Faenza, operatori del commercio sul caro energia: «Diventa impossibile lavorare, servono misure immediati»

Romagna | 11 Febbraio 2022 Cronaca
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Riccardo Isola - Gli aumenti delle materie prime e i rincari dei costi energetici, non sono solo una questione meramente economica. E’ sempre più vero il fatto che nei bilanci delle aziende, delle imprese e degli esercizi commerciali in genere, questi, stanno portando a un azzeramento del margine di guadagno, ma sono anche questione famigliare. Incrementi esorbitanti, iniziati a fine anno 2021e adesso ancora di più evidenti, stanno portando la situazione economico-finanziaria a livelli di insostenibilità e insopportabilità, sempre più evidenti. Il problema, infatti, riguarda direttamente gli importi delle bollette da pagare ma che ha un riflesso sulla capacità di spesa delle famiglie e dei consumatori che si vedono eroso ulteriormente il proprio potere d’acquisto. Di fatto il circolo vizioso, in senso negativo, diventa evidente e opprimente. Lo confermano i primi commenti che arrivano a seguito del recepimento, nelle buchette postali, delle fatture inerenti agi consumi di luce e gas negli ultimi bimestri che vedono bollette più che raddoppiate rispetto al periodo precedente dove si segnalano anche casi di incremento del 300%. A questo si deve sommare anche l’aumento delle materie prime, in assenza di listino anche nell’ordine del 20%, fino ai vincoli imposti per il controllo del Green pass che prevedono due pesi e due misure per gli esercizi commerciali e per bar e ristoranti. Mentre nei pubblici esercizi è obbligatorio il controllo di quello rafforzato per tutti i clienti, in molte altre attività è sufficiente quello base e il controllo non è obbligatorio ma può essere svolto a campione. Da qui l’appello, sostenuto da diversi imprenditori del Fipe, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, guidata nel faentino da Gabriele Geminiani di Enoteca Astorre. «E’ una situazione insostenibile per molte imprese del settore - dichiara – che rischia di penalizzare fortemente non solo la ripresa ma anche determinare conseguenze negative sull’occupazione. A fine serata quando chiudi la cassa ti rendi conto di aver lavorato gratis. Abbiamo la percezione di sentirci inascoltati e solo come una forma di gettito per lo Stato, il quale fatica a comprendere che senza incassi non si possono sostenere i costi». 
Gli fa eco Giacomo Tasselli, segretario del sindacato Fipe Confcommercio a Faenza che evidenzia come «la dolorosa scelta tra chiusure temporanee, riduzioni di orari e licenziamenti sta diventando reale e preoccupante. I nostri pubblici esercizi, una delle leve strategiche di crescita economica del territorio, si troveranno a breve di fronte alla scelta drammatica di chiudere o di proseguire l’attività contraendo al massimo i costi e le aperture, a discapito in entrambi i casi dei livelli occupazionali complessivi, considerando insieme titolari e lavoratori». 
Infine dal punto di vista istituzionale è il direttore di Confcommercio Ascom Faenza, Francesco Carugati che rivolge un appello ai parlamentari e agli enti locali: «chiediamo ai nostri rappresentanti ed alle amministrazioni locali di rappresentare, nelle rispettive sedi di competenza, i problemi reali del mondo imprenditoriale e di adottare soluzioni adeguate a ridurne i costi e riproponiamo con forza la questione delle alternative energetiche alle fonti fossili, di cui si parla già da decenni». 
Anche Oscar Graziani, titolare di Pasticceria Cenni afferma come «desideriamo servire i nostri clienti nel modo migliore, nello stile che ci ha sempre contraddistinto, senza dover ridurre la qualità della nostra offerta o le capacità del nostro staff. Pur impegnandoci al massimo per il rispetto di tutte le regole, fatichiamo a far fronte alle continue modifiche delle norme, a controlli logisticamente difficili da effettuare, a mantenere quegli standard che i nostri clienti si aspettano da noi. Gli aumenti dei costi delle utenze e delle materie prima ci impongono riflessioni importanti sulla nostra strategia di business». 
Sempre a Faenza Claudio Bezzi, titolare di Autobrill, in zona fiera, racconta come «per noi la situazione è ormai insostenibile, pur cercando di ottimizzare i consumi, anche con l’efficientamento delle nostre apparecchiature, i tentativi di trattativa con le multiutility sulle tariffe energetiche non porta alcun beneficio e diventa sempre più difficile pensare alla programmazione dell’attività e garantire un futuro anche al nostro personale. Forse ci si sta dimenticando che ogni attività che chiude, ogni insegna che si spegne è un danno per l’intera comunità». 
Infine Yarno Rossi titolare de L’altro Caffè racconta come «stia diventando veramente difficile vedere la luce in fondo al tunnel della ripresa economica, sale la tensione dei clienti, per gli aumenti e per i controlli ma anche quella di noi imprenditori, e ci stiamo chiedendo se non sia il momento di riaffermare il valore delle nostre attività». Queste difficoltà non sono da meno anche nell’intero territorio dell’Unione della Romagna faentina. Da Granarolo, precisamente dal ristorante la Madia si sottolinea che «da ormai diverso tempo, dalla riapertura post lockdown, abbiamo deciso di chiudere ulteriori due sere, per una migliore gestione delle spese fisse, che ogni giorno si presentano. Siamo un’impresa familiare ma gli aumenti delle utenze e delle materie prime ormai ci impongono riflessioni importanti: non possiamo applicare gli aumenti che ci sono piombati addosso sui nostri clienti che talvolta, inconsapevolmente, ritengono che la modifica ai nostri listini sia ingiustificata».

L’assessora Barzaglia «momento difficile, in un anno 600mila euro di spese in più» 

«Capiamo e sosteniamo le preoccupazioni dei commercianti e delle aziende per il caro energia. Lo sappiamo che la situazione è molto difficile. Basti pensare che al Comune di Faenza, da prime stime, ma molto calibrate però, l’aumento del costo dell’energia porterà un aggravio generale sulle casse comunale di circa 600 mila euro l’anno». Non si nasconde l’assessora al Bilancio del Comune di Faenza, Milena Barzaglia nell’evidenziare come «sarà difficile riuscire a poter dare risposte immediate al tessuto economico-commerciale della città, almeno dal punto di vista dell’amministrazione comunale, visto che la crescita delle utenze riguarda anche noi. Questa è una questione che deve essere seriamente presa in esame a livello nazionale. Per dare un ordine di grandezza - prosegue l’assessora - per l’illuminazione pubblica della città, all’anno, spediamo circa 1 milione di euro, con questa crescita arriveremo a spenderne 1,3 milioni». Senza contare «palazzetti e piscine sulle quali stiamo provando a capire come poter intervenire. Il rischio che si va a correre - aggiunge - è, come dicono i sindaci italiani, di dover chiudere servizi e aumentare la pressione fiscale per trovare i necessari equilibri di bilancio. In un momento come questo non è certo la soluzione migliore ma le difficoltà sono estremamente evidenti». Alla luce di questa situazione anche Faenza ha deciso di aderire all’appello dell’Anci. Lo ha fatto giovedì 10 spegnendo dalle 20 alle 21 l’illuminazione della piazza del Popolo, della Fontana monumentale e della Torre civica
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