Faenza, nell'Asp nessun contagio, il direttore Neri spiega cosa si sta facendo per le circa 200 persone ospitate 

Romagna | 06 Novembre 2020 Cronaca
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Riccardo Isola - «Ormai da oltre otto mesi stiamo affrontando una situazione che ha profondamente sconvolto la realtà quotidiana delle strutture residenziali per anziani, anche quando non le ha colpite direttamente». Questa è la situazione che si vive ogni giorno, ormai da febbraio, nelle diverse strutture che fanno capo all’Asp della Romagna faentina. Per il direttore Giuseppe Neri «noi abbiamo servizi residenziali in quattro strutture, a Castel Bolognese, Solarolo, Faenza e Fognano, che ospitano complessivamente 174 posti residenziali. Nelle stesse - aggiunge - sono impegnati circa 200 operatori, tra personale dipendente, lavoratori in somministrazione e personale di cooperativa in convenzione. Per cercare di lasciare fuori da queste strutture abbiamo fin da subito messo in campo una strategia organizzativa e un investimento economico molto importanti».

CONTRO LA VULNERABILITA’
L’emergenza sanitaria ha mostrato fin subito la grande vulnerabilità delle strutture per anziani, e oggi, sul territorio regionale e provinciale lo si vede ancora di più. «Sono realtà – spiega Neri - popolate da ospiti che il virus colpiva e colpisce facilmente anche a causa di una generale condizione di fragilità. Una situazione che ha quindi imposto meccanismi di difesa da introdurre in pochi giorni attraverso l’adeguamento dei protocolli di sicurezza e delle misure interne di prevenzione e protezione ed attraverso una significativa trasformazione delle attività e della routine quotidiana all’interno delle Rsa».
Se nella prima fase dell’emergenza il pericolo maggiore era rappresentato dal rischio di contagio degli ospiti in caso di ricovero ospedaliero o di accesso al pronto soccorso per la elevata circolazione del virus in tali ambienti sanitari ora le cose sono cambiate. «In questa seconda fase, precisamente già a partire da giugno - ci tiene a evidenziare il direttore -  caratterizzata da maggiore libertà di movimento e da conseguente minore distanziamento, è divenuto invece prevalente il rischio di contagio degli operatori, ulteriormente accentuato nelle ultime settimane per effetto delle ferie estive, della riapertura delle scuole e del forte incremento dei contagi e delle connesse situazioni di contatto prossimo o contatto occasionale con soggetti positivi». Problematicità e criticità che, fortunatamente, per ora ha risparmiato l’ambito gestito dall’Asp. Conferma Neri come «per il momento ce la siamo cavata e ce la stiamo cavando senza danni, grazie a un impegno enorme, a scelte necessarie anche se difficili, alla responsabilità e dedizione del personale e alla comprensione dei famigliari degli ospiti. Il lavoro del personale fino a oggi è stato oltre che ecomiabile anche straordinario e non possiamo che esserne fieri e orgogliosi».

INVESTIMENTO ECONOMICO FORTE
Tra le azioni più impattanti, soprattutto in ambito di bilanci, c’è soprattutto l’acquisto del materiale necessario a mantenere il più alto grado di sicurezza possibile. «Nei primi sei mesi dall’inizio della pandemia - prosegue - abbiamo investito da subito e senza badare a spese in Dpi (mascherine, guanti, camici, occhiali, visiere, cuffie, ecc.), con uno sforzo economico importante. Stiamo parlando di circa 80 mila euro più o meno. Vorrei far presente che ogni dotazione, soprattutto per gli operatori, è monouso e quindi la mole di dispositivi è stata veramente importante». Il tutto aggravato dal fatto che sono stati bloccati i nuovi ingressi con conseguenti, e non certo limitati, mancati introiti. Si tratta illustra il direttore «di uno stop in ingresso reso operativo da marzo e anche una volta ripresi i nuovi ingressi avvengono con forte limitazione per poter garantire il necessario periodo di isolamento precauzionale. Nel periodo marzo/agosto per effetto di queste misure di sicurezza sui nuovi ingressi si sono registrate 2200 giornate con posti vuoti inoccupati».

ALTRE INIZIATIVE INTRAPRESE
Per correre ai ripari però l’azienda ha deciso, anticipando anche decisioni governative, praticamente già da marzo «di sospendere l’attività dei Centri diurni. Qui, infatti, visto che al pomeriggio i frequentanti dei centri di fatto non potevano essere controllati se rispettavano i protocolli aziendali certificati per la sicurezza, abbiamo deciso di non correre comunque rischi eventuali». A ogni nucleo/reparto è stato assegnato un contingente dedicato di personale, in modo da stabilizzare e circoscrivere i possibili contatti, in caso di eventuale necessità di tracciamento. Da marzo a giugno sono state di fatto sospese le visite agli ospiti da parte di famigliari e amici, reintrodotte però «a partire dal mese di luglio in ambienti esterni protetti dedicati, secondo precisi protocolli sanitari di sicurezza. Le visite sono continuate con questa modalità per tutto il periodo estivo, per essere poi nuovamente sospese – prosegue Neri - a inizio ottobre a fronte del nuovo progressivo incremento dei contagi. Anche qui in leggero anticipo rispetto alle prescrizioni normative regionali e nazionali».
Tutte azioni necessarie, che hanno dato fino ad ora, risultati positivi, ma azioni non sufficienti per dare la certezza di non essere colpiti, visto quanto può incidere sul contagio anche il caso, la fatalità.

NON SOLO CONSEGUENZE ECONOMICHE
Ma oltre a tutti gli aspetti negativi, riguardanti l’approccio economico e sanitario pandemico, c’è anche un altro punto, da non sottovalutare, che ha impattato negativamente. Si tratta di quello umano e di vitalità degli ospiti. «Chiudere tutto - conferma il direttore - ha comportato un forte allentamento dei rapporti interpersonali tra ospiti e famigliari ma anche con gli operatori chiamati a rendere il più possibile dinamico e stimolante il soggiorno. Tutte le attività ricreative, infatti, sono state congelate con conseguenze immaginabili anche sulla vita e sul trascorrere delle ore e delle giornate degli ospiti. Un abbassamento e un azzeramento che non ha certamente infulito sull’equilibrio psico-fisico degli utenti. In definitiva «nelle strutture - conclude Neri - fino a oggi abbiamo fatto quanto era nelle nostre forze e possibilità fare. Non è e non sarà semplice  il futuro. Servono segnali concreti di disponibilità, da parte di tutti i livelli istituzionali, nel continuare a dare, e magari implementare, la dotazione di attenzione e di risorse per non abbassare la guardia». 
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