Negli anni ottanta la vita di studioso di Ruffilli si intrecciò con l'impegno diretto nella vita politica. Dapprima entrò a far parte del "gruppo di lavoro" del Segretario della Democrazia Cristiana, Ciriaco De Mita (come suo consigliere per le riforme istituzionali).
Nel 1983 accettò di candidarsi al Senato della Repubblica, dove venne eletto nelle file della DC. Anche a Roma, Ruffilli mantenne il suo stile semplice e sereno, di intellettuale discreto, di persona mite e attenta ai problemi e alle posizioni di tutti. La sua attività politica fu un coerente sviluppo di quella di studioso: essa lo condusse ad assumere un ruolo di primo piano nell'analisi del sistema politico italiano, oltre che nello studio e nell'elaborazione del progetto di riforma istituzionale ed elettorale, del quale si occupa come dirigente del Dipartimento "Stato e Istituzioni" del suo partito.
Le Brigate Rosse-Partito comunista combattente (BR-PCC), il 16 aprile 1988 (proprio pochi giorni dopo la nascita del nuovo governo presieduto da De Mita, che Ruffilli aveva contribuito a creare), assassinarono Roberto Ruffilli. Appena rientrato nella sua casa forlivese da un convegno in città, Ruffilli fu sorpreso dai brigatisti Stefano Minguzzi e Franco Grilli, che travestiti da postini, suonarono alla porta della sua abitazione con la scusa di recapitargli un pacco postale; entrati nell'abitazione, lo condussero nel soggiorno, dove lo fecero inginocchiare accanto al divano per poi ucciderlo con tre colpi di pistola alla nuca.