Forli, da Masaccio a Chagall, da Tiziano a Guttuso per raccontare Maddalena al San Domenico

Romagna | 26 Marzo 2022 Cultura
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Federico Savini
Come uno specchio che attraversa i millenni, il lungo romanzo che artisti di tutto il mondo hanno scritto rappresentando uno dopo l’altro, in pittura e scultura, il mito cristiano di Maria Maddalena riflette l’evoluzione della concezione stessa della donna - o per lo meno della donna libera – attraverso la storia dell’umanità. Non si può quindi che plaudere, ancora una volta, alla pertinenza delle scelte artistiche della Fondazione Cassa di Forlì, con il comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci, che ha promosso insieme al Comune ai musei di San Domenico della nuova, imponente mostra «Maddalena. Il Mistero e l’immagina», curata a Cristina Acidini, Paola Refice e Fernando Mazzocca e allestita fino al prossimo 10 luglio, a partire dalla giornata inaugurale di domenica 27 marzo.
Le sale del museo forlivese ospiteranno oltre 200 opere, in prevalenza pittoriche ma ci saranno anche sculture, arazzi e miniatura, a rappresentare diciotto secoli di storia dall’arte, dal III secolo dopo Cristo fino alla contemporaneità, mostrate al pubblico lungo un percorso in undici tappe, per altrettante sezioni.
Quanto sia rivoluzionario il ruolo della Maddalena, ossia Maria/Myriam di Magdala, discepola di Gesù dalla Galilea fino al Golgota, lo chiarisce il direttore della mostra Gianfranco Brunelli, dato non era certo lecito attendersi che fosse una donna a prima a vedere il Signore risorto e con lui i due angeli. Il messaggio più fondamentale del Cristianesimo venne così raccolto da una figura che poi ha esercitato «un grande ascendente sull’immaginario collettivo e una comparabile fortuna figurativa». La Maddalena per secoli, nell’arte, ha incarnato l’estetica del dolore, soprattutto nel prostrarsi al capezzale di Gesù crocifisso, poi ha finito per attraversare da protagonista «l’Umanesimo quattrocentesco – prosegue Brunelli -, le tensioni formali del Cinquecento, la sensuale spiritualità del Seicento che individua nella ‘peccatrice santa’ la cifra della propria rappresentazione». E poi ancora il romanticismo che la ritrasse come figura sola ed enigmatica, il pallone tipico dell’epoca simbolista e l’approdo verso la protesta e l’angoscia che segneranno il percorso novecentesco di questo autentico mito fondativo del nostro immaginario.
Esponendo opere, fra gli altri, di giganti come Masaccio, Tiziano, Veronese, Guercino, Hayez, Delacroix, Guttuso e Chagall, l’esposizione forlivese attraversa le epoca usando come perno la prospettiva di una figura iconica, «diventata di volta in volta - prosegue Brunelli - simbolo di peccato e pentimento, fedeltà e sofferenza, amore e ossessione, fecondità e sapienza, carnalità e santità, umanità e protesta».
«Maddalena è la dolente più bella e affranta ai piedi della croce - commenta la curatrice Cristina Acidini -, ma anche la donna orante ed emaciata che trascorre gli ultimi anni in penitenza eremitica. Ma a partire dal Cinquecento le Maddalene restano penitenti eppure floride e persino discinte, dalla sensualità prorompente». La mostra forlivese permetterà insomma di sondare le mutazioni di questa donna-icona nel corso della Storia, constatando che si tratta di una delle figure più rappresentate di ogni tempo. «L’attributo della peccaminosità è un malinteso - chiosa l’altra curatrice Paola Refice -. Nei Vangeli è liberata dai sette demoni, poi nei commenti delle Scrittura diviene una prostituta. La sua penitenza diverrà pretesto, anche in Controriforma, per rappresentarne le carni nude. La mostra vuole ricomporre questo paradosso, attraverso una serie di capolavori che ridaranno ‘unità’ a questa figura, incarnazione del femminile che supera i limiti del tempo».
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