Faenza, Matteo Zauli ha curato una mostra in Cina con ceramisti italiani e locali

Romagna | 13 Marzo 2022 Cultura
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Federico Savini
«È evidente che quando pensiamo ai danni della guerra, quelli inflitti al mondo dell’arte e della cultura sono gli ultimi a venirci in mente, ci mancherebbe altro. Ma non dimentichiamo che l’arte scatena la fratellanza fra i popoli in modo genuino e immediato. È un autentico veicolo di pace, e quindi il fatto che comunque l’arte riesca ancora, in qualche modo, a circolare è una cosa che fa bene e che mantiene viva la speranza». È inevitabile toccare almeno un po’ - e naturalmente di striscio, visto che lo facciamo dalla prospettiva dell’arte - la tragedia della guerra in Ucriana, se in questi giorni apriamo una finestra su un tema internazionale a tutti gli effetti come quello della promozione e del mercato dell’arte. È infatti in via di conclusione (il 17 marzo) a Jingdezhen, in Cina, la mostra «In Bianco» che il faentino Matteo Zauli ha curato all’interno del Padiglione Italia della Biennale Internazionale di Arte Ceramica di quella che, non solo in Cina ma in tutto il mondo, viene considerata la capitale della porcellana. E dove appunto sono state esposte per alcune settimane opere ceramiche italiane, con un’importante rappresentanza di artisti e produttori del nostro territorio, come Andrea Salvatori, Luce Raggi, Fiorenza Pancino, Mirco Denicolò, Nero/Alessandro Neretti, Fos Ceramiche, Antonella Cimatti e la riminese Georgia Matteini Palmerini.
«La mostra “In bianco. La porcellana nella ceramica d’arte italiana contemporanea”, che ho curato insieme a ‘Gianni’ Zhang - spiega Matteo Zauli -, vede la partecipazione di una trentina di artisti italiani, all’interno di un grande evento espositivo dedicato alla ceramica d’arte. La purezza dei bianchi della nostra ceramica è sempre molto attrattiva a livello mondiale, tant’è che la proposta di questa mostra è arrivata direttamente dalla Biennale, e a quel punto io ho pensato di coinvolgere anche il Comune di Faenza, che ha dato il patrocinio, l’Aicc e la Strada europea delle ceramiche».
Eventi internazionali, oggi, sono sempre molto difficili da organizzare, anche in un mondo solido come quello dell’arte.
«È proprio così. In questo caso è stato possibile proprio grazie alla chiamata degli organizzatori cinesi, che hanno scelto di dedicare un intero padiglione ad una sola nazione ospite, proprio l’Italia. Questo padiglione affianca l’esposizione centrale, dedicata ad artisti cinesi e ad opere di artisti internazionali ma già parte di collezioni cinesi».
La selezione degli artisti che criteri ha seguito?
«Mi sono riferito a due mondi. In primis agli artisti “nati” nella ceramica, specialmente nelle città della ceramica. L’Aicc lavora da anni molto bene su questo. Poi abbiamo artisti concettuali italiani che non sono, di base, ceramisti, ma usano spesso questo linguaggio, rivolgendosi spesso anche a noi del museo Zauli o a botteghe faentine. Io penso che viviamo nell’età dell’oro della ceramica, un materiale che in passato non era mai stato impiegato a certi livelli».
A livello di mercato internazionale dell’arte, che momento è?
«Precisando che la mostra in Biennale è un evento non di mercato, ma certamente promozionale, di sicuro quindi una gran bella vetrina, veniamo da due anni difficili per l’arte. Le fiere sono calate proprio numericamente, oltre che per grandezza. Nello stesso tempo ci sono però stati artisti che hanno affrontato la crisi molto bene. In generale, chi fa arte o artigiano di altissimo livello si è difeso bene in questo periodo, e questo ha a che fare anche con “l’età dell’oro che dicevo”. Non dimentichiamo che la produzione ceramica faentina è un’eccellenza e, tutto sommato, ha retto il colpo. Ora bisognerebbe trovare formule che bypassino la difficoltà nel trasporto delle merci. Oggi è costosissimo portare opere nell’estremo Oriente, ci siamo riusciti nel caso di “In Bianco” grazie al loro invito, ma è questo tipo di problema che ora va superato».
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