delle persone. Rientrare in uno spazio da chiamare “casa” vuol dire avere una protezione per poter affrontare il lavoro, le fatiche del quotidiano, in generale la vita». Ed è proprio su questo punto che la responsabile insiste per lanciare un appello affinché «Housing first» riceva la giusta attenzione da parte delle istituzioni e, di conseguenza, adeguate risorse: «In un momento come questo, nel quale attraverso i finanziamenti comunitari e le Regioni si può spingere sull’abitare sociale innovativo, speriamo che un progetto come questo venga compreso nel suo profondo e supportato. Proprio qualche giorno fa abbiamo saputo che a Lisbona la municipalità ha da poco rifinanziato “Housing first” con 400 nuovi alloggi. Qui sul nostro territorio andrebbe compreso che si tratta di una rivoluzione importante, l’Housing First rappresenta infatti una risposta di sistema alla grave emarginazione adulta, fenomeno in largo sviluppo, causato dalla crescente povertà. Laddove con una metodologia condivisa si lavora in rete sulle singole persone, si ha anche la concreta opportunità di ridurre la spesa pubblica». Essendo mirato alla piena autonomia dei partecipanti, «Housing First» prevede che gli operatori dell’équipe (cinque più il coordinatore) entrino negli appartamenti solo su appuntamento: «I beneficiari, inoltre, contribuiscono al mantenimento degli alloggi pagando la propria parte di costi. D’altro canto in Italia il progetto si è sviluppato con la criticità della coabitazione, non essendoci fondi dedicati alla parte di gestione immobiliare, tallone d’Achille su cui occorre individuare opportunità di miglioramento del progetto. Dei 20 appartamenti che abbiamo gestito in questi anni, solo due sono singoli. Gli altri prevedono tutti dai due ai cinque posti. L’aspetto positivo, invece, è che sia a Ravenna, che a Faenza, Lugo e Bagnacavallo, si trovano tutti in prossimità del centro, vicino ai servizi. Cosa che consente anche di evitare ulteriori ghettizzazioni». Sul totale delle persone che in questi anni hanno aderito al progetto, la metà ha avuto una stabilità abitativa di 22 mesi, mentre il 30% ha superato i due anni: «Oltre il 55% dei partecipanti paga di tasca propria i contributi che gli spettano e anche coloro che versano in stato di indigenza o hanno un reddito irregolare s’impegnano in buona parte a uscire dall’assistenzialismo al quale erano abituati. C’è chi viene aiutato tramite contributo pubblico, in certi casi anche solo in alcuni periodi dell’anno ma in generale notiamo una forte spinta a sfruttare questa opportunità di cambiamento. Non a caso chi esce dal progetto lo fa, spesso, perché ha ottenuto una casa popolare e ha, quindi, regolarizzato la propria posizione, senza contare che gli appartamenti si possono anche riscattare». Nel 2020 quattro appartamenti sono andati a riscatto proprio dai partecipanti che inizialmente non avevano reddito sufficiente per permettersi un affitto in autonomia. Per noi è un grande risultato». Vincitore del premio regionale «Innovatori responsabili» della Regione nel 2018, nel Ravennate «Housing first» ha dato una possibilità, per il 58%, a italiani, per il 5% a persone provenienti da Paesi dell’Unione europea e per il restante 35% a persone dell’extra Europa: «Non sono mancati, in questi anni, alcuni problemi, come le sette persone che non hanno inteso il senso profondo del progetto e hanno di fatto occupato gli appartamenti in maniera indebita. Sono, fortunatamente, situazioni rare che però ci creano molto dispiacere, oltre ad una grossa perdita economica che la cooperativa si è trovata a dover gestire. Il nostro obiettivo, infatti, è dare la casa, non toglierla. Ma ci sono 28 persone in lista d’attesa in provincia, è giusto lasciare spazio a chi vuole cogliere un’opportunità». Durante il lockdown, a parte un mese di sospensione dei nuovi ingressi, grazie a una procedura che prevedeva il tampone obbligatorio tutto è ripreso a pieno ritmo: «Siamo anche molto soddisfatti dell’ottima gestione dimostrata in questi mesi dai partecipanti, che hanno rispettato le regole, evitando che si sviluppassero focali di contagi».

