Faenza, la pedagogista: "Adolescenti arrabbiati per il Covid, aiutiamoli a tirar fuori le parole"
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«Spero che gli adolescenti si lamentino. Se non lo fanno, molto probabilmente sono depressi. E quando sono depressi, la tendenza attuale è, purtroppo, quella farmacologica». Martina Tarlazzi, pedagogista faentina e coordinatrice dello studio Epochè, vede i ragazzi e le ragazze dalle medie in su in diversi contesti, tra i quali quello dei dopo scuola: «L’aspetto che mi spaventa di più è che in questo momento molti reprimono la rabbia, che è un sentimento tipico dell’età, e cadono nell’apatia. L’adolescente è in genere colui o colei che vive di aspetti polarizzati, di intensità, di grandi amori o passioni, così come di forti ribellioni. Esperienze che fa attraverso il corpo, una dimensione che ora, a causa del distanziamento e delle restrizioni, è venuto meno. Peccato che il corpo sia fondamentale per una crescita sana, anche perché consente di conoscere se stessi e gli altri, procedendo per tentativi ed errori». Accanto a queste dinamiche, c’è il fatto di avere tolto agli adolescenti quei canali tipici di sfogo e sperimentazione di sé come la scuola in presenza (per molti) e lo sport: «Oggi tutta l’energia che hanno dentro di sé, i ragazzi, sono costretti ad esprimerla davanti a uno schermo. Ecco perché sono così arrabbiati, ecco perché dobbiamo legittimare i loro sentimenti, far capire loro che è normale li provino, aiutarli a esprimerli. E, quando non hanno le parole per farlo, trovarle insieme a loro». Sbagliato, d’altro canto, per Tarlazzi, puntare il dito contro i giovanissimi, sgridandoli e giudicandoli: «Per loro è venuta meno persino quella dimensione di privacy che permetteva di andare a scuola da soli, anche di fare delle assenze, o di mettersi in gioco su un compito in classe anche se non avevano studiato, insomma di trasgredire come è normale che sia a quell’età. Ora si ritrovano nelle loro camerette, con i genitori o i nonni che passano a controllare cosa fanno, come si stanno comportando, se sono attenti alla lezione e se la stanza è in ordine. Questo, sommato alla perdita delle relazioni in presenza, in primis quella degli amici, è devastante. Stiamo chiedendo loro di essere degli adulti in un momento in cui stanno crescendo, di fare un passaggio evolutivo che non possono compiere. Capiamoli, allora». (s.manz.)