Faenza, Piazza del Popolo orfana da oltre 10 anni di grandi spettacoli, il confronto fra politica e operatori

Romagna | 10 Luglio 2022 Cronaca
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Questione di identità cittadina, di vocazione culturale, ma anche di numeri, regolamenti e contesti storici, sociali ed economici. E’ il complicato puzzle delle priorità sul cui sfondo si giocano, da sempre, le politiche culturali delle città, di qualunque dimensione. E che a Faenza quando si parla di «cultura» l’attenzione sia da sempre massima, lo comprovano così tante cose che è inutile elencarle. Non di meno, nel bailamme degli eventi estivi che ci travolgono in queste settimane, almeno un po’ spicca l’assenza, dal cartellone della città della Ceramica, di eventi capaci di riempire Piazza del Popolo, una delle più belle (e anche delle più grandi) della Romagna. Le ragioni in base alle quali dal 2009 non si organizzano più eventi come quelli che vedete in foto le illustrano (nei box) politici e operatori del settore; e in una buona misura fanno capo a questioni di ordine tecnico, numerico ed economico. Ci sono però anche valutazioni di ordine cultural-prospettico e identitario - quelle sulle quali ogni tanto è bene fare il punto - che hanno portato Faenza a optare per una programmazione più variagata e fatta di piccoli eventi, dribblando le tentazioni più globalizzanti (e secondo alcuni turisticamente più appetibili) degli eventi da migliaia di persone. Anche con una piazza così, sulla cui «destinazione d’uso» resta comunque legittimo aprire un dibattito. (f.sav.)

IL DIBATITO

Massimo Isola, sindaco: «La città ha un’identità culturale chiara e un’offerta molto variegata»
 «Ogni città si identifica con la propria identità culturale. A Faenza una ventina d’anni fa, dopo gli ultimi eventi, per lo più grandi appuntamenti di orchestre o di lirica, si riproposero concerti e show in piazza, con numeri elevatissimi di spettatori, parliamo da 2.500 a 4.000 presenze. Eventi che richiedevano un’ importante organizzazione e notevole impegno, non solo sul fronte economico ma anche su quello logistico. Su questo tema, oggi sono cambiati i termini di utilizzo in base agli spazi disponibili, cosa che ha portato gli organizzatori a preferire luoghi più idonei, più grandi, dove poter ospitare un numero adeguato di spettatori. Per quel che ci riguarda, abbiamo investito tanto in cultura e la città può contare su istituzioni culturali importanti, che propongono tanti eventi rispetto alle città con le stesse caratteristiche di Faenza. Questo ci caratterizza per un’identità molto chiara. In questo contesto, ai grandi eventi abbiamo preferito appuntamenti di qualità che però abbiano una cadenza più elevata rispetto al mega-concerto che richiede sforzi economici e logistici e che poi renderebbe difficile proporre un calendario fitto di appuntamenti. Anche la nostra città ha storicamente eventi di grande richiamo: la 100 Km del Passatore che porta non meno di 5mila presenze in città, Musica nelle Aie, il Mei, gli appuntamenti alla Molinella o nel cortile del Mic, l’Arena Borghesi da poco trasformata, la Cena Itinerante in centro, senza dimenticare ‘Made in Italy’ e Argillà. I grandi concerti in piazza a Faenza hanno rappresentato una parentesi per ora chiusa. In questo momento la proposta faentina è già particolarmente ampia e strutturata per le caratteristiche della città».