DA REGISTA A EDUCATORE
Nella vita, Tommaso Valente, non avrebbe mai immaginato di lavorare nel sociale. Dopo anni di regia, aiuto regia e montaggio, una volta trasferitosi da Roma a Bologna ha avuto voglia di lavorare di più sui documentari, con l’obiettivo di raccontare esperienze sociali poco o per niente esplorate: «Così sono venuto a sapere di “Housing first”, che mi è sembrato subito un progetto molto potente e affascinante per la sua interdisciplinarietà, oltre che interessante perché tratta della tematica centrale di questo tempo, l’abitare». Mentre girava «The Passengers», Valente si è sentito chiedere se fosse interessato a lavorare come educatore nel progetto: «Mi hanno colto alla sprovvista, anche perché non avevo alcuna esperienza sul campo. Ma la voglia di imparare cose nuove e un pizzico di follia mi hanno spinto ad accettare. Così ho iniziato il percorso formativo, aspetto fondamentale per capire come in questo progetto ci sia davvero molta cura e nulla sia lasciato al caso». Da un paio di settimane Valente ha lasciato il lavoro sul campo per dedicarsi a pieno alla comunicazione del progetto e alle riprese dei quattro nuovi episodi che andranno, di fatto, a costruire una serie sull’Housing First che per ora ha trovato il principale canale di finanziamento nella Film Commission Emilia-Romagna: «Non ho ancora avuto tempo per la malinconia ma di certo mi mancheranno le persone con cui ho costruito legami e fiducia. Sono stati due anni e mezzo molto intensi, quelli che ho vissuto, ma soprattutto importantissimi per la mia vita. A prescindere dal mio ruolo, questo progetto è diventato un pezzo di me. Non sono una persona nuova ma senz’altro ho imparato a coltivare aspetti che prima curavo meno: so ascoltare di più, ho un atteggiamento più aperto e meno giudicante verso chi mi sta intorno e ho una percezione diretta, sulla mia sensibilità, della fragilità degli altri. In questo senso il lavoro di educatore è stato molto vicino alle mie corde emotive». Tra i momenti più significativi vissuti da Valente, la giornata conclusiva nella quale inquilini, proprietari ed équipe hanno applicato la metodologia «Lego serious play» andando a costruire con i famosi mattoncini un mondo di relazioni, condivisioni e conoscenza: «Prima erano gruppi di persone  che non dialogavano in cerchio. Un cerchio che invece siamo riusciti a chiudere. Credo di avere pianto due volte». Le housing cards scaturite dal gioco interattivo inquilini-proprietari e il documentario «The Passengers» si potranno vedere il 10 ottobre dalle 15 nella sede di CittAttiva in via Carducci, nel’ambito della «Farini Social Week».

COINQUILINI E ORA AMICI
«Mangiamo insieme? Mangiamo separati?». Se lo sono chiesti solo per un po’, Ferdinando Colonna e Antonio D’Iddio, quando due anni fa si sono ritrovati a vivere insieme nello stesso appartamento a Bagnacavallo. Un alloggio del progetto «Housing First» voluto con convinzione dalle politiche sociali dell’Unione della Bassa Romagna e che ha dato loro la possibilità di costruire un’autonomia abitativa, dopo percorsi di vita fuori dalle famiglie d’origine. «Chi trova un amico trova un tesoro - spiega il primo, 24 anni, che lavora all’Orva e ha origini pugliesi - e io devo dire che sono stato fortunato. Sono arrivato nell’appartamento del giugno del 2018, dopo quattro mesi mi ha raggiunto Antonio. Non ci conoscevamo ma piano piano abbiamo fatto amicizia e abbiamo cominciato a condividere tanti aspetti del quotidiano, come andare a scuola guida insieme. Non era scontato che si creasse un legame, invece è successo. Tra qualche mese riscatteremo il contratto d’affitto, usciremo di fatto dal progetto e continueremo a pagare il nostro canone al proprietario come se ci fossimo trovati la casa da soli, sul mercato». Per Ferdinando uno degli aspetti migliori di «Housing first» è stata proprio la possibilità di diventare grande da solo: «Vengo da un’esperienza nella casa famiglia della Papa Giovanni XXIII ma quella dimensione iniziava ad andarmi stretta, anche a detta dei servizi sociali. E ora eccomi qua, a costruirmi un futuro». Anche per Antonio, 21 anni, nato a Napoli e dipendente di un’azienda metalmeccanica a Faenza, il passato è simile: «Per cinque anni sono stato in affido in una famiglia a Bagnacavallo. Quando è arrivato il momento di uscire, i servizi mi hanno fatto sapere di “Housing first”, che mi è sembrata l’opzione giusta per me. Ecco perché sono qui, a onorare questa possibilità: non ho mai saltato un pagamento». 
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