Faenza, le spettacolari fotografie di Paolo Morelli, fra l’estasi della natura e il trionfo della tecnica applicata

Romagna | 15 Febbraio 2021 Cultura
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Federico Savini
«Ho imparato a godere del silenzio. O forse dovrei dire re-imparato, perché è un abitudine che dovremmo avere tutti, oggi divenuta una rarità a causa della frenesia del mondo». E’ singolare che Paolo Morelli parli molto - oltre che di colori, tecnologie e geometrie - anche di suoni e sensazioni che definiremmo a 360 gradi. Ma basta dare un’occhiata ai suoi spettacolari scatti - giustamente piuttosto noti anche sulle pagine social frequentate dai faentini - per capire non soltanto il lavoro che c’è dietro, ma proprio la filosofia profonda che sottende quello che per Morelli è di fatto un hobby. Ma un hobby preso assai sul serio. Per la fortuna di tutti.
Una passione, quella per la foto naturalistica dai prolungati «appostamenti» che permette a Morelli di operare in solitudine, e anche l’amore per il nostro territorio gli ha consentito di lavorare abbastanza agevolmente anche in tempi pandemici. Naturalmente con qualche «se» e qualche «ma».
«Al di là dei Dpcm - spiega Morelli - ho avuto un stop forzato, di diversi mesi, a causa di un incidente dell’agosto scorso, che mi ha impedito di muovermi, se non con le stampelle. A partire da novembre ho ricominciato a spostarmi in auto, ma ero comunque “dipendente”, per così dire, dalla vettura. Oggi riesco a fare camminate di poche limitate a poche centinaia di metri, spero di recuperare in pieno in primavera. Ad ogni modo sì, sono un lupo solitario. E i miei territori “di caccia” preferiti sono a pochi chilometri da casa, e ci vado quando è consentito dai decreti. Nel tempo in cui sono rimasto bloccato, ho sviluppato file sepolti nel mio archivio fotografico, composto da decine migliaia di immagini».
Qualche anno fa lavorarsi allo spettacolare filmato in time lapse I love Faenza. E’ terminato?
«E’ il primo filmato di questo genere che ho realizzato sulla nostra città. In questi anni ho continuato a raccogliere decine di sequenze sui dintorni di Faenza, in ogni condizione climatica, specialmente con le dense nebbie viste ondeggiare dall’alto delle nostre colline. Mi sono mosso di notte e di giorno. Ho filmato albe e tramonti incredibili, utilizzando diverse tecniche, dalle lunghe esposizioni all’astrofotografia. Una in particolare è molto difficoltosa: il Light Painting. Senza entrare troppo nei dettagli, si tratta di disegnare letteralmente sul fotogramma in fase di scatto, con strumenti luminosi autocostruiti, in ambienti e paesaggi notturni. Da queste spettacolari immagini ho realizzato “VibrAzioni”, un filmato di 6 minuti e 30 secondi, composto da 17.000 scatti. Per trovarlo è sufficiente digitale su Google “VibrAzioni Paolo Morelli vimeo”. Consiglio la visione su schermo grande e per chi ne ha la possibilità in 4k. E alzate il volume».
Hai sperimentato nuove tecniche fotografiche?
«Farei prima a dire quali non ho provato! Diciamo che coltivo quelle che mi portano a contatto con la natura. Oltre a quelle accennati prima c’è ad esempio l’Hdri (High Dynamic Range Imaging), che uso molto per le foto di paesaggio, perché permette di sviluppare i file con un’impronta pittorica personale. Sempre legata al paesaggio, la tecnica delle Panoramiche Gigapixel mi ha dato molte soddisfazioni. La più recente è un’incredibile immagine di Faenza vista dalla collina di San Mamante, con lo sfondo della catena Alpina. È una foto che avevo in mente dal 2012, quando ho iniziato a fotografare le Alpi dal parco del Carné a Brisighella. Le particolari condizioni meteo di quel giorno, l’attrezzatura adatta e aver trovato il punto di ripresa ideale, mi hanno consentito di realizzare i 27 scatti, che poi ho fuso insieme per ottenere una definizione altissima».
Recentemente hai scritto che le tue foto sembrano fatte altrove, in Nord Europa o al circolo polare. Immortalare paesaggi noti in un modo del tutto nuovo è proprio quello che vuoi, giusto?
«È esattamente lo scopo per cui spendo molte energie. Rivalutare i nostri angoli di natura sotto una luce diversa, inusuale, porta l’osservatore a reinnamorarsi del proprio territorio e a volerlo riscoprire».
Quanto invece ci può essere di casuale nel risultato finale del tuo lavoro?
«Da anni non scatto più a caso. Sarei sommerso di hard disk e senza tempo per sviluppare i file. Quasi tutto il materiale che produco è frutto di studio e programmazione. La conoscenza del territorio è fondamentale. In questo sono agevolato, perché ho sempre pedalato in mountan bike sulle colline e conosco bene i punti di interesse. Se devo fotografate eventi astronomici, avvalgo di applicazioni specifiche che aiutano a prevedere il passaggio degli astri sul territorio, che farà da sfondo. Per quanto riguarda lo sviluppo, ho un leggero daltonismo che mi impedisce di distinguere alcune frequenze fra il rosso e il verde. In questo mi aiuta mia moglie. Recentemente ho fotografato un albero con la Luna tramontare al suo fianco. Mi ha chiesto perché era verde... a me sembrava gialla...».
La tue foto mettono insieme un lavoro avventuroso di posizionamento e uno certosino di rielaborazione tecnica. C’è una componente che preferisci?
«La parte migliore è stare in mezzo alla natura godendo del silenzio, del paesaggio e soprattutto della possibilità di pensare e parlare a sé stessi. Abitudine sopita dai ritmi di vita frenetici che la società moderna ci impone. Lo sviluppo delle immagini successiva, è la raccolta dei frutti di quei momenti».
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