Patrick Contarini (Ridens): «Piazza bellissima, ma le norme ostacolano eventi di grande portata»
«La tutela del pubblico è la più grande priorità di chi fa spettacolo e, nel corso degli anni, molte norme per la sicurezza sono cambiate, specie dopo i fatti di Torino del 2017 e gli attentati terroristici. Le regole sono diventate più restrittive e questo ha fatto lievitare i costi. A Faenza abbiamo riempito la piazza in passato, con Giacobazzi, Cevoli, Pizzocchi e il tour di Zelig, una quindicina d’anni fa. Qui si lavora bene, grazie anche alla disponibilità e alla preparazione di operatori come Ruggero Sintoni, oltre che alla sensibilità dell’Amministrazione per la cultura, vedi un consigliere comunale come Massimo Zoli; il fatto è che il momento storico che viviamo è complesso, specie per eventi di grande richiamo. Per la piazza del Popolo parliamo di circa 2.500 posti a sedere: le norme sono restrittive e i costi importanti. E’ una piazza bellissima, ma in primis ci si affacciano tanti negozi, che dovrebbero interrompere o limitare l’attività nel corso degli eventi e durante gli allestimenti, a proposito dei quali non si può sottovalutare il fatto che a Faenza c’è tre volte il mercato ogni settimana. Questo significa montare e smontare il palco quasi per ogni evento, diversamente da quanto si fa in piazza Nenni, dove certo il palco e la platea sono più piccoli, ma la presenza fissa del palco limita i costi, che invece lieviterebbero in piazza del Popolo. Ferrara negli ultimi anni ha scelto di usare la piazza per i grandi eventi, ma oltre ad essere una città più grande sta richiedendo un grande sforzo alle finanze pubbliche; non tutte le realtà possono farlo. È proprio la società che non vive un momento facile e posso comprendere, anche contro il mio interesse, che in momenti del genere la cultura non sia la prima priorità di spesa, anche se sappiamo che è proprio sulla cultura che si cementificano le comunità. Ma questo a Faenza lo sanno bene, ci sono sensibilità e competenze sul tema».

Giordano Sangiorgi, Mei: «Nuova cabina di regia, il palco andrebbe tenuto montato per più giorni»
«Ritengo necessaria una cabina di regia aggiornata, che coinvolga anche gli operatori professionali e culturali che operano in centro, sia per attualizzare la proposta - che in alcuni casi appare da aggiornare - mentre in altri diventa indispensabile integrare esigenze diverse per poter dare vita a un festival culturale che possa durare nelle piazze del centro più giorni, senza l’aggravio di montaggi e smontaggi a più riprese, con un dispendio di energie e costi che ne rendono impossibile la realizzazione. Turismo e cultura sono un binomio indissolubile con la musica e la ceramica della città di Faenza: se si apriranno spazi di operatività in questo settore, mettendo a regime e in collaborazione tutti coloro che operano professionalmente, il centro di Faenza potrà diventare oltre al Mei, Argillà, 100 km e Palio, un centro di propulsione culturale e musicale anche durante l’estate, con la sua straordinaria piazza abbinata anche a un arricchimento della proposta eno-gastonomica».

Ruggero Sintoni, Accademia Perduta: «Piazza del Popolo non può ospitare abbastanza pubblico»
«Il problema degli eventi di piazza del Popolo è squisitamente tecnico. Quando abbiamo organizzato i grandi concerti, dal 2003 al 2009, era possibile per le piazze scegliere se adottare il regolamento degli impianti sportivi oppure quello per il pubblico spettacolo. Il primo prevede 80 cm tra una seduta e l’altra; il secondo 120, con altre limitazioni. Il risultato è che quando è diventato obbligatorio fare riferimento al regolamento per il pubblico spettacolo i posti a disposizione sono passati da 5000 a 2250, meno della metà. Le conseguenze sul budget sono evidenti! Devo dire che a Faenza ho toccato con mano la migliore disponibilità e sinergia da parte di tutti: organizzatori, Comune, commercianti e forze dell’ordine. Finché quegli spettacoli sono stati economicamente sostenibili, li si è fatti con l’accordo di tutti. La questione degli ambulanti, con il palco da smontare e rimontare più volte per via del mercato, in realtà, è sempre stata risolvibile, e di fatto risolta ogni volta che si è presentato il problema. Sottolineo poi il mio personale apprezzamento per la linea di Massimo Isola, fin da quando era assessore alla Cultura, per una programmazione culturale più “diffusa”, che coinvolge il teatro, piazza Nenni, il Mic e tanti altri luoghi, ora anche l’Arena Borghesi. Credo che questa linea sia più conforme alla dimensione di una città da 60mila abitanti, più varia ed intrigante. Aggiungo che, allo stato attuale, sembrano funzionare eventi di dimensioni assolutamente enormi, adatti per esempio all’autodromo di Imola e quindi impraticabili nelle piazze romagnole; anche quelli organizzati negli stadi, a meno che non si parli di San Siro, non stanno avendo grandi riscontri. E’ cambiato proprio il tipo di mercato degli eventi. Cominciano a mancare gli artisti da 4-5mila posti».
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