Faenza, la maestra del camper: "Non amo i clamori ma è stata un'idea giusta"
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Con il suo camper che, dall’inizio di maggio fino alla fine della scuola, le ha consentito di raggiungere fisicamente tre dei bambini che seguiva al laboratorio linguistico dell’Istituto comprensivo «San Rocco» di Faenza, Giulia Zaffagnini ha fatto notizia per diverse settimane. Ma la 26enne insegnante faentina, che vive a Ozzano, non ama troppo i clamori: «Mi piace da matti il mio lavoro, confrontarmi con culture diverse, dare il mio contributo, sentirmi utile. L’idea del camper è stata un po’ una sfida, un banco di prova di un’esperienza che sulla carta, per me, era costruttiva e funzionale ma che, nella pratica, non sapevo se sarebbe stata tale». L’intuizione, alla fine, si è rivelata giusta: «Sono stata accettata dai bambini e dalle famiglie, ho respirato entusiasmo, ho lavorato nel concreto per portare avanti il programma o per preparare, come nel caso di un ragazzino delle medie, l’esame. A ripagarmi di tutto, gli sguardi dei miei alunni, quello scambio che davanti a uno schermo sarebbe stato impossibile». Oggi Giulia è convinta che, Covid o non Covid, davanti a un momento di difficoltà si sarebbe comunque ingegnata per far sentire la sua presenza a bambini e ragazzi: «Mettere al centro la persona che si ha davanti, coglierne i bisogni, sospendere il giudizio sono concetti base per un’insegnante. Ho alle spalle qualche mese di insegnamento dell’italiano in un centro di prima accoglienza a Casola Valsenio, con migranti adulti. Un’esperienza che porto nel cuore e che mi sta aiutando anche oggi, in questa bella avventura con i bambini stranieri». (s.manz.)