Faenza, l’assessore Agresti risponde ai sindacati sulla struttura: «L’Asp non sarà privatizzata, ma si deve riorganizzare»

Riccardo Isola - «L’idea di trasformare l’Asp attraverso una co-progettazione pubblico-privata non inficerà sulla qualità dei servizi erogati, sui diritti dei lavoratori e sul futuro sostenibile di questa storica realtà. Anzi, grazie a una capacità progettuale condivisa, tra dimensione pubblica e soggetti privati, si guarda al futuro, con un ruolo comunque fondamentale che rimarrà al pubblico». Così l’assessore ai Servizi Sociali del Comune di Faenza, Davide Agresti tenta di smorzare i toni preoccupati che in queste settimane si stanno alzando sul territorio, soprattutto dai sindacati, relativi al futuro della riorganizzazione dell’Asp della Romagna faentina. Oggi questa realtà operante sui sei Comuni dell’Unione, compie di fatto dieci anni ma si porta dietro una difficoltà di far quadrare i bilanci a causa «di un inverno demografico - sottolinea l’amministratore faentino - che vede e vedrà sempre di più aumentare le richieste di accesso alle strutture, crescita dei costi di gestione per mantenere e potenziare la qualità erogata, incertezza legislativa e mutamento socio-economico del tessuto comunitario». Un quadro, quindi, che non vede nell’immobilismo e nella passività una «risposta concreta da dare al territorio».
FUTURO PUBBLICO-PRIVATO
A distanza di dieci anni, qualcosa deve essere, quindi e però, aggiustato. «La questione dell’Accreditamento dei servizi con la Regione - spiega Agresti - sta attraversando, anche per richieste provenienti dal Governo, una fase di stallo. Se, come sembra, la situazione sarà congelata per il 2025 allo status quo il dualismo della gestione di questa fetta importante di welfare locale rimarrà inalterato. Come amministratori pubblici dobbiamo però saper leggere il presente per proiettare la gestione della cosa pubblica sul futuro. Per fare questo serve una visione di medio lungo periodo. La risposta che arriva da questo disegno di co-progettazione tra l’Asp della Romagna faentina e il soggetto privato che già oggi gestisce l’80% dei posti ad accreditamento (In Cammino ndr) va nella direzione auspicata e crediamo giusta». Non c’è ancora una data precisa per questa seconda «rivoluzione» ma «come amministratori non possiamo aspettare e rimanere fermi. Oggi i Comuni sono ogni anno costretti a mettere mano al portafoglio per far quadrare i bilanci. Con il nuovo assetto - aggiunge l’amministratore - invece arriveranno risposte strutturali che vedranno in primis, per la dimensione pubblica, il 100% degli accreditamenti alle strutture invece che l’attuale 20%, una governace condivisa, in cui il pubblico non perderà di peso, ma anzi crescerà, e una strategia condivisa in cui saranno messi a sistema i punti di forza esistenti oggi con minimizzazione degli aspetti e degli effetti negativi che registriamo». Anche perchè i 360 posti presenti nel territorio per gli anziani sono ormai fermi da diversi anni. Questa stasi, soprattutto in casa Asp, crea un disavanzo di bilancio continuo visto che solo il 20% dei posti sono accreditati, mentre i costi crescono anno dopo anno «anche a causa delle persone che entrano che vedono i livelli di autonomia - rimarca Agresti - abbassarsi, e lo sarà sempre di più visti i trend, con necessità di servizi mirati e calibrati invece sempre crescenti».
10 ANNI DI WELFARE
L’Asp della Romagna faentina, per come la si conosce ed è strutturata oggi, è un ente pubblico di servizi alla persona, costituita dai sei Comuni dell’Unione della Romagna Faentina, che storicamente si rivolge ai soggetti più fragili del territorio offrendo assistenza, supporto, cura e vicinanza alle fasce deboli della popolazione. L’Asp, che ha sede centrale nel capoluogo manfredo, è stata costituita con Dgr n. 54/2015 e a seguire il 1 febbraio 2015 dall’unificazione di due Aziende di Servizi alla Persona: «Prendersi cura» di Faenza e «Solidarietà Insieme» di Castel Bolognese. Entrambe le realtà si rivolgono storicamente ai soggetti più fragili del territorio, a minori, adolescenti, disabili e anziani, offrendo servizi in ambito assistenziale, sociale e socio-sanitario. Una innovazione dei servizi che si coniuga con la tradizione derivante dalla lunga storia delle Opere Pie, o Ipab, diventate nel 2008 Aziende di Servizi alla Persona. Oggi quindi le strutture che rientrano nell’orbita dell’Asp dell’Unione faentina riguardano l’ex Opere Pie raggruppate di Brisighella (Naldi, Mazzetti, Paolina, Orfanotrofio Maschile Lega, Orfanotrofio Femminile Garatoni, Carlo e Lucia Ragazzini, Beneficenza Lega-Zambelli), la Casa di riposo per anziani Santa Caterina e Don Ciani di Fognano, Casa di Riposo S. Antonio Abate e SS. Filippo e Giacomo di Casola Valsenio, e le Raggruppate di Castel Bolognese (Camerini e Ospedale Infermi, Orfanotrofio Femminile). A queste si aggiungono le Opere Pie di Faenza, comprendenti la Casa Protetta Morri Abbondanzi Montuschi, Istituti Riuniti Assistenza ai Minori, il centro per Anziani Bennoli di Solarolo e l’Ipab Elemosiniera.
LA POSIZIONE DEI SINDACATI
Fp Cgil e Uil Fpl rimarcano la loro contrarietà al percorso di coprogettazione che sta interessando l’azienda pubblica di servizi alla persona del territorio faentino. Riorganizzazione che ha lo scopo «di costituire una società consortile, a partecipazione pubblica e privata, candidata quale soggetto gestore dei servizi agli anziani non autosufficienti erogati nelle strutture accreditate del distretto». Orizzonte ed eventualità che il mondo sindacale ritiene una vera e propria «privatizzazione». Nello specifico le tre sigle riportano come «i vertici dell’Asp hanno affermato che non ci fosse altra scelta se non il percorso di co-progettazione e che non fosse possibile per un’Asp provare ad aumentare l’offerta di servizi accreditati a gestione diretta. Questo non corrisponde a verità. Non esiste alcun vincolo normativo - precisano - che vieti all’azienda pubblica di candidarsi a gestire più servizi di quanti attualmente gestiti. L’unica certezza è che, al momento, la delibera regionale sull’accreditamento vieta esplicitamente che possano gestire tali servizi delle società miste pubblico-privato che è la soluzione proposta dall’Asp Faentina. In verità è il comitato di distretto - proseguono Cgil e Uil -, del quale fanno parte i sindaci che sono anche i soci dall’Asp, che deve valutare quali fra i servizi accreditati gestire direttamente o tramite Asp e quale è, eventualmente, la parte affidata alla gestione di soggetti privati». Ancora: «pare che ai lavoratori venga raccontato di tutto pur di evitare di assumersi la responsabilità di quello che chiaramente è un processo di privatizzazione, evidentemente accolto con favore dalle istituzioni locali faentine. Altre Asp - aggiungono - non hanno fatto questa scelta e, pur nelle tante criticità tra cui la pandemia e la difficoltà a reperire il personale in provincia e in regione, non si prospettano scelte simili a quelle ipotizzate in Romagna Faentina». Alla luce di ciò «non possiamo accettare un dumping contrattuale che farà pagare sulla pelle dei lavoratori il peso delle scelte scellerate del passato così come quelle attuali, a nostro avviso anche illegittime. Pensare che a voler risparmiare, comprimendo salari e diritti dei lavoratori attraverso una privatizzazione, sia il datore di lavoro pubblico e i sindaci del territorio è qualcosa di inaccettabile. E se le battaglie non sono strumentali, allora i sindaci del distretto faentino diano il buon esempio». Fp Cgil e Uil Fpl chiedono quindi ad Asp e ai sindaci di «giocare a carte scoperte, con la doverosa trasparenza di chi amministra la cosa pubblica. Diversamente non possiamo che pensare che vi sia la volontà di esternalizzare tutti i servizi con un calo di qualità, di tutele, salario, diritti per i lavoratori e di garanzie di capacità di programmazione dei bisogni e di governance dei servizi per la cittadinanza. Non ci arrenderemo a questa prospettiva. Questo progetto è dannoso per tutti, utenti, cittadini, lavoratori e va fermato».