Faenza, sculture di viandanti, pellegrini e sognatori in Santa Maria dell’Angelo
Sandro Bassi
I primi ad accoglierti in questa sfolgorante mostra - complice la maestosa bellezza della sede, la seicentesca chiesa di Santa Maria dell’Angelo, a Faenza - sono i due bambini in terracotta di Victor Fotso Nyie, sdraiati su un cerchio di sabbia gialla come quella di Oriolo: dormono abbracciati a piccoli idoli d’oro e sembrano sereni, ma quelle statuette ci ricordano le ruberie con cui abbiamo arricchito i nostri musei (non tanto noi italiani, quanto i nostri colleghi europei, inglesi, tedeschi, francesi…) a danno delle ancestrali tradizioni africane.
Subito dopo arrivano le aggraziatissime sculture del ferrarese Sergio Zanni: viandanti con la valigia, pellegrini silenziosi, angeli e altre creature immateriali che sembrano domandarsi dove stiamo andando, noi tutti, loro che migrano e noi che li guardiamo.
Infine, a colmare il solenne spazio della navata, c’è Il viaggio di Ulisse del crotonese-bolognese Antonio Violetta, poetico omaggio al celebre Compianto in Santa Maria della Vita a Bologna. E’ in terracotta nuda (o delicatamente patinata oppure con piccole parti in oro) e in scala 1: 1, come nel modello di Niccolò dell’Arca e come in quello con una violenta figura urlante, solo con una sorta di autoritratto in disparte e con un Cristo rannicchiato - non disteso come invece a Bologna - a sottolineare un dolore straziato, divenuto universale.
L’esposizione non finisce qui perché ci sono altri inserti, mirabilmente integrati nelle cappelle laterali: i preziosi vetri (sembrano lapislazzuli, o ametiste, o ossidiane) e gli ori di CaCO3 e gli stendardi della ravennate Sara Guberti, dove la grazia dei ricami, delle trine e dei pizzi si alterna con la purezza di caratteri che ricordano ideogrammi o geroglifici.
Infine, solo fino al 25 settembre, nella sacrestia e nell’oratorio «delle Dame» sono visibili Quid Quaeris? di Rosanna la Spesa e La Cena in Emmaus di quattro artisti già presenti all’internazionale Devotio. Già prima del 9 settembre (data inaugurale) durante Argillà la mostra ha registrato in tre giorni 1200 visitatori. Ad accomunare il tutto è la cura amorevole di Giovanni Gardini, vicedirettore del Museo Diocesano, che non si è limitato ad «allestire» nel senso tecnico del termine ma ha cercato - e felicemente trovato - un’integrazione fra contenuto e contenitore, fra il lirismo di queste opere e la potente architettura che le ospita.
«Altrove, Viandanti, pellegrini, sognatori»; fino all’8 gennaio; Quid Quaeris? e La Cena in Emmaus fino al 25 settembre. Visitabili giovedì e venerdì ore 16-18.30; sabato e domenica anche 10-12.30 nella chiesa di Santa Maria dell’Angelo. Ingresso libero.