Faenza, «Scor cum ut à insigné tu mé!», torna il reading dialettale al Circolo I Fiori

Romagna | 07 Aprile 2023 Cultura
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Federico Savini
Siccome che «A i sén incora» - e non venitemi a dire che quel «che» non va bene, dato che almeno in questa pagina ci prendiamo la licenza di scrivere nell’italiano «all’uso di Romagna» - a questo giro, e a tre anni dall’ultima volta (per un motivo che vi immaginate…), proponiamo l’edizione «più giovane» di sempre della nostra serata dialettale. Parliamo naturalmente di «Scor cum ut à insigné tu mé!», la serata-evento organizzata da La Musica nelle Aie in collaborazione con il nostro settimanale setteserequi, che si terrà mercoledì 12 aprile al Circolo I Fiori di Faenza (nella deliziosa sala Kiss, per la seconda volta). Una serata che dedichiamo come sempre alla celebrazione del dialetto romagnolo, per assaporarne tutte le possibili declinazioni artistiche, dalla prosa alla poesia, dalla canzone al teatro. Covando sempre la speranza, che da queste serate non nascano solo amicizie e collaborazioni, ma anche nuove forme d’arte tout court!
Di ritorno dopo 3 anni e quindi per la settima edizione complessiva (dopo la prima al Rione Verde, quelle fatte agli ex Salesiani e la scorsa sempre nel circolo del Borgo Durbecco) attori, cantanti e poeti torneranno a declamar parole, strapazzare la lingua e fare il punto su come la tradizione sopravvive nel presente, con incursioni artistiche da 10 minuti ciascuno, che dop la s’fa longa!
Un’edizione, questa settima di «Scor cum ut à insigné tu mé!», che arriva a pochi giorni dall’inattesa morte di Ivano Marescotti. Non è mai stato nostro ospite, purtroppo, ma grazie soprattutto alle sue letture sceniche di Raffaello Baldini Marescotti ha veramente posto le basi per serate come questa - che vale come anteprima di La Musica nelle Aie, di ritorno a Castel Raniero dal 12 al 14 maggio - e per decenni di letture dialettali che hanno fatto scoprire ai romagnoli la loro poesia più alta; quella scritta in una lingua che in tanti pensavano di dover dimenticare. Pensate che roba…
Ma si diceva «edizione più giovane di sempre», soprattutto per gli artisti che interverranno e che questa volta più che mai incarnano una concreta speranza per il futuro del dialetto romagnolo. Imbattibili sul versante anagrafico sono di certo i bambini degli Amici del Teatro di Cassanigo, che saranno in scena guidati dalla preziosissima Cristina Vespignani, a dimostrazione di come il teatro dialettale viva anche attraverso generazioni che di solito sono più a loro agio con le app del cellulare che non con le caveje…
Ma decisamente giovane è anche il cantautore faentino Fabrizio Caveja, a suo tempo leader dei Fab (e i fiori) e da anni alle prese con una vena poetica incontenibile e vocata alla celebrazione della natura e di un mondo contadino sempre più messo ai margini da una modernità fin troppo cinica. Un vero veterano della canzone dialettale è poi il forlivese Claudio Molinari, che tornerà a qualche anno dall’ultima partecipazione e che vanta un repertorio vastissimo, fatto anche di cover e di canzoni scritte per altri, ad esempio Vince Vallicelli. Legatissimo a Molinari è poi Antonio Baruzzi, cantautore a sua volta nonché leader dei russiani Jean Fabry, l’ultimo gruppo al mondo che da poco meno di trent’anni si prodiga per portare in ogni dove il verbo musical-surreale del «punk mentale». Che, grosso modo da sempre, è fatto anche di canzoni dialettali o comunque di una lingua imbastardita tra il presente digitale, il passato contadino e il futuro anteriore.
Tra gli under 50 segnaliamo poi, per la prima volta a Faenza per questo evento, l’attore e poeta di Pisignano Francesco Gobbi, che da anni si muove felicemente sulla linea di confine tra un teatro di tradizione capace di affrontare temi contemporanei e una poesia dialettale che prende spunto dai maestri più celebrati ma sa calarsi spesso e volentieri tra gli istinti più bassi, per poi riemergere ogni volta «che è il caso».
Prima volta a «Scor cum ut à insigné tu mé!» anche per Gianfranco Miro Gori, saggista ma soprattutto poeta dialettale contemporaneo tra i più importanti dell’intera Romagna; la sua presenza sarà, insomma, un piccolo evento nell’evento. E si muoverà sul terreno poetico (autoprodotto, per giunta!) anche una vera celebrità del settore come Alfonso Nadiani, da Cassanigo, alle prese con i suoi «Pinsir d’un óman d’serie B».
E a proposito di classici intramontabili, tornerà anche l’immarcescibile Metallurgica Viganò, indefinibile entità situazionistico-teatral-musical-demenziale che col dialetto ha da sempre un rapporto stretto. Due autentici veterani del teatro dialettale sono poi il faentino Mario Gurioli, professore e divulgatore delle nostre tradizioni tra i più attivi e importanti, ma anche da sempre attore, in scena insieme a Emanuela Ancarani e Martina Bucci per portare finalmente anche sul palco del Circolo I Fiori un saggio di quel monumento al dialetto che è la Filodrammatica Berton.
E poi tornerà Gianni Parmiani, quest’anno «in solo» e, perché no, accompagnato per lo meno idealmente dal fantasma di Re Carlo d’Inghilterra, che grazie a lui è diventato ormai un romagnolo d’adozione. Il più irresistibile in circolazione.
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