Riccardo Isola - «Il 2020 è stato un anno non facile per il mondo del vino con cali generalizzati per tutti. In Romagna, per le 113 realtà che afferiscono al Consorzio vini, seppur in forme e modi differenti, hanno risentito dalle restrizione e dagli impedimenti imposti dalla pandemia». E’ questa la fotografia che Ruenza Santandrea sviluppa come presidente dell’associazione che raccoglie e promuove il vino di qualità sotto l’egida del Passatore e che ha preso le redini del predecessore Giordano Zinzani in uno dei periodo più difficili per il comparto.
«La pandemia del Covid - conferma dal quartier generale a Tebano - ha bloccato la mobilità sociale e con essa la possibilità di poter usufruire della ristorazione e di tutto il comparto dell’Horeca. Di conseguenza, seppur con una breve parentesi d’ossigeno in estate, che però ha portato benefici a quelle realtà vitivinicole più strutturate e diversificate nell’offerta, come gli agriturismo, le vendite sono calate. Perché è in questi canali che le nostre aziende sviluppano il loro asset commerciale principale. Se li fermi le ricadute sono inevitabili. Stiamo parlando, per i vini a denominazione, di circa il -7,5%. Smentisco, come alcuni invece dicono, che il crollo maggiore abbia caratterizzato gli spumanti. I nostri dati confermano una perdina del -1,8% con quelli doc afddirittura in crescita di molti punti percentuali. In questo ambito c’è da registrare un dato in controtendenza, rappresentato dalla menzioni geografiche aggiuntive (sottozone ndr), che invece registrano dati in crescita di circa il 19%». Tutto questo insieme di eventi sfavorevoli porta anche il rischio di una pericolosa spirale di riduzione dei prezzi alla fonte che «non può fare bene alle aziende e che dobbiamo cercare di scongiurare». Tornando ai risultati delle Mga, che seppur riferibile a numeri contenuti rispetto all’imbottigliato, danno il là alla presidente per illustrare quelle che sono le principali linee d’azione su quale la promozione del made in Romagna enologico dovrà e vorrà puntare. «Serve un cambio di mentalità e operatività nella comunicazione e nella promozione del vino, soprattutto guardando all’estero e alle potenzialità di sviluppo che porta con sé. La riconoscibilità dell’identità vitivinicola che da Castel San Pietro arriva fino al riminese, deve puntare sui principali alfieri che sono il Sangiovese, l’Albana e il Trebbiano. Questi di conseguenza saranno traino per l’altro ricco patrimonio di biodiversità viticola che questa terra possiede. Lo deve fare con uno sforzo corale rivolto alla promozione dell’entroterra romagnolo come scrigno ricco di potenzialità».
Tra le necessità che la presidente del Consorzio mette sul tavolo del confronto per trovare strategie capaci di far rialzare quanto prima il settore, c’è anche e soprattutto «il rapporto che le istituzione devono e dovranno sempre di più tenere e accrescere con il comparto agroalimentare del proprio territorio e quindi anche quello vitivinicolo. Serve una sinergia d’intenti che aiuti una narrazione reciproca, per esempio tra il patrimonio culturale e l’enogastronomia, al fine di creare un’identità condivisa e spendibile seppur caratterizzata, in Romagna, da una verace e veritiera eterogeneità di stili, contenuti, forme e quindi potenzialità». Tutto questo «anche e in funzione - prosegue - per fare in modo che il turismo, vero asset strategico per l’entroterra romagnolo, trovi terreno fertile. Dobbiamo aiutare quel substrato di curiosità e contenuti - aggiunge - che ne fanno essenza stessa della ricerca da parte dei turisti di nuove mete appaganti. Quando si potrà, in sicurezza, e ci auguriamo arrivi presto questo momento, dobbiamo fare in modo che i turisti arrivino, soggiornino e vivano la dimensione locale. E soprattutto che trovino interessante andare nelle cantine di quel territorio ad acquistare le produzioni. Solo così si crea un circolo virtuoso utile per uttti. nel nostro piccolo lo abbiamo iniziato a fare con l’iniziativa on line di ‘Cartoline dalla Romagna’ (www.cartolinedallaromagna.com) in cui sarà possibile ritrovarsi anche attraverso un sorso di vino romagnolo e in cui il curioso, l’appassionato e il turista stesso ha l’occasione e l’opportunità di trovare tutte le aziende vitivinicole presenti in questa parte di ‘bassa via Emilia’. Come si vede gli ingredienti ci sono e l’enogastronomia, con il vino in prima linea, devono far parte di questo concerto d’opportunità».
In definitiva e in conclusione «il Covid sta cambiando e ha cambiato tutto il modo in cui si fruisce anche del vino come atto sociale e intimo e la situazione, guardando oltre al presente, non potrà che essere diversa. La Romagna del vino - conclude Santandrea - per non rischiare di perdere le occasioni che le si pongono di fronte, perchè e comunque di occasione e possibilità si tratta. Dovrà saper vendere un terroir e dovrà essere capace di creare incoming contenutistici in ambito anche enologico e non più pensare al solo prodotto in bottiglia. L’unione fa la forza, sarà forse un detto inflazionato e abusato, ma soprattutto, per noi, farà il domani. Per questo ho anche un sogno. Appena sarà possibile sarebbe bello e utile che l’Emilia-Romagna organizzasse una sorta di convivio cultural-gastronomico di un paio di giorni e diffuso lungo tutto il territorio per presentare, ancora una volta e con ancora più forza corale, le grandi peculiarità e qualità che questa regione può offrire. uno scatto in avanti a fini turistici e promozionali. Ne abbiamo bisogno».