Gruppo Caviro, il presidente Dalmonte: «Tavernello, sfida del vino in brick vinta; alluvione, a Faenza ripartenza dura»

Romagna | 10 Settembre 2023 Economia
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Manuel Poletti - «E’ un periodo molto impegnativo, causa alluvione e incendio a Caviro Extra e non solo, ma ci è sembrato giusto festeggiare i 40 anni di Tavernello perché è ancora il nostro prodotto di punta, soprattutto in Italia».
Carlo Dalmonte, presidente del gruppo enologico cooperativo più grande d’Italia, con testa e cuore a Faenza e Forlì, analizza così il momento storico dell’azienda. Il riconoscimento dell’importanza dell’attività è arrivato anche dal governo, con la visita del vicepremier Tajani e della ministra Bernini presso lo stabilimento forlivese a fine agosto. I numeri del gruppo poi parlano chiaro: 417 milioni d’euro di fatturato nel 2022, 587 dipendenti, 11.650 viticoltori soci, 31.700 ettari di vigneti coltivati da soci, 80 paesi coperti come mercato estero.
Presidente Dalmonte, Caviro festeggia i 40 anni di Tavernello,  il vino in brick fu una rivoluzione, in molti gridarono allo scandalo. La sfida appare vinta, che ruolo ha per voi oggi?
«Nonostante l’anno impegnativo, abbiamo voluto festeggiare i 40 anni di Tavernello, che è ancora il prodotto più importante per noi, ed è il vino italiano più venduto nel mondo. Ringrazio pubblicamente chi fece quella scelta, dal presidente all’enologo di allora. Per Caviro il Tavernello è stato uno spartiacque, oggi ci sembra quasi normale parlare di vino in brick, ma all’epoca ci fu sorpresa e quasi scandalo, in realtà è stata una cavalcata importante, è un prodotto sostenibile, ed è giusto celebrarlo. Siamo grati ai milioni di clienti che lo consumano in Italia, ma anche in Germania e in Giappone».
L’alluvione di maggio ha ferito profondamente la Romagna. Caviro non ha avuto danni diretti, ma come sta reagendo il mercato del vino?
«I nostri due stabilimenti romagnoli per fortuna sono stati risparmiati, ma purtroppo l’alluvione e anche lo spegnimento dell’incendio allo stabilimento di Caviro Extra pesano sul 2023. Il nostro territorio è ancora ferito e demoralizzato, l’agricoltura in maniera particolare, vede ancora più grigio per il futuro. I tempi lunghi dei ristori sono un problema, ma dobbiamo rimanere fiduciosi nonostante la grande sofferenza di alcuni settori economici e di molte famiglie danneggiate. Anche per il nostro gruppo, indirettamente, i danni sono ingenti, testa e cuore infatti stanno in Romagna».
L’incendio a Caviro Extra quanto sta rallentando l’attività? Quando verrà recuperata la piena funzionalità? Come cambierà il sito e quanto costerà?
«E’ stato un danno importante per noi, ma per fortuna senza conseguenze per le persone. La sicurezza sui luoghi di lavoro per noi è una priorità assoluta, l’incendio di inizio maggio comunque segnerà un prima e dopo per Caviro Extra. L’area oggi è ancora sotto sequestro, siamo ansiosi di potere cominciare a ripristinare l’impianto che sarà rinnovato profondamente. L’iter dei risarcimenti deve ancora iniziare, attendiamo fiduciosi la magistratura. Riteniamo che i danni diretti siano valutabili ad oltre 10 milioni di euro più quelli indiretti. Di certo, Caviro Extra quando ripartirà al completo (si spera entro fine 2024, ndr), sarà diversa, più moderna e ancora più green».
Caviro ha dovuto anche cambiare governance in questi mesi difficili, siete passati da un direttore generale a tre direttori d’area. Non era un percorso programmato o sbaglio?
«In effetti è stato un passaggio non programmato, che abbiamo gestito al meglio grazie anche alla disponibilità del direttore generale uscente SimonPietro Felice, quando ci ha comunicato la sua decisione di lasciare il nostro Gruppo. In un periodo già così complicato, abbiamo optato per soluzioni interne, di elevata professionalità, che andassero in continuità con il lavoro di differenziazione delle attività che Caviro sta compiendo già da alcuni anni. Dal mio punto di vista, poi, valorizzare risorse interne è sempre molto positivo».
Caviro infatti non è più sinomino solo di vino. Il Gruppo sta continuando a differenziare molto le sue attività. Quali sono i prossimi investimenti più rilevanti?
«Il più importante per Caviro Extra è il progetto di trasferimento dell’attività legata all’acido tartarico da Treviso a Faenza, progetto che ora è in stand by per colpa dei danni causati dall’incendio in Romagna. L’investimento sarà di profondo rinnovamento, decine di milioni di euro. Poi ci sono in campo investimenti anche sulla parte enologica a Forlì, con l’ampliamento del magazzino automatico, gestito da robot, questo è in dirittura d’arrivo, entro il 2023 sarà operativo. Sarà un magazzino molto più capiente e funzionale, anche in questo caso l’investimento è di oltre 20 milioni di euro».
In generale vi preoccupa la frenata dell’economia in Cina e soprattutto Germania fra 2023 e anche 2024?
«La frenata dell’economia mondiale ed europea preoccupa certamente anche noi, i consumi di vino infatti hanno già il segno meno nel 2023, il fattore Germania è un problema anche per il vino italiano. In alcuni mercati il rallentamento è più sensibile e temiamo che anche in Italia il mercato possa dare segni di debolezza. Il potere d’acquisto delle famiglie infatti è stato eroso da un’elevata inflazione e dal rincaro dei costi energetici nonché di tutti i beni di prima necessità già dall’autunno 2022».
Infine, da faentino come vede la ripartenza della sua città, ferita molto profondamente dall’alluvione di maggio. Servono tanti soldi subito o no?
«E’ evidente a tutti che è una città ferita e purtroppo anche demoralizzata, non c’è dubbio. Per riprendersi servono soldi e forza d’animo. Di slogan ne abbiamo già sentiti abbastanza su più fronti, adesso ci sono cose da fare subito, senza se e senza ma, per aiutare imprese e famiglie. Come faentino sono molto preoccupato, sarà davvero difficile ritornare in tempi brevi alla Faenza pre alluvione».
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