Faenza, Marika Servadei, titolare dell’azienda «Rio del Sol», racconta cosa significa oggi lavorare nei campi con le idee chiare

Romagna | 03 Febbraio 2024 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - All’ombra, seppur leggermente lontana della Torre di Oriolo, in quel grande tappeto di filari, orti, campi e terra, per lo più composti d’argilla rossa, tra Faenza e Forlì, da decenni è presente l’azienda agricola «Rio del Sol». Realtà imprenditoriale che grazie a Marika Servadei, giovane imprenditrice agricola, nonché figlia di agricoltori, che dopo il diploma di agrotecnica decide di prendere in mano le redini dell’azienda. E il successo è stato quasi subito confermato.
Quali sono state le decisioni che l’hanno portato alla scelta di proseguire sul solco famigliare?
«In primis quelle biografiche e famigliari. Dopo il diploma ho deciso, attorno di entrare direttamente in azienda assieme a mio babbo e da lì è cominciata la nuova sfida di Rio del Sol. In primi portando nell’organizzazione aziendale un concetto di differenziazione e multi settorialità. Non solo produzione di frutta e ortaggi, ma anche qualcosa di altro, più culturale ed esperienziale».
Una svolta quasi storica e inedita agli albori del XXI secolo?
«Oggi sono a circa 23 anni che lavoro e quindi posso dire che siamo stati in alcuni casi anticipatori di modus operandi che oggi, nel settore agricolo produttivo di piccola entità, è diventato comune. Ma è stata un’esigenza e un’opportunità che si è sviluppata nel corso degli anni dandoci enormi soddisfazioni».
Un esempio?
«Quello di piantare, nel 2011 i mirtilli in Romagna. Di fatto siamo stati i primi in assoluto. Oggi sono molte altre le aziende che hanno seguito questa direzione, ma per noi è stata di necessità virtù. In quegli anni, infatti, il kiwi era preso da una batteriosi molto impattante e quindi avevamo bisogno di trovare altri sbocchi di mercato. Da lì l’intuizione, anche grazie alle caratteristiche del nostro terreno, acido e senza calcare, di puntare ai piccoli frutti rossi tipicamente conosciuti come di origine montana. Certo stiamo parlando di nicchie di mercato, ma siamo stati pioneri. Oggi, infatti, siamo arrivati ad avere due ettari coltivati a mirtilli, mezzo ettaro a lamponi e quasi tre ettari a melograno. In questo caso con tre diverse tipologie, tra cui la Grossa di Faenza, dedicate sia ai chicchi che hai succhi. Produzioni che hanno caratteristiche organolettiche e nutrizionali, oltre che di stagionalità differenti, e che quindi possiamo immettere sul mercato con progressività».
Altro segreto del successo è infatti che non vendete solo materia prima ma anche lavorati?
«Abbiamo iniziato con la casetta di Rio del Sol per vendere le nostre primizie di stagione in modo diretto. Da lì è seguito anche l’ambito di trasformare, soprattutto in confetture e succhi, alcuni dei nostri prodotti. Poi non dimentichiamo il grande apporto, che è stato per me anche una palestra per quel che siamo oggi, dei mercati. Un face to face con il cliente che ci ha permesso non solo di farci conoscere ma di trasmettere l’amore che abbiamo per il lavoro e soprattutto per la terra».
Un lavoro che oggi vi vede essere non solo artigiani, agricoltori ma anche cultori e divulgatori della terra?
«Assolutamente si. Abbiamo pensato che promuovere la stagionalità nel mondo agricolo sia il valore assoluto da preservare. Per questo organizziamo giornate, appuntamenti didattici, manifestazioni, incontri, visite guidate per tutti. Lo facciamo mettendo in campo, e non è un modo di rie, le persone. Vogliamo rendere l’evento una immersione totale ed esperienziale. Per il corpo, per lo spirito ma anche per la gola. Questo anche grazie alle sinergie, alla rete che abbiamo realizzato con altri produttori di qualità del territorio. Dal pane ai salumi, passando per i formaggi e i vini, le nostre merende e i nostri momenti conviviali sono buoni, giusti e puliti. E questo è oltre che un vanto, una grande soddisfazione vedere che viene recepito».
Cosa significa per lei essere imprenditrice agricola oggi, con le difficoltà che il comparto sta attraversando?
«Un grande onore. E’ vero che dal 2008 l’agricoltura sta attraversando una crisi quasi sistemica, ma la possibilità di uscirne, per noi piccoli artigiani della terra, è quello di sapere intercettare le esigenze, non solo nutrizionali e ndi gusto, ma anche culturali che arrivano dalle persone. Per questo organizziamo eventi immersivi, per far conoscere alle persone, e soprattutto i bambini e le bambini, quanto possa essere bello, arricchente e divertente il mondo agricolo»
Serve però fare squadra e viaggiare tutti lungo la stessa direzione.
«E’ imprescindibile. Per questo fare rete con altri soggetti per permettere a chi viene in azienda di poter assaggiare, conoscere e testare le peculiarità del primario romagnolo è la strada che assieme ad altri colleghi, e soprattutto con l’associazione Torre di Oriolo, stiamo perseguendo. Un modo per dare ossigeno a quel turismo agreste che la Romagna può e sa trasmettere con grande caparbietà. Non c’è solo il mare e la movida, ma c’è anche un modo per conoscere il territorio, divertirsi, acculturarsi e mangiare e bere sano nell’entroterra. La nostra scomemssa è questa e continuiamo a cavalcarla».

L’azienda Rio del Sol, oltre al punto vendita a bordo campo, da tutti conosciuto come la Casetta, vende i propri prodotti anche in Faenza in via Lugo 86 oppure in diversi mercatini dove l’azienda fa vendita diretta. Per rimanere informati sulle attività di Rio del Sol è anche su Facebook e altri social network.

Cos’è e da chi è formata l’associazione «Torre di Oriolo»
L’associazione «Torre di Oriolo», nata quasi trent’anni fa, era il 1995, è una realtà che si è composta grazie a un gruppo di produttori agricoli, ristoratori, artigiani, e commercianti del distretto Aureolano. Una comunità unita, oltre all’amicizia e alla vicinanza, anche e soprattutto dal desiderio di valorizzare il patrimonio storico, naturalistico e culturale, facendolo non solo conoscere, ma anche rivivere e assaporare le identità di questo particolare areale e territorio. L’idea di creare un’associazione nasce proprio dalla Torre che da secoli guarda e domina queste terre. L’ultima a testimoniare l’esistenza del perduto castello e del borgo medievale. Anche per lei il tempo è passato, sopravvissuta ad assedi, è perfino servita da rifugio di guerra, ma saccheggi e incuria le hanno riportato gravi ferite. Fortunatamente i restauri, soprattutto quelli avvenuti attorno al 2004, l’hanno riportata all’antico splendore, ma un posto simile non può più essere dimenticato. Oggi la Torre, di proprietà del Comune di Faenza, è stata data in concessione e gestione all’associazione diventandone anche la sede ufficiale. Ogni anno, proprio nel suo interno e nel parco sottostante, vengono organizzate diverse manifestazioni: feste paesane e sagre agresti tenute in grande considerazione soprattutto per la socialità. Visite guidate, rievocazioni storiche, feste tradizionali, musica, fuochi, canti e balli si alternano da anni in un calendario sempre più ricco e diversificato. Il tutto arricchito dai prodotti tipici, piatti tradizionali e, come sempre ad ogni festa, il vino. I soci hanno così declinazioni differenti. Si passa dagli agriturismo alle cantine arrivando fino ai ristoranti e a realtà che hanno diverse vocazioni insieme. Stiamo parlando di: Locanda della Fortuna, La Sabbiona, Ca Vincenzona, Cà de’ Gatti, Ristorante San Biagio Vecchio, Manueli, Zoli, Rio del Sol, L’oro della Pieve, Spinetta, Cantina San Biagio Vecchio, Quinzan, Poderi del Nazareno, Leone Conti, Calonga e Ancarani.

 
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Noi agricoltori siamo sempre impegnati a raccogliere i rifiuti gettati dai turisti e siamo stufi,
Commenta news 08/02/2024 - Giorgio
Dal lavoro agricolo chissà perché si passa al turismo e così si rovina l'ambiente con incendi e sporcizia gettata ovunque,
Commenta news 06/02/2024 - Robert
Occhio anon appiccare incendi con tutte queste iniziative e non seminate rifiuti,
Commenta news 06/02/2024 - Gianni
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