Sandro Bassi - E’ stata avviata da parte del Ceas (Centro educazione ambientale e alla sostenibilità) dell’Unione dei Comuni della Romagna Faentina la procedura per il riconoscimento della ex cava «Salita» di Oriolo dei Fichi come Geosito. Cos’è un geosito? E’ un ambiente con forte caratterizzazione geomorfologica che può avere notevole rilevanza nel paesaggio e che come tale richiede adeguata tutela. L’interlocutore, cioè il «giudice» che stabilisce se un luogo ha i requisiti sufficienti per diventare geosito, è il Servizio Geologico della Regione. Per render l’idea, geositi famosi a noi vicini sono lo “spungone” fra Ceparano e Samoggia, i Gessi di Rontana e Castelnuovo o le Grotte-rifugio di Castiglione in provincia di Forlì. Per rimanere al ravennate vanno citati l’intero abitato di Brisighella, l’ex Cava Monticino (da oltre dieci anni Museo Geologico all’aperto), la Vena del Gesso fra Senio e Sintria o i Gessi della Tanaccia. Il Comune di Faenza già possiede un geosito di rilevanza locale (un po’ più «modesto», quindi, rispetto a quelli di rilevanza regionale) che è l’ex Cava Falcona presso Tebano, ma altrettanto dicasi per Solarolo (Meandri del Santerno), mentre nulla risulta finora per Castel Bolognese, che però territorialmente condivide con Riolo Terme le «salse di Bergullo» che non sono sughi da cucina bensì emissioni di metano stemperate in argilla a formare curiosi «vulcanetti» freddi, anche se ribollenti.
Il nuovo candidato faentino si estende per 7.5 ettari a destra di via Salita che serpeggia fra Oriolo e San Biagio Vecchio. Fino a trent’anni fa è stato luogo di estrazione delle cosiddette «sabbie gialle», utilizzate come sottofondi stradali, inerti e anche come materiali decorativi visto il loro magnifico colore dorato. Divenne famoso nel 1985 per un clamoroso rinvenimento paleontologico: un cranio di «mammuth di savana» assieme a resti di rinoceronte, bisonte, ippopotamo e daino primitivo, il tutto risalente ad un periodo inter-glaciale di diverse decine di migliaia di anni fa; a ciò si aggiunsero oltre 200 campioni di foglie fossili di alberi e arbusti, la maggior parte dei quali non più presenti per via dei mutamenti climatici; questo patrimonio è esposto oggi al Museo di Scienze Naturali “Malmerendi”.
Agli inizi di questo secolo la cava, ormai in disuso, grazie a fondi europei venne riconvertita in parco pubblico, detto «delle Ginestre», che però a causa di vari fattori (scarsa valorizzazione, posizione defilata) non ha mai avuto grandi consensi né intensa frequentazione, salvo occasionali barbecue domenicali. Con la promozione a geosito, l’ex Cava Salita (per la quale è stato già proposto il nuovo nome di «Parco dell’elefante preistorico») potrebbe accedere a fondi appositamente stanziati, con i quali si potrebbero anzitutto ripristinare i caratteri geologici peculiari – soprattutto una parte delle scarpate con sabbie, dove tra l’altro nidificavano i gruccioni – dell’area.