Formula 1, il telecronista Schittone è di casa a Imola: «Quel mio articolo per Autosprint e le dirette in lacrime per il Tg5 nel ‘94: quando Senna mi salutò prima dell’ultimo Gp aveva qualcosa di diverso»

Romagna | 24 Aprile 2022 Sport
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Dal 1991 al 1996 l’inconfondibile voce di Guido Schittone entrava più o meno regolarmente (dal 1991 al 1995 in alternanza con la Rai, nel 1996 in esclusiva) nelle case di milioni di italiani, incollati alla tv per assistere al Mondiale. Al fianco di Andrea De Adamich, il giornalista emiliano è di casa a Imola, dove nel 1994 ha vissuto in diretta per Mediaset il weekend più drammatico della storia dello sport a quattro ruote.
Schittone, quando ripensa a Imola, qual è il primo ricordo che le viene in mente?
«Una gara di campionato Europeo Formula 3 del 1977, ero ai box. Da quel momento è nato il mio amore. Dal 1981 non ho saltato un Gp, mentre nel 1980, quando Imola sostituiva Monza, ero ai box. E poi sono legatissimo a Imola perché, grazie a un articolo che scrissi nel 1983 su Patrese, venni assunto da Autosprint».
Dal punto di vista professionale, che esperienza ha vissuto nei giorni dei tragici incidenti di Ratzenberger e Senna?
«Furono giorni da incubo totale per tanti piccoli dettagli. Ricordo le libere del venerdì, quando ero da solo sulla tribuna della Variante Bassa con tre colleghi e proprio davanti a noi si ribaltò Barrichello. Tirava già un’aria strana, poi il giorno dopo ci fu la tragedia di Ratzenberger. Domenica mattina, invece, rischiai di arrivare in ritardo per il traffico al Warm Up, una cosa che non mi era mai capitata. E poi c’è Ayrton. Ricordo che dopo il Warm Up camminava nel paddock con uno sguardo strano. Mi vide, mi sorrise e mi strinse il braccio destro. Ecco, quella stretta aveva qualcosa di diverso e se chiudo gli occhi la sento ancora, come se Ayrton fosse ancora appeso al mio braccio. Quel giorno non abbiamo perso solo un pilota, ma anche un personaggio trasversale. Dal punto di vista professionale, invece, mi trasformai in un inviato di cronaca. Tutti i direttori dei telegiornali Mediaset mi tiravano per la giacchetta, cercando anche di farmi dire quello che non volevo dire, cioè che Ayrton era morto perché la F1 è uno sport pericoloso. Enrico Mentana iniziò a creare collegamenti straordinari del Tg5. Riuscimmo a garantire subito la diretta, fui il primo a dire che non si trattava di un errore umano, ma di un problema tecnico. Era un’intuizione, ma avevo capito che c’era qualcosa di anomalo».
Altri ricordi?
«Informai Fittipaldi di quello che era successo, lui era disperato. Vidi Schumacher mettersi il volto tra le mani proprio quando Briatore gli raccontò tutto. Mi misi a piangere da solo dietro ai box e prima di un collegamento con il Tg5 dissi a Mentana che non sarei riuscito a raccontare con lucidità quanto accaduto, perché ero molto coinvolto e in lacrime. Lui mi disse di stare tranquillo e mi mandò in onda. Quella morte rappresentava la fine di un’epoca. Alboreto mi disse: “Guido, da oggi cambia tutto”. Aveva ragione: per me esiste una F1 prima di Senna e una F1 dopo Senna».
Cosa ha di diverso Imola rispetto agli altri circuiti?
«Quando arrivi a Imola hai una sensazione strana, perchè trovi un autodromo dentro a una città piccola e immerso in un verde intenso, particolare, raro da trovare nelle aree metropolitane. A Imola respiri la natura ed è un mix tra cultura, tradizione, passione. Per quanto mi riguarda è il trattino che unisce Emilia e Romagna, il posto dove si concentrano tutte le cose buone dei romagnoli e degli emiliani. Mi auguro che gli imolesi continuino a coccolare l’autodromo, che è un valore che va oltre l’indotto». (l.a.m.)
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