Faenza, Matteo Zauli racconta l’eclettico festival delle Argille Azzurre
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Federico Savini
«Il festival si presenta con un cartellone davvero molto composito e denso, più di quanto ci aspettassimo. L’arte dialogherà per dieci giorni con la musica, la letteratura e soprattutto il paesaggio, in un programma che per metà sarà fatto di eventi ed escursioni, ma per l’altra metà di laboratori. Carlo Zauli ha fornito la ‘scintilla’ per partire alla scoperta di una modalità artistica per guardare al territorio delle argille azzurre, appena sopra Faenza. Amava questo materiale e quella terra, ne comprò anche un appezzamento con l’idea di viverci, che poi non si concretizzò, Ma quella passione è rimasta, e noi ripartiamo da lì». Matteo Zauli è il capo-fila ma non è l’unico organizzazione del nuovissimo «Festival dei Calanchi e delle Argille Azzurre», la cui direzione è condivisa con Donato D’Antonio della scuola Sarti e Gianni Farina di Menoventi. Nomi che danno un’idea comunque solo parziale della varietà dell’offerta di un festival, in programma dal 9 al 18 settembre (per i dettagli vedi gli appuntamenti e il sito del museo Zauli), che mira soprattutto a far conoscere il territorio dei Calanchi, progettando eventi e laboratori in ben 11 diversi luoghi, dalle ex terme di San Cristoforo a Castel Raniero, dal parco Bucci alla cantina Bulzaga, dalla Torre del Marino al Rifugio Carnè, come detto tra laboratori (quello sulla «ceramica primitiva contemporanea» ma anche quello di scrittura di Cristiano Cavina) ed eventi (dai concerti di Don Antonio e Silvia Valtieri fino alle escursioni «culturali» sui calanchi).
«L’elemento laboratoriale - sottolinea Matteo Zauli – è molto forte e rappresenta la vera scommessa di questo festival, che vuole incentivare la partecipazione attiva».
Magari anche da fuori? Per un laboratorio si resta diversi giorni sul territorio. C’è anche l’idea di creare un turismo culturale «fuori» da Faenza?
«È un obiettivo, condiviso dall’Unione della Romagna Faentina. A una parte il festival può smuovere un turismo di prossimità, sia con gli eventui che coi laboratori, ma in particolare la parte laboratoriale può attirare anche da lontano. Ci saranno workshop di Menoventi e di Cristiano Cavina e la nostra “ceramica primitiva” l’anno scorso portò a Faenza persone dalla Puglia e dalla Campania».
Luoghi a cui tieni in modo particolare?
«Il primo pensiero va alle vecchie terme di San Cristoforo e all’ex ristorante, che la famiglia ci apre per riproporre una collettiva d’arte che allestimmo al museo alla fine dell’anno scorso, quando cominciava a prender forma questo progetto, anche attraverso il film che ho realizzato sui calanchi insieme a Riccardo Calamandrei, e che riproporremo con introduzione di Alfonso Nadiani. Vogliamo divulgare l’esisteza di viste mozzafiato, come quelle della Berta, di Bulzaga o di Torre del Marino, ma anche riscoprire l’ex agriturismo Oasi e soprattutto ripercorrere, con Massimo Solaroli e Sandro Bassi, il mitico sentiero 505, una grande eccellenza naturalistica faentina